Era notte. Vagavo tranquillo e indisturbato per la foresta. I miei capelli lunghi e corvini cadevano leggeri sulla schiena, i miei occhi verdi intrecciati d'oro guardavano il mio cammino, i miei piedi sondavano il terreno leggeri e veloci, silenziosi e tenui, il mio potere era smisurato. Ero Fen'Harel. Mi ricordo questo posto, pensai, qualcosa qui dev'essere successo. Continuai a camminare toccando le fronde dei cespugli e inspirando a pieni polmoni. Sentii piangere. Quel pianto, pensai, quel pianto l'avevo forse già sentito? Decisi di seguire i gemiti. Calpestando il letto di foglie morte arrivai ad una piccola conca terrosa, scavata dall'erosione e tra le radici esposte di una quercia, vidi una bambina. Rimasi nascosto dalla penombra di un cespuglio, timoroso di quella creatura seppur indifesa. Stava mangiando tra i singhiozzi della corteccia di betulla, poco adatta ad una cucciola della sua età: dura, stopposa e senza sapore. Quella bimba sarebbe morta a giorni. Era magra, piccola, sporca e sola. Sarebbe impensabile che potesse sopravvivere ancora nella foresta tra bestie selvagge, prole oscura e probabili schiavisti. Avrei dovuto fare qualcosa. Mi avvicinai.
I suoi lunghi capelli neri erano sporchi, crespi e spettinati e capii che era realmente stata esiliata dal suo clan e di fatto condannata a morte certa. Ero sorpreso di vederla ancora viva. Mi accucciai di fronte a lei e con occhi teneri le sorrisi porgendole delle bacche dolci. "Ti sei persa nel bosco? Dov'è il tuo clan, da'len?" le chiesi gentile. Lei continuava a piangere schiacciandosi contro la parete di terra nel vano tentativo di sfuggirmi. "Non devi avere paura, bambina. Non ti farò del male." non mi rispose. Urlava chiedendo aiuto con tutto il fiato che aveva in gola. Non mi restarono molte opzioni. Mi sdraiai al suo fianco e la cerchiai con la folta coda nera. Non avrei permesso a nessuno di farle del male. Lentamente smise di piangere e mi si strinse vicino, singhiozzava ancora mentre prendeva tra i piccoli pugni piccole ciocche del mio pelo ispido. Si addormentò. Le toccai la fronte con il naso scuro, teneramente leccai via un po' di sporco dal suo viso di bambina. Si concesse al sonno. "Ir abelas..." sussurrai alla piccola cucciola di elfo.
Fen'Harel!
Sbarrai gli occhi e mi alzai di scatto. Ero madido di sudore.
Ho sognato Elanor. Ora ricordo, ora... credo di ricordare!
dissi agli oggetti inanimati nella mia stanza.
Inizi a ricordare finalmente. Inizi a mettere assieme i pezzi. Bene. Ma non troppo. Il tuo potere è debole. Devi recuperare la mia Sfera.
Non risposi.
Elanor mi aveva già incontrato. Elanor in cuor suo mi conosceva, solo non mi aveva riconosciuto. Avevo sempre vegliato su di lei sin dall'inizio, l'avevo fiutata, e un Lupo non perde mai la sua pista, solo ora inizio a ricordare. Un lancinante dolore mi colpì in pieno volto. Ringhiai piegandomi sulle ginocchia. Mi schiacciai le dita sul volto senza ottenere alcun beneficio.
Mi levai gli indumenti fradici e spalancai le imposte della piccola finestra della stanza. Dava sul cortile interno: tra il turbinio di fiocchi leggeri c'era del movimento anche se era molto prima dell'alba. Forse qualche spia di Leliana, pensai, lasciai che il freddo invernale ed occasionali fiocchi di neve, mi prendessero a pugni il viso. Inspirai a pieni polmoni. Il gelido respiro invernale mi stava calmando.
Il vociare nel cortile svegliato presto si fece più insistente, le mie notti ultimamente erano pressoché prive di sonno: ero sfinito e il mio aspetto fisico ne stava risentendo. Mossi un po' le spalle in modo da sciogliere la tensione accumulata, mi toccai il ventre piatto e portai le mani ai fianchi. Chiusi gli occhi e respirai ancora. Il chiacchiericcio sottostante erano più che altro pettegolezzi e dicerie sulla gente della fortezza, nobili ospiti, servitori e compagnia dell'Inquisizione. Una voce tra queste mi fece sobbalzare. "Ma allora è vero! Tu e Solas... ho visto come lo guardi, ti ha stregata... solo, è molto... elfico, spero non parli di rovine elfiche anche quando lo fate... sarebbe sconveniente!" disse Sera a voce stridula. Elanor era tornata. Sorrisi per l'alta opinione che l'elfa aveva di me, ma in un certo senso sapevo che non era poi così distante dalla realtà. Mi ritornarono alla mente le parole di Leliana: "...Sei colui che ha scelto di amare." in cuor mio sapevo che era vero, il nostro amore era sincero, travolgente e brillante. Sentivo che senza di lei ero solo e incompleto. Non avrei mai pensato di trovare in tutto il Thedas qualcuno in grado di distrarmi dall'Oblio. Era diventata in così breve tempo una persona essenziale per me, più di quanto potessi anche solo sognare. Avevo bisogno di dirglielo, ma non sapevo come.
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"What is the old Dalish curse? May the Dread Wolf take you?"
RomantikSolas and Lavellan - A Fan Fiction (VERSIONE AGGIORNATA)