Cap. 15

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Camminando a tentoni cercai di tornare indietro verso la caverna. Non ero abituato a camminare in posizione eretta e non ero abituato nemmeno a sentire il freddo penetrarmi nelle ossa nonostante gli abiti. Scrollai la testa ancora dolorante ed inciampai a causa di una radice sporgente, cadendo rovinosamente con il viso nella terra fangosa. Ringhiai. Percepii il mio ringhio diversamente da com'era in precedenza, era più... elfico.

Avanzai piano nel sottobosco e raggiunsi la grotta, la bimba arruffata si era appena svegliata. Lo capii dagli occhi e dai lunghi sbadigli. "Ben svegliata, da'len." dissi tranquillo entrando gocciolante. La bimba mi guardò aggrottando le piccole sopracciglia, le sorrisi e mi inginocchiai davanti, una piccola mano tremolante mi toccò il viso all'altezza dello zigomo. "Sei meglio così..." disse con la sua tenera vocina. "...anche se prima mi tenevi al caldo e al sicuro." risi piano. Avrei dovuto prenderlo come un tenero complimento, lo feci. "Mi fa piacere da'len, sono qui per servirti." chinai il viso con giocosa riverenza mentre i suoi occhioni viola mi osservavano, la sua piccola manina mi toccava i capelli lisci, i monili che vi erano intrecciati, la mia fronte, le mie orecchie, le spalle e le labbra, mi stava esplorando. Sorrisi alla sua curiosità ingenua. "Non sei come gli altri elfi, vero?" chiese. "No piccolina, non proprio." le risposi con un sorriso. "Ora però andiamo. Devo trovarti un posto sicuro e forse so a chi rivolgermi." La creaturina si levò in piedi ed io con lei. Tese le sue piccole braccia verso l'altro guardandomi e restando in attesa. Sorrisi, e la presi in braccio caricandola sulle spalle. I suoi piccoli pugni erano serrati su alcune delle mie ciocche di capelli, faceva uno strano effetto quando le strattonava per caso.

Camminammo per qualche settimana verso le città umane. La notte ci accampavamo in luoghi di fortuna e passammo le giornate di pioggia al riparo in grotte o vecchie rovine abbandonate; con un piccolo incantesimo imprigionavo in una piccola bolla magica delle goccioline e le congelavo fino a farle diventare della neve. Lei osservava questa bolla dai contorni verdi e azzurri con meraviglia e stupore. La prima volta istintivamente tentò di toccarla per prendere i fiocchi che cadevano leggeri, la bolla esplose con qualche luccichio bagnando il suo nasino di palline soffici di ghiaccio. "Ancora, Fen'Harel! Ancora! Per favore!" sorridendo le dissi che ora sarebbe stato meglio dormire dato che domani ci spettava altro cammino. Dissi posandole davanti un frutto. "Ma io domani compio gli anni..." disse imbronciata incrociando le braccia. Le sorrisi e acconsentì silenzioso alla sua richiesta, chiusi gli occhi e formai un'altra sfera più grande con le mani e le goccioline al suo interno vorticavano leggere, Elanor col nasino all'insù osservava il cadere delle piccole gocce soffici e rimase a bocca aperta. Sorrisi sereno. Ero contento di far felice quella piccola creaturina. Ne aveva passate tante, se potevo procurarle un po' di conforto era mio dovere farlo.

Il giorno dopo arrivammo ad un piccolo fiume, eravamo alle porte di un grosso insediamento umano: osservai le nostre condizioni e conclusi che se non volevamo essere scambiati per sbandati avremo perlomeno dovuto provare a lavarci. Iniziai a levarmi gli stivali a piastre e la cintola che teneva la pelliccia di Lupo, mi spogliai con meticolosità rimanendo in calzoni; la bimba era immobile che si grattava i capelli scompigliati e sudici. Mi fermai e le diedi una mano a togliersi quello che le rimaneva dei piccoli vestiti logori, piccoli e sporchi. Le feci vedere come si faceva e le passai della saponaria che cresceva lungo il fiume, sfregai delle foglie tra le mani e produssero una schiuma di un verde chiarissimo e le insaponai con cura i capelli e cercai di districarli con le dita, l'acqua che colò da essi era dello stesso colore dei capelli. Ci sciacquammo abbondantemente tra l'acqua placida del fiume e tornammo a riva, con la mia casacca e una mia cintola le feci un vestito, non poteva essere in condizioni peggiori dei suoi, le misi sulle spalle la mia pelliccia, a lei sarebbe servita sicuramente di più, pensai; io mi legai la giubba senza la tunica sottostante, non si sarebbe notata granché la differenza mi convinsi, e presi a strizzarmi i lunghi capelli. "Allora, dove si va?" mi chiese la piccola Lavellan sedendosi in braccio a me, aprii gli occhi e la guardai con un sorriso. "Ti porto da una donna, – dissi – una maga umana. Ha già avuto apprendisti elfici. Non ne rifiuterà un'altra, specialmente se ha capacità magiche." dissi, la bambina si rattristò "E tu?" mi chiese. Sgranati gli occhi stupito, questa era una domanda a cui effettivamente non avevo pensato, eppure era così semplice e spontanea "Se dovrà succedere, ci ritroveremo da'len. Il mio compito adesso è di portarti in salvo..." le dissi premuroso baciandola sulla fronte, il suo piccolo corpicino si rannicchiò contro il mio petto, sentivo il suo piccolo cuore battere di paura e tristezza. La presi tra le braccia e cullai quella piccola cucciola di elfo cercando di non farle pesare l'ennesimo abbandono, la presi braccio e mi avviai verso la città. La mia missione era troppo pericolosa per lei, non potevo rischiare di metterla in pericolo durante i miei viaggi in cerca di una soluzione per la mia Sfera inanimata.

"What is the old Dalish curse? May the Dread Wolf take you?"Where stories live. Discover now