Capitolo quindici: Tragedia.

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<Buongiorno> mormorai stiracchiando le braccia, mentre trascinavo i piedi verso la cucina.
<Giorno, passami i tuoi vestiti che te li stiro> guardai Levi come se fosse un extraterrestre, <Non vorrai mica andare a scuola con i vestiti in quelle condizioni, vero?> mi guardai i vestiti, in effetti erano molto stropicciati.
Iniziai a sfilarmi la maglia, <I pantaloni non me li stirare, mi vergogno> gli passai la maglietta mentre il corvino borbottava qualcosa di molto simile ad uno "stupido moccioso pudico" andai in camera a mettermi le scarpe per poi bere il succo di frutta che Levi aveva già versato per me.
<Come faccio ad andare a scuola senza lo zaino?> chiesi io, avevo lasciato lo zaino a casa la sera prima, <Fa niente useremo i miei libri> annuii, feci per accendere il telefono ma era spento.
<Cazzo, mi si è spento il telefono> mi lagnai io,  <'Sta notte l'ho sentito suonare> disse Levi mentre iniziava a passare il ferro da stiro sulla mia maglietta, <Era sicuramente mio padre> sbuffai <Mi ucciderà> Levi mi passò la maglia, mi sorprendeva sempre la sua velocità quando si trattava delle faccende domestiche.
<Ma ne sarà valsa la pena> continuai io, per poi lasciare un bacio a stampo sulle sue labbra, lasciando il corvino felicemente sorpreso, mentre io aprivo la porta del suo appartamento.
<Forza Levi! Facciamo tardi a scuola!> urlai per poi iniziare a scendere le scale di corsa, seguito da Levi, pacato come sempre.

<Menomale siamo giusto in tempo per le lezion... perché non c'è nessuno?> chiesi a nessuno in particolare visto che la classe era praticamente vuota fatta eccezione per il trio degli asociali, ovvero, Annie, Berthold e Reiner.
<Come non lo sai?> chiese quello spilungone di Berthold, <Se lo sapessimo non lo avremmo chiesto non credi?> rispose ironicamente Levi.
<Beh, da quello che hanno detto Marco è stato investito, ora sono tutti in ospedale, dicono sia grave> spalancai la bocca, da cui non uscì nessun suono, mi poggiai al banco più vicino mentre Levi mi poggiava una mano sulla spalla, <Eren vuoi andare anche tu?> mi chiese il corvino con il tono di voce più dolce che avessi mai sentito da lui.
Annuii restando comunque in silenzio, non riuscivo a capacitarmi di quello che mi avevano appena riferito.
<Spiegheremo noi la situazione ai professori, se ci lasceranno uscire subito verremo in mattinata altrimenti saremo lì oggi pomeriggio> disse Reiner, <Va bene> rispose il corvino mentre io mi avviavo ad uscire.

Entrammo in fretta e furia nell'asettico corridoio, le pareti erano grigie e fredde, alcuni dei miei compagni erano accampati per terra e altri sulle scomode sedie giallognole che caratterizzavano i corridoi degli ospedali, di solito cambiava solo il colore.
Quella vista mi riportò alla mente la morte di mia madre e le giornate passate in ospedale sperando in un suo miglioramento.
<Eren! Alla fine sei venuto, ti abbiamo chiamato tantissime volte...> esordì Mikasa, alzandosi e venendomi incontro.
<Scusa mi è praticamente morto il telefono e non sono riuscito a ricaricarlo> la ragazza annuì <Ma cosa è successo? Berthold ci ha spiegato brevemente la situazione, mi sembra un'incubo> dissi passandomi le mani tra i capelli tirandoli leggermente.
<Questa notte Marco era a dormire da Jean, hanno litigato abbastanza pesantemente, e quando è uscito di corsa nel cuore della notte un'automobile con i fari spenti lo ha investito, non c'erano lampioni visto che la strada è privata, il conducente era ubriaco ma ora è alla polizia, si è costituito>.
La ragazza sospirò tentando di non piangere, <È un così bravo ragazzo, sempre con il sorriso sulle labbra e una parola gentile per tutti, non si merita tutto questo> terminò Mikasa per poi tornare a sedersi.
Salutai tutti gli altri che come me avevano perso la voglia di sorridere, Sasha aveva addirittura lasciato il suo panino praticamente intatto.
Entrai nella stanza di Marco seguito da Levi, alla vista del mio amico portai le mani alla bocca mentre le lacrime premevano per uscire, non era possibile.
Nel letto coperto da una pile beige, c'era il corpo di un ragazzo fasciato dalle bende, riportava ematomi su tutto il viso, ma da una parte era completamente sfigurato, al capezzale del ragazzo c'era Jean, con delle profonde occhiaie ad incorniciargli gli occhi. A quella vista non riuscii proprio a trattenere le lacrime, iniziai a piangere metre Levi tentava di rassicurarmi abbracciandomi.
<È inutile piangere> sentimmo la voce di Jean, era quasi impercettibile per quanto fosse flebile.
<Io ho pianto tutta la notte ma non è cambiato nulla, praticamente non ha possibilità di salvarsi a detta dei medici, e se mai avvenisse un miracolo e riuscisse a riaprire gli occhi, non vedrebbe nulla lo stesso, diventerebbe cieco oltre al non poter muovere la parte destra del suo corpo.  Ma io so che si sveglierà, lui ci riuscirà perché è forte e ama la vita più di qualunque altra cosa.>
Mi avvicinai al mio "amico-nemico" e poggiai una mano sulla sua spalla, mentre con l'altra asciugavo le mie lacrime <Ci deve riuscire, lui tornerà da te Jean>.

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