Capitolo 7

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"Cioè fammi capire, tu te la prendi con me perché credi che io ti abbia mentito quando dovrei essere io quella incazzata perché hai indagato su di me?!"
"Detta così però..."
"Però cosa?! Ma io non so, guarda! Ora lasciami andare a casa, sono stanca."

Apro di nuovo la portiera ma lui la richiude.
"Adesso mi sono rotta le scatole, però. Che vuoi?"
"Voglio uscire con te."
Mi spiazza. Io sono incazzata nera e lui mi risponde così.
"Come?!" Rispondo.
"Senti, non mi interessa se mi hai mentito, lo capisco, non mi conosci e non ti fidi - anche se avrei preferito che non mi avessi mentito sui tuoi genitori perché c'è chi, come me, che ne ha perso uno veramente. Ti chiedo solo di darmi la possibilità di farti ricredere. Chiudere qualcosa prima che possa iniziare non giova a nessuno. - Distolgo lo sguardo per riflettere, ma lui prende il mio mento tra l'inidice e il pollice facendo si che io torni a guardarlo. - Tu mi piaci; tanto anche. Non voglio spaventarti ma voglio conoscerti. Se dovesse andare male ti lascerò andare ma almeno dammi la possibilità di conoscerti, dammi la possibilità di farmi conoscere al di là di quello che potresti pensare di sapere grazie ai giornali." Conclude sorridendomi.

Mi piace tantissimo; ha quello sguardo che ti incanta. Sento di potermi fidare ma temo che possa diventare una cosa seria perché allora dovrei raccontargli il mio passato e... non credo mi vorrebbe più.
Io non parlo, semplicemente annuisco, così lui riprende.

"Ti va di andare a mangiare qualcosa?" Mi domanda.
"Tipo cosa?"
"Non so... un gelato?"
"Va bene." Lui mi prende per mano e mi guida verso la sua auto.
Durante il tragitto guardo sempre il finestrino nonostante senta il suo sguardo su di me.

"Questa è la migliore gelateria di Londra. Ci portava mia madre quando eravamo piccoli." Dice una volta arrivati.
Il posto è molto accogliente, sui toni del verde. Appena entro vado diretta al bancone. C'è una vastità di gusti tale da non aver mai visto niente di simile, neanche in Italia.
"Allora cosa prendi?" Mi chiede Harry avvicinandosi a me.
"Mmh. Non so, sto riflettendo. Tu?"
"Pistacchio e cioccolato."
"Buono." Dico dopo aver alzato lo sguardo per sorridergli. Mi perdo,  però, nei suoi occhi azzurri per qualche secondo, fino a quando la donna dietro il bancone ci interrompe.

"Sua altezza cosa desidera?"
"Prima lei." Le risponde indicando me.
"Certo, sir. - Vedo il suo sorriso dissolversi - lei signorina cosa desidera?"
"Un cono, per favore, cioccolato e nutella."
"Wow. Gusti impegnativi" dice Harry sottovoce in modo tale da farsi sentire solo da me.
"Si. - Affermo ridendo - come me." Rispondo a voce altrettanto bassa.
Lui mi sorride guardandomi come se non ci fosse nessun'altro nella stanza oltre a noi.

"Ecco a lei" mi dice la commessa porgendomi il gelato.
"La ringrazio."
"Sua altezza?!"
"Oh, si. - Harry distoglie lo sguardo da me - cono anche per me, pistacchio e cioccolato, però."

Mentre ci avviciniamo alla cassa io tiro fuori il portafoglio ma lui mi ferma.
"Cosa fai?" Dice assumendo un'espressione quasi allibita.
"P- prendo il portafoglio." Rispondo balbettando.
"Ma stai scherzando?! Non se ne parla."
"Ma almeno lasciami pagare la mia parte."
"Non se ne parla, ti ho detto."
Il che alla fine risulta inutile però, perché il proprietario non ci fa pagare proprio, nonostante Harry cerchi di convincerlo.

Quando usciamo ci sediamo su delle panchine di fronte la gelateria. Harry aspetta che io provi il mio gelato per dirgli cosa ne pensi.
"È buono."
"Solo buono?!" Dice quasi inorridito.
"Ok, è più che buono." Affermo ridendo.
"Ah ecco. - Ride anche lui - mi sembrava di doverti espatriare per le tue dichiarazioni."
"Addirittura espatriare?"
"Si, addirittura." Dice ridendo.
Nessuno dei due parla fino a quando non gli pongo una domanda che mi sono sempre fatta.
"Ma tu, ce l'hai un cognome? Voglio dire, a scuola non penso che nell'appello ci fosse scritto Principe Henry del Galles. - Dopo qualche secondo riprendo. - Scusa se non mi è permesso chiederlo non rispondere."
"No, tranquilla - dice sorridendomi - si, ce l'ho un cognome. Il titolo ufficiale è 'Sua Altezza Reale Principe Henry del Galles' ma nella mia famiglia viene usato il cognome 'Windsor'. "
"Ah, ecco. Me lo sono sempre chiesta."
"Wow, hai degli interrogativi a dir poco... particolari."
"E già. Se solo sapessi."
"Ma ti devo chiamare 'Henry' o 'Harry'?" Riprendo.
"Henry viene usato per il titolo per lo più, Harry più comunemente."

Lui ride. Ahh. La sua risata. Mi concentro su di essa. Pagherei per sentirla ogni momento. Mi passa per la testa l'idea di metterla come suoneria del cellulare...
Lui mi vede sovrappensiero intenta a guardarlo mentre formulo questo pensiero e mi chiede:
"A cosa pensi?"
"Non te lo posso dire." Gli rispondo mentre mi avvicino al cestino per buttare il fazzoletto sporco.
"Perché no?"
"Non posso, magari un giorno..."
Dopo qualche minuto trascorso a guardarci, raccolgo tutto il coraggio possibile e gli siedo accanto.

"Che c'è?" Mi chiede con un'espressione preoccupata che riflette la mia.
"Non ti ho mentito. Quello che ti ho raccontato è vero. Non ti ho mentito. Non voglio che tu lo pensi perché... perché non è vero. Ho perso realmente i miei genitori."
"E allora perché non c'era scritto nei file?" Dice con un tono serio.
"Questo non te lo posso dire, non ancora almeno. Non posso chiederti di fidarti di me perché ci conosciamo da pochissimo e non puoi fidarti di me, lo penso io stessa che tu non possa fidarti di me, ti chiedo solo di non fare domande. Ti dirò la verità... un giorno. Ma quel giorno non è oggi."
"Sei una spia dell' Intelligence?"
Lui smorza la tensione così. Lo adoro.
"No. - Riesco a dire a malapena mentre rido. - Non lo sono."

Dopo qualche minuto trascorso a chiacchierare lui si blocca come una statua di marmo con lo sguardo oltre me.
"Ci sono dei paparazzi."
"Oddio." Affermo tirandomi su il cappuccio del giubbotto e, senza mai voltarmi nella loro direzione, sposto la sciarpa in modo da non far vedere il mio volto.
"Che cosa fai?"
"Mi nascondo."
"Ti vergogni di farti vedere con me?"
"Assolutamente no. - Non voglio nemmeno minimamente che pensi una cosa del genere - È che... lo faccio per te. Poi ti farebbero troppe domande del tipo 'chi è quella?' 'Siete fidanzati?' E cose così. Sei pronto a rispondere a questo genere di domande?"
"Io vorrei che tu fossi la mia fidanzata veramente. - Mi spiazza - sarei contento di poter rispondere in modo affermativo a questa domanda."
"Ah. E non pensi sia troppo presto?"
"Si, credo di si. Ma, credo anche, che le mie intenzioni fossero chiare sin dall'inizio."
"Si, lo erano."
"E allora?!"

Mi prendo qualche istante per pensare per poi rispondere;
"Senti, tu mi piaci. Molto. - Lui ha un'espressione infastidita così decido di vuotare il sacco. Almeno in parte.
"Vuoi sapere cosa pensavo prima, quando ti stavo fissando? Pensavo a quanto è bella la tua risata, a quanto sono belli i tuoi occhi, a quanto adori il modo in cui riesci a farmi ridere. Sei una persona stupenda e ti voglio accanto a me, ma ho paura."

Lui da infastidito diventa preoccupato e mi prende le mani tra le sue.
"Paura di cosa? Di me?"
"No. Ho paura di affezionarmi troppo a te. - Rifletto per qualche secondo e poi riprendo. - Mi porto dietro un pesante fardello, cose che non vengono menzionate nei file da te richiesti e se mi sono arrabbiata tanto prima è perché temevo che ne fossi venuto a conoscenza. Vorrei essere io a parlartene ma non ne sono ancora pronta. Spero tu possa capirmi."
"Lo capisco. E... ti chiedo ancora scusa per aver indagato su di te. Non avrei dovuto."
"Non fa niente."

Continua a guardarmi senza però aggiungere nient'altro dopodiché io lo abbraccio e lui mi stringe forte accarezzandomi i capelli poiché nel frattempo il cappuccio è sceso, tornando sulle spalle.
"Ti va se ti accompagno a casa?!" Mi sussurra nell'orecchio.
"Si. Mi va."
Ci alziamo dalla panchina e mi prende la mano sporgendosi per baciarmi il capo.
Mi sento al sicuro dopo tanto, troppo tempo nella mia vita. Forse, per la prima volta in assoluto.

Non puoi scappare per sempre Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora