CAPITOLO 40

60 4 1
                                    

L'ansia mi stava divorando secondo dopo secondo, sentivo il mormorio della gente che entrava nella villa dei miei nonni dalla mia camera, mi chiedevo se tra quelle voci ci fosse già la sua. Mi rovinavo ogni giorno, cercando disperatamente di non scordare la sua voce e i gesti abituali, imparati nella convivenza con lui, riuscendoci sfortunatamente.
Ogni notte venivo torturata da sogni con lui e incubi, provocati, ancora oggi, dalla detenzione di Gregor. Ancora a distanza di quasi quattro mesi, alcune notti, mi riservavano incubi inerenti ai miei frammenti di ricordi che con il senno di poi avrei preferito non fossero tornati mai alla luce.
Quella sera nascosi le cicatrici sotto un velo spesso di trucco; almeno per una sera volevo sentirmi bella d'avvero.
Come quasi un anno fa aspettai Antoniet prima di uscire da quella che, in quella settimana era diventata la mia bara.
<< è arrivato il momento>> disse Antoniet seria fissandomi. Mi alzai con mal voglia e lentezza raggiungendo la bella donna accostata sulla porta <<lui è già qui>> mi sussurrò all'orecchio provocandomi una forte fitta al cuore: il primo pensiero era di tornare nella mia bara a soccombere per un ultima notte prima della fine di questa parte della mia vita. Ma che sarebbe servito? A nulla, ecco a cosa.
Arrivata alla grande scalinata, lo vidi: stivaletti, pantaloni e giacca neri con una camicia bianca aperta per i primi bottoni. Portava le mani nelle tasche e i capelli tirati indietro con un po di gel. La sua espressione era seria, le fossette sembravano un vecchio ricordo, i suoi occhi verdi sfumati di azzurro si erano tinti di una aura cupa. Ancora per una volta le sue iridi si scontrarono impietose con le mie ma stavolta, per evitare ulteriore dolore scostai lo sguardo altrove, notai Rose con il suo bel vestito bianco che le incorniciava il bel corpo e una volta terminata la scalinata e le domande mi diressi verso di lei, cercando di fingere l'inesistenza di Harry Fontaine.
Mi accolse tra le sue braccia in una candica stretta, <<tornerai sul serio in Italia domani?>> mi chiese malinconica <<si, non c'è più nulla qui per me Rose>> liquidai frettolosa la sua domanda.
Mentre parlavo della mia futura partenza con la bionda, notai il suo sguardo perlustrare dietro le mie spalle <<che stai guardando Rose?>> le chiesi voltandomi a mia volta, ma mi bloccò subito <<Harry continua a fissarti... credo che appena riuscirà a liberarsi di quei due verrà verso di noi... >> fece una pausa <<fuga strategica?>> chiese <<fuga strategica>> confermai.
E subito dopo afferrò la mia mano e iniziammo a correre verso un posto al sicuro dal dolore che avrebbe portato parlare di nuovo con lui. Voltandomi ancora una volta lo persi di vista.
<<di qua!>> esclamai trascinandola verso il mio giardino posteriore, dove a malincuore notai due uomini sui vent'anni in giacca e cravatta conversare. <<oh scusate!>> disse Rose fulminandomi con lo sguardo, <<togliamo subito il disturbo>> prosegui io.
E prima che riuscissimo a voltarci uno dei dei, quello biondo ci fermò e ci invitò a unirci a loro nella conversazione. <<il mio nome è Andrè e lui è William ma chiamatelo pure Will, e i vostri nomi?>> chiesero loro poggiandosi sul muro della villa, rimasi stranita quando non fecero cenno della loro casata o dei loro discendenti, sembrava routine li. << io sono Rose, mentre lei è Angelo>> sorrisi imbarazzata dal mio nome <<o Angi... come preferite>> aggiunsi. <<siete piuttosto affaticate vedo, spero che accetterete comunque il nostro invito a ballare>> chiese Will prendendo la mano di Rose accompagnando il gesto con uno sguardo malizioso. <<non si nega mai un ballo no?>> esclamò rose ricambiando lo sguardo e senza una parola Andrè mi afferrò la mano portandomi nel salone, proprio dal luogo dove ero scappata pochi minuti prima.
Ballammo un valzer, i cappelli biondi di Andrè erano in perfetto ordine mentre i miei sembravano indemoniati a detta sua. <<non ti preoccupare, non mi hai fatto male>> disse Andrè dopo la terza volta che gli pestavo il piede <<ho la delicatezza di un carrarmato!>> dissi io imbarazzata <<ma no... di un elefante forse>> disse lui mostrandomi uno sguardo scherzoso <<che galantuomo>> ironizzai io <<eh lo so con un solo sguardo faccio innamorare tutte>> sospirò teatralicamente << cosa avrò fatto mai di male per meritarmi tanta bellezza?>> mi fece scappare una gran risata <<mh.. ma anche tu non scherzi eh! hai già un pretendente di ballo, ti lascio a lui così vado ad ingessarmi i piedi, ma poi voglio il bis eh>> disse congedandosi con un cenno della mano, notai che zoppicava.
Sentii una mano poggiarsi sulla spalla, mi voltai e il mio sorriso si capovolse, lo stomaco mi si strinse in una morsa dolorosa, le gambe diventarono deboli e gli occhi bruciavano.
<<tigre... mi concedi questo ballo?>> disse porgendomi la mano, e si abbozzò un mezzo sorriso sul suo viso, le farfalle ormai morte una settimana fa risorsero una ad una ogni sua parola. <<perché?>> chiesi voltando lo sguardo, mi prese il mento voltandomi verso di lui <<perché altrimenti ce ne pentiremmo amaramente per non esserci concessi almeno un ballo, prima di domani>> sussurrò cercando di ributtare dentro il dolore che come me, lo uccideva giorno per giorno.

It's our destinyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora