Brutti ricordi.

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Arrivo davanti alla mia vecchia casa e tutto mi crolla addosso.

È completamente rovinata ma decido di entrare comunque, i ricordi mi uccidono e mi saltano addosso.

Mi ricordo le 'litigate' con mio fratello Jason, dio quanto gli volevo bene...

Mi ricordo le torte fatte con mia madre, Adeline, era la più bella e la più dolce...

E infine lui...mio padre...la mia vita, Aidan, era muscoloso, con una barba folta, gli occhi neri e il capelli indomabili del medesimo colore. Lui mi è rimasto accanto fino alla fine...

Mi siedo su quel divano malandato mentre i pensieri mi tornano in testa, ricordo che mia madre morì quando avevo quattro anni per un tumore.

Mio padre invece morì per un infarto...
Ero lì con lui quando morì....

Poi arrivo il turno di Jason...Lui non riusciva a vivere...Non voleva soffrire...

Passai un anno in orfanotrofio....
Nessuno mi voleva e io non volevo altre persone da chiamare famiglia, io ho già avuto una famiglia, non ne volevo un'altra...

Prima ci furono i Miller, una famiglia benestante, non avevano figli ed erano abbastanza simpatici, ma non era quello il posto per me. Così mi feci riportare all'orfanotrofio, non era il massimo ma almeno non dovevo chiamare nessuno "mamma" e "papà".

Poi ci sono stati i Clark, erano degli stronzi, i quali avevano un figlio, Cameron, che non faceva altro che vantarsi, finì allo stesso modo dei Miller.

A seguire i Green, poi i Foster e ora questi, gli Smith...

Nel tempo ho imparato che la parola "casa" è una menzogna, una bugia estremamente affascinante, che io non possedevo, ma non potevo pensarci.
Cominciai a fare il giro della casa passando accanto alla camera senza finestre dei miei genitori, poi nella camera di Jason per poi finire nella mia, un lettino rosa spiccava fra tutto il resto in marrone, la carta da parati era sul bordeaux e un tappeto persiano si estendeva davanti alle mie Globe nere.

Notai sull'armadio una piccola scatola rossa e prendendola mi ricordai che era il regalo che voleva darmi Aiden per i miei dieci anni.

La presi in mano non curante del fatto che era piena di polvere e ragnatele, la posai delicatamente nel mio zaino, e continuai a fare il giro della casa scendendo in cucina, lì vidi sul tavolo le lettere rovinate dell'umidità e presi anche quelle.

Uscì da quella casa che erano le cinque di pomeriggio e capì che era meglio avviarmi subito verso casa poiché ci avrei messo due ore. Inserì la chiave e parti molto velocemente verso una casa e una vita che non mi appartiene.

Arrivata lì erano le sette, così corsi nella mia stanza, non curante delle valige poste davanti alla porta, poi, entrando nella mia cupa stanza riposi tutto delicatamente aprendo le lettere, erano bollette principalmente, finché non vedo un nome...Harry Smith...

Io e la mia apatiaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora