CAPITOLO 11

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La mattina seguente avevo rimosso completamente cosa era successo dopo aver poggiato le labbra alla bottiglia, credevo che mi sarei svegliata riversa sul pavimento della cucina, vicino alla vetrinetta.

Ero in camera mia sotto le coperte con affianco un'aspirina ed un bicchiere d'acqua. Non ne capii il bisogno fino a quando non cercai di mettermi seduta e in quell'istante una mezza idea dell'utilizzo mi venne.

Sentivo come se mi stessero trapanando nelle orecchie insieme a una sfuriata di bambini che urlavano. Mi aveva fatto dimenticare i problemi per un po ma se quel fortissimo mal di testa era il conto da pagare ne avrei fatto volentieri a meno. Diciamo che non ero del tutto pentita.

Quando cercai dai alzarmi per prendere quell'aspirina dalla mia bocca uscirono lamenti soffocati, sperando con tutta me stessa, che mia madre non sentisse, lei riusciva a estorcermi la verità in qualunque caso.

<<questo viene chiamato “post sbornia”>> sussurrò Miky sul ciglio della porta a braccia conserte. Avevo temuto fosse mia madre, mi ero spaventata a morte. <<ah... eh >> ringhiai prendendo l'aspirina. << ringrazia dio che mamma e papà sono dovuti correre via e non sono andati in cucina prima di me>> disse con aria di rimprovero. << ah... si grazie>> ringhiai di nuovo, il suono della sua voce mi rimbombava in testa.<< ora torna a riposare, così quando i nostri torneranno sarai in forma. E poi avrai le forze anche per domani>> disse andandosene. <<domani?>> ripetei girandomi verso la sua direzione, lui tornò in dietro <<mh? Domani torni a scuola>> la parola “scuola” si scontrò impetuosa contro la mia emicrania devastante.

Mancava meno di 3 settimane alla fine! Tanto valeva tenermi a casa. Ma i miei genitori piuttosto che farmi perdere dei giorni di scuola sarebbero andati loro al mio posto, infatti, non ho la minima idea di come hanno fatto quando mi trovavo in Francia. Tornai a riposare nella calda comodità del mio letto. Quando nella testa stavo facendo una piccola lista di cosa avrei dovuto fare mi ritornò in mente che il diario, l'astuccio, lo zaino e buona parte dei libri erano ancora a casa dei miei nonni, “oh che peccato!” pensai sarcastica nella mia testa e ritornai a dormire. Verso le quindici di pomeriggio, i miei tornarono e per fortuna non si accorsero di niente, si presentarono in camera mia con delle borse piene di nuovi acquisti, tra cui uno zaino dell' eastpak nera a tracollo, un astuccio blu ed alcuni quaderni e  nuovi vestiti... “eh che cavolo” pensai, avevo la scusa buona per non  andare a scuola. <<grazie...>> mormorai falsa.

Il giorno dopo ,venne impetuoso, quanto l'emicrania del giorno prima.

Tornare in fermata mi fece uno strano effetto, questa volta c'era gente, ma continuavo a guardarmi alle spalle. <<Angi!!>> disse Marco saltandomi addosso. È  sempre stato un ragazzo monto espansivo, anche troppo a volte. <<Mar!>> dissi tentando di allentare la sua presa << ferma>> mi sussurrò all'orecchio, << c'è uno in una decappottabile blu poco prima della fermata, ho notato che ti fissa da un pò.>> sentii il sangue gelarsi nelle vene, era troppo bello per essere vero, speravo che una volta tornata in Italia tutto sarebbe tornato come prima, ma in quel momento, a pensarci su mi rendo conto che già la frase in se è ridicola, come se una volta tornata i ricordi, e i fatti accaduti scomparissero come se non fosse successo nulla.

Marco mi prese la mano e mi teneva al suo fianco, la sua espressione non era più spensierata si guardava le spalle verso la direzione dell'auto, la continuò a guardare fino a quando non arrivò l'autobus, una volta visto, tenendomi sempre salda la mano mi scortò verso l'entrata del veicolo. Questa sua cura  riportò in mente emozioni e ricordi vecchi nascosti nelle profondità della mia mente. 

Io, Mar, Giu e Al siamo amici dalle medie io Giulia e Althea eravamo amiche dalla prima media Marco si è aggiunto più tardi, quando in seconda media venne nella nostra classe, dato che aveva perso l'anno. A essere del tutto sincera mi ero innamorata di lui ma nessuno sapeva niente, mi vergognavo al solo pensiero di ciò che provavo. Tutto svanì quando all'inizio della terza media, non so come tutti vennero a sapere di ciò che provavo per Mar tra i quali anche lui, così la seconda settimana di scuola mi prese in disparte e mi “rifiutò” in poche parole. Disse che era una stupidata rovinare tutto per un sentimento tra l'altro non corrisposto, purtroppo per me lui era maledettamente diretto e sincero, tutta la faccenda di sistemò dopo un mese, che diventammo amici più che mai.

<< hai visto la sua faccia?>> gli chiesi interrompendo il suo messaggiare mattutino. <<no... aveva i vetri oscurati ho dolo visto il riflesso della montatura degli occhiali da sole>> disse riprendendomi la mano <<stai tranquilla Angelo, oggi ti passo a prendere alla tua scuola, aspettami in classe ok?>> disse guardandomi serio. Gli sorrisi in risposta poi girandomi verso il finestrino la vidi, vidi quella macchina blu che era dietro l'autobus, non poteva essere una coincidenza troppe cose combaciarono. Non dissi niente a mar rimasi li in mobile su quel sedile a fissare quel veicolo che ci segui per tutto il viaggio. Arrivai in fermata e li dovetti salutare mar e dirigermi verso la mia scuola, la decappottabile era scomparsa per un breve tratto di tempo poi, appena la figura di Marco scomparve, riapparve da dietro un angolo.Velocizzai il passo, per arrivare in tempo a scuola, il cuore batteva a mille temevo di finire su qui programmi di persone scomparse mi immaginavo già i titoli

“ ragazza scompare nel tragitto verso scuola”.

ad un certo punto mi trovai nella stradina sperduta e dimenticata dal mondo che precedeva la mia scuola praticamente mi ero servita su un piatto d'argento.

Incominciai a correre, mi guardavo in giro per trovare un posto al sicuro quando un rumore dietro di me mi bloccò la circolazione. Stava accelerando.

In un fratto di secondo vidi un fulmine blu guizzarmi davanti sbarrandomi la strada. Sentivo il ticchettio di un orologio ronzarmi nella testa, quasi per schernirmi. Mi bloccai quando vidi la portiera aprirsi piano, quasi a voler sottolineare la gravità della situazione. L'unico pensiero che mi girava nella testa era “ sono finita”.

It's our destinyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora