Io e la mia apatia

Vattene

Sono finalmente a casa con Daniel, non avevo voglia di restare a parlare con Matt, però ha detto qualcosa di interessante, sono davvero curiosa di sapere cosa vendeva Daniel e perché non me lo aveva detto.

Ora sono in bagno intenzionata a cambiarmi, mettendo la sua solita camicia che oramai è mia, lui è in salotto che guarda American Horror Story.
Finisco di asciugare i miei lunghi capelli lisci e vado da lui, è seduto scomodamente sul divano, ha una posa fredda e formale, non capisco perché abbia passato le mani fra i capelli, lo fa solo quando è nervoso!

I:"Daniel?"
Sobbalza e si gira nervosamente, si alza e mi abbraccia baciandomi cercando di distrarmi da qualcosa.

I:"Cosa succede?"
D:"Niente."

I:"Daniel ti conosco troppo bene, cosa mi stai nascondendo?"
D:"Amore non ti sto nascondendo niente."
I:"Amore ti conosco, cosa mi stai nascondendo?"

Lui sospira e mi conduce al divano per poi sedersi accanto a me, mette un braccio attorno alla mia vita e mi avvicina a lui baciandomi per poi parlare.

D:"Spacciavo per poter vivere, dopo l'accaduto con mia madre e Sally, i Price mi presero in custodia, ma non navigavano nel lusso, erano a mala pena benestanti. Ci trasferimmo in America per poter avere più possibilità per il lavoro, avevo solo dieci anni ma mi sentivo in colpa.
Mi sentivo sempre in dovere di ringraziarli, e un giorno trovai il modo per farlo, un uomo cercava qualche ragazzino che potesse vendere la loro roba e io accettai, dovevo solo passare da loro per prendere la droga e andare alle feste in cui era richiesta per venderla.

Un giorno mi dissero di portare un carico di codeina al 2073 di Classon Ave, era una festa enorme, ma non finì bene.
Come al solito avevo portato lì la roba e dopo essere stato pagato mi feci il solito giro della casa per poter rubare un pò di cose, ad un certo punto mi sono fermato e sono corso dalla ragazzina che stava urlando aiuto inginocchiata accanto al ragazzo che aveva preso la roba.

Quando ho letto ciò che avevi scritto su Jason mi sono sentito uno schifo, io non volevo che tutto ciò accadesse piccola, non volevo far male a nessuno!"

Conclude così la sua confessione, ora è inginocchiato davanti a me chiedendo perdono in lacrime, sembra un bimbo piccolo che cerca di chiede scusa alla madre dopo aver rubato qualcosa.

Invece io ho lo sguardo assente, non so cosa pensare, nella mia testa c'è un turbine di pensieri che mi impedisce di capire cosa sta succedendo di preciso, non so cosa sto provando, forse niente o forse tutto.

Non sono consapevole delle mie azioni quando mi alzo e mi dirigo in camera da letto per poi chiudere la porta a chiave quando entro.
Lui cerca di aprirla correndomi dietro di me ma la blocco in tempo cominciando a cambiarmi mentre batte contro la porta per aprirla.

Dopo circa mezz'ora il rumore si ferma e io mi metto le scarpe per poter andare via, prendo la borsa e il cappotto, esco dalla stanza avviandomi verso la porta d'ingresso e lo vedo sul divano seduto con le mani fra i capelli.
Appena mi sente si alza e si dirige davanti alla porta per potermi fermare, cerca di prendermi la mano ma la tiro via velocemente.

I suoi occhi esprimono puro terrore, volevo confortarlo ma non ci riuscivo, mi ricordava un bambino, perso e alla ricerca di un pò d'amore.

D:"Piccola ti prego fammi spiegare."

Avevo ancora quell'espressione, un'espressione di nulla, di vuoto, apatica, non so più cosa fare, non so come muovermi o cosa dire, ma ci voglio provare, per lui.

I:"Voglio andare a casa mia Daniel."
D:"Posso accompagnarti? Possiamo parlare in macchina!"
I:"Va bene."

Mi prende la mano e io decido di non scansarla, non voglio farlo soffrire troppo per un suo errore del passato.
Mi conduce verso la Camera da letto e mi siedo, lui comincia a cambiarsi davanti a me, va lentamente come se non mi volesse portare via da lui.

Appena finisce mi alzo e ci avviamo verso la macchina.