Capitolo sette: Lui.

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Sentii la sveglia suonare, ma la ignorai nuovamente, non avevo voglia di alzarmi, in realtà, non avevo voglia di fare nulla.
Ero nauseato da tutto quello che mi circondava, era tutto così triste.
Passai una mano tra i miei capelli, avrei dovuto lavorarli, ma a dirla tutta, non ne avevo voglia. Nessuno avrebbe notato la differenza, di nessuno mi importava il parere, tranne di una persona, ma lui non si sarebbe minimamente scomodato nel guardarmi, lui avrebbe continuato a guardare fuori dalla finestra, a pensare. Lui avrebbe continuato ad ignorarmi. Lui non si sarebbe accorto dei miei capelli sporchi, perché di me non gli importava. Lui si sarebbe dimenticato di me.
Ma io? Io no. Io avrei continuato a ricordarmi di lui, perché io sono diverso, perché io sono fatto male. Sono come mia madre, ingenuo e con il cuore tenero, troppo.
Io non imparerò mai a spegnere il cuore e usare il cervello. Mai.
Forse è per questo che lui si è dimenticato di me.
Guardai i vestiti sparsi ancora sul pavimento. Ero così felice. Ero felice di poter stare con lui. Ero felice di essere stato scelto dal lui. Ero felice di poter passare del tempo con lui.
Mi feci pena da solo, come avevo potuto negare così tanto l'evidenza? Come avevo potuto illudermi a tal modo? Come avevo potuto sperare così tanto? Come avevo potuto essere così stupido? Come avevo potuto dimenticarmi tanto di me stesso?
Non lo so, non so cosa mi fosse successo, so solo che Levi Ackerman avrebbe pagato l'affronto.
La tristezza divento nuovamente rabbia, e il desiderio di vendetta mi assalì, denudandomi del buon senso.
Mi alzai dal letto, e mi andai a vestire ma prima mi lavai e tentai di essere il più bello possibile.
Presi i vestiti scelti il giorno prima per "l'appuntamento", finalmente sarebbero stati usati, misi i libri nello zaino e uscii di casa dopo aver afferrato una mela dal cestino contenente la frutta.
Camminai per strada a passo spedito, rifilando occhiatacce a chiunque mi intralciasse la strada, dovevo far veramente paura anche indossando gli occhiali da sole neri.
Arrivai a scuola ed entrai in classe, il professore del giorno prima era ancora assente e in classe regnava il caos, evidentemente quel bastardo si era beccato l'influenza.
Appena entrai catturai su di me tutto gli sguardi dei presenti, che mi guardavano come se fossi un gigante alto quindici metri.
<Jaeger che hai fatto? Sembri uno che sta per commettere un'omicidio> disse Jean con il suo solito tono di scherno.
<La vittima sarai tu se non chiudi la tua maledetta bocca, oggi non è giornata> dissi freddo.
Arrivai al mio posto è poggiai lo zaino per terra, poggiando poi i piedi sul banco.
<Moccioso, togli quei piedi dal banco, o te li taglio> non mi sprecai neanche nel rispondere al corvino, mi limitai a osservare gli altri.
<Mi hai sentito moccioso? Ti ho detto di togliere i piedi> ancora una volta non risposi.
<Moccioso, togli quei cazzo di piedi!> urlò il corvino attirando l'attenzione di tutti, questa volta mi girai, mi tolsi gli occhiali e sibilai <E tu sta zitto, sai ti dirò una cosa che forse non sai, non sei il centro del mondo e le cose non vanno sempre come vuoi tu, io ho deciso di tenere i miei piedi sul mio banco, e sicuramente non cambierò i miei piani perché un nanetto insoddisfatto, emarginato e disadattato mi dice "togli i piedi dal banco", spero di essere stato chiaro.> Detto ciò, tornai a poggiare i piedi sul banco e rimisi gli occhiali mentre tutto in classe, incluso Levi, mi guardavano sorpresi e alcuni spaventati.
Sentimmo bussare, la porta si aprì rivelando la figura del bidello che, apatico come sempre, ci annunciò che le lezioni erano state sospese.
Dopo un urlo di gioia collettivo, a cui né io né Levi prendemmo parte, iniziammo a riprendere le nostre cose.
Mentre stavo per andarmene, Levi mi prese il polso e mi costrinse a girarmi verso di lui.
<Moccioso, si può sapere che cazzo hai fatto? Ti sei rincoglionito per caso?>
Presi il telefono e tornai sulla chat che avevo avuto con Levi.

"Allora domani non andare a scuola."

"Perché?"

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