CAPITOLO 4

160 6 0
                                    

Dopo la litigata con mia nonna mi addormentai, il sonno mi spazzò via ogni preoccupazione  ma quando mi risvegliai mi sentii stanchissima e debole.

Mi alzai e mi voltai verso la sveglia e a mio stupore erano le 17.00 avevo saltato il pranzo, forse era per questo che ero cosi debole. Scesi con l'intenzione di scusarmi con mia nonna. Sarei rimasta molto a casa dei miei nonni e conoscendo il carattere della mamma, sapevo, che dovevo essere io la prima a fare il primo passo.

Sbattei contro Antoniet che cadde a terra <<scusa!>> dissi aiutandola a rialzarsi << figuratevi! Capita. Ma la prossima volta sarà meglio fare attenzione>> disse sistemandosi il tailleur bianco latte come la sua pelle. <<si, si scusa a volte non so cosa mi passa per la testa...>> lei mi saluto con il suo solito sorriso e tornò al suo via vai diciamo.

Arrivai nello studio, dove i miei nonni passavano la maggior parte del loro tempo fra una scartoffia e l'altra. Bussai alla porta già aperta. Mia nonna era sola.

<<nonna...>>dissi sul ciglio della porta. <<Angelo, sono piuttosto occupata ora. Torna più tardi>> disse fredda senza rivolgermi lo sguardo. Con quei suoi occhiali da lettura poggiati sul naso senza mai distogliere la testa dai quei mille documenti. <<ma nonna volevo scusarmi>> dissi scalciando il mio orgoglio fragile da sedicenne.<< va bene le accetto>> disse senza scomporsi ne guardarmi. In questo non mi ricordò la mamma. Neanche un po'. Me ne tornai sconsolata in camera, mi mancava la voce della mamma e del papà cosi ripresi il mio telefono, carico, e li chiamai.<< pronto? Angelo! Amore>> disse nostalgica la mamma << mamma mi manchi>> dissi senza salutare. << anche tu tantissimo!non gliela perdono questa ai nonni! Portarti via cosi senza avvisare prima!>> ah quindi non era nemmeno un po d'accordo?<<tu sai qualcosa di un certo patto?>> mia mamma non rispose per qualche secondo<< perché?!>> disse preoccupata <<il nonno ha stretto la mano ad un uomo dicendo il patto è stato stipulato una cosa del genere...>>  mia mamma fece un sospiro di sollievo <<tesoro avrà parlato di un lavoro o chè, hai fatto spaventare la mamma>> disse poi dopo poco dovette mettere giù. Volevo vederci chiaro in questa storia. Era troppo strano per essere un semplice “ patto” di lavoro, perché la nonna non mi avrebbe voluto dire niente? Non avrebbe avuto senso o sbaglio? Ero spaventata non avevo le risposte che volevo e più passavo minuti in quella camera più sentivo mancarmi il fiato. Dopo pochi secondi capii di avere un attacco di panico. Sarà stato per il viaggio improvviso il cambio d'aria, di ambiente, di persone e vita. Urlai a fatica non riuscivo a respirare. La stanza incominciò a sembrarmi sempre più piccola, sembrava volesse schiacciarmi. La prima ad entrare fu Antoniet, spalancò la porta e le finestre per fare entrare l'aria. Chiamò i miei nonni, corse verso di me mi abbracciò ed incominciò a ondulare a destra e a sinistra dicendo che andava tutto bene, mi accarezzava la testa per calmarmi. Io piangevo forte, trovai immensa consolazione tra le sue braccia e pian piano mi calmai. Mi fece distendere sul letto, chiamò una cameriera e le disse di portarmi una tisana. I miei nonni rimasero sul ciglio delle porta a fissarmi increduli e preoccupati. Appena uscì Antoniet entrarono.

<<Dorian è bianca>> disse inginocchiandosi di fianco a me la nonna. << attacchi di panico... un nostro classico.>> disse il nonno guardandomi compassionevole.

Il giorno dopo stavo meglio ero un po stravolta ma tutto bene. La nonna gironzolava per casa tutta contenta, la sera stessa ci sarebbe stata una festa dove ci sarebbero stati anche i Fontaine, cosi il pomeriggio sarei dovuta andare con Antoniet a scegliere un vestito per la sera.

Andammo in un negozio a Parigi specializzato in vestiti da sera ne provai molti ma nessuno mi piaceva, come ho già detto non sono una da vestito, me dovetti sceglierne uno cosi scelsi uno nero corto davanti e lungo sul dietro con le doppie spalline, sulla vista una piccola cintura di cristalli swarovski bianchi e sul fondo della gonna anteriore c'era una delicata sfumatura di bianco che riprendeva perfettamente il bianco della cintura. Tornammo a casa era tardi, maledettamente tardi io e Antoniet dovemmo correre di sopra in fretta e furia per evitare che i miei nonni ci vedessero e si arrabbiassero. Arrivate in camera mia Antoniet chiuse la porta a chiave e entrambe incominciammo a ridere a bassa voce ma non servi a nulla << mi sento una spia in fuga>> dissi buttandomi sul letto << a chi lo dite, a parte che se vostra...>> la bloccai << basta darmi del voi! Mi fai sentire vecchia>> esclamai ridendo. Si ricompose e disse << a chi lo dici, a parte che se tua nonna ci avrebbe viste altro che spie in fuga!>> disse ridendo.

Incominciammo a prepararmi in fretta e furia i capelli li sistemammo tutti da una parte con tre chili di lacca, mi truccò con infinita precisione. Mi specchiai e rimasi a bocca aperta, ero davvero io quella donna allo specchio? << siete... emh sei stupenda>> disse poggiandomi le mani sulle spalle.

<< ma non sono io... quella è un'altra>> dissi <<no Angelo, qualunque cose metti, dici o fai sei, sarai sempre tu>> le sue parole stranamente non mi confortarono,poteva dire quello che voleva ma quella non ero io. Angelo Bianchi non si sarebbe sognata mai di andare in giro con un vestito nè con dei tacchi, lei avrebbe messo una felpa, dei jeans o dei leggins aderenti e i suoi anfibi o le sue scarpe sportive. Ma quella ragazza l'avevano strappata dalla sua Italia e l'hanno fatta diventare Quella donna riflessa allo specchio: Angelo Gatuthier. Il tesoro perso ma ritrovato dei nonni.

Antoniet mi lasciò sola perché si doveva preparare. Rimasi di nuovo in quella camera sola e a solo un ora dalla festa mi buttai di nuovo fra i miei pensieri e le mie mille domande senza risposta. Continuavo a fissarmi cercando di estorcere risposte dalla nuova me.

It's our destinyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora