Dispersa Tra Fiori

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Era passata un'ora e finalmente aravamo arrivati, Daniel si era addormentato, sembrava un angelo, una figura angelica ferita troppo dalla vita.

Passai velocemente nei sedili posteriori mettendomi su di lui, gli accarezzo i capelli poggiando le mie labbra sul suo collo, mugola leggermente e poggia le sue mani su i miei fianchi.

I:"Siamo arrivati."

Daniel apre lentamente gli occhi scrutandomi attentamente.

D:"Sei così bella."

Abbasso la testa mettendola nell'incavatura del suo collo mentre lui ride leggermente.

D:"Dove siamo?"
I:"Esci e lo vedrai."

Mi alzo e lui mi segue leggermente stanco con gli occhi socchiusi, siamo davanti ad un fiume. Chiudo la macchina e mi incammino verso gli alberi fitti che circondano tutta la zona, Daniel mi segue in silenzio non sapendo dove andare, dopo un po' ci ritroviamo nel sentiero e io comincio a correre.

D:"DOVE VAI?!"
I:"SEGUIMI."

Corro veloce, senza stancarmi, senza motivo, ho sempre amato correre, da un senso di libertà inspiegabile. Le mie gambe vanno veloci, ormai non le sento neanche più.

Lo sento prendermi il polso per fermarmi, e io cado su di lui, sta sorridendo come un ebete cercando di trattenere le risate.

I:"Che hai da ridere?"
D:"E tu perché corri?"
I:"Perché siamo ancora lontani e io voglio andarci."
D:"Beh io sono stanco e non ho voglia di correre."

Effettivamente non mi ero accorta di quanto era stanco, abbasso un secondo lo sguardo prendendo due sigarette, gli porgo l'accendino e lui accende la sua e la mia. Dopodiché lo prendo per mano e ci incamminiamo.

D:"Come hai conosciuto questo posto?"
I:"Quando fui affidata ai Clark cominciai a scappare le sere, cercavo sempre un posto diverso per poter affogare i miei pensieri, per poter scrivere e fumare in pace."
D:"E sei arrivata qui?"
I:"Avevo bisogno di scappare dalla realtà."
D:"Capisco."

Manca poco e arriveremo, sono così felice di essere qui con lui, era tanto che non tornavo qui.

I:"Siamo arrivati."

Daniel supera l'albero che impedisce la nostra visuale, un gigantesco campo di girasole e papaveri neri si estese davanti a noi, sembrava infinito.
Molti alberi facevano ombra ai lati del campo, è una piccola casetta in mattoni diroccata si vedeva difficilmente.

D:"È bellissimo."
I:"Già, ma non siamo ancora arrivati."

Daniel mi guarda un po' confuso e io indico il piccolo edificio in lontananza.

D:"Cosa c'è lì dentro?"
I:"Apparentemente niente, quella casetta era dei miei nonni paterni, era piccola ma la usavano quando in primavera sbocciavano i fiori."

Ci incamminiamo piano verso quella piccola casetta. Appena arriviamo resto un po' ad ammirare le piante rampicanti che circondano la casa.

D:"Vuoi entrare?"
I:"Si."

Tiro un calcio al portone di legno spalancando la porta, prendo il telefono accendendo la torcia ed entro, il tavolo in legno è un po' malandato e le sedie sono al proprio posto, il piccolo bagno è pieno di insetti e la cucina è anche peggio, al piano superiore c'è la camera da letto, appena entro il pavimento scricchiola producendo un rumore un po' inquietante.

Mi dirigo verso la finestra aprendola, la stanza viene illuminata in un secondo e io mi avvicino al piccolo comodino in mogano aprendolo.

D:"Cosa stai cercando?"
I:"Una cosa che lasciai qui tempo fa."

Dentro il cassetto noto un portagioie nero opaco circondato di ragnatele, lo tolgo da lì soffiandoci sopra cercando di eliminare un po' di polvere.
Lo apro tirando fuori una spilla a forma di stella da militare e un bracciale.

Metto la stella sul petto e vado incontro a Daniel che confuso guarda la stanza.

D:"Siamo venuti qui per questo?"
I:"In realtà no, volevo solo stare con te nel campo ma dovevo riprendere una cosa."

Gli prendo il polso agganciando il bracciale e lui mi guarda cercando spiegazioni.

I:"È un bracciale da uomo, era di mio padre, volevo che lo tenessi tu."

Mi avvicina a lui senza dire niente per poi baciarmi, è molto silenzioso ultimamente.

I:"Vuoi uscire? Ti vedo molto perplesso."
D:"Non voglio che tu stia male perdendoti nei ricordi del passato."

Lo prendo per mano uscendo dalla casa chiudendo bene il portone, cammino un po' fino ad arrivare ad una roccia, lo faccio sedere lì per poi mettermi su di lui baciandolo, gli alzo lievemente la maglietta tracciando i graffi che ha sul torace.

Il vento porta un profumo di fiori irripetibile, tutto è calmo, siamo sotto l'ombra di un salice, accanto ad una pianta di luppolo dai fiori bianchi.
È tutto così rilassante, mi stendo su di lui addormentandomi leggermente, socchiudo gli occhi usando il suo petto come cuscino.

I:"Questo è il mio paradiso."
D:"È bellissimo piccola."

Mi accarezza i capelli giocandoci piano come se non volesse ferirmi.
È tutto così bello che sembra irreale, i minuti sembrano fermarsi, il mio paradiso mi accoglie sempre con un emozione sempre più sorprendente.

Ho sempre fatto della mia vita reale un inferno e di questo posto il mio paradiso soave e meraviglioso. Con Daniel è tutto più bello, come un angelo che migliora ogni cosa.

I:"Venivo qui quando sentivo che il mondo mi stava stretto, quando mi stancavo della monotonia, quando tutto andava male. In quei momenti mi disperdevo tra questi fiori che mi ricordavano tanto mia madre, usava sempre il balsamo che profumava di girasoli e tulipani."
D:"Come hai scoperto questo posto?"
I:"Era una brutta giornata, quelli che mi adottarono avevano litigato per me, sono corsa fuori, non avevo ancora la moto, ero ancora piccola, stavo correndo così tanto che mi sembrava che le mie gambe andassero da sole. Arrivai al fiume dove mi bagnai leggermente perché stavo morendo di caldo."

D:"Tu caldo? Che novità insomma."
I:"Non prendermi in giro!"
D:"Scusa, continua."
I:"Comincia a camminare per schiarirmi le idee fino ad arrivare qui."
D:"Cosa fu la prima cosa che ti attirò di questo posto?"
I:"Che aveva lo stesso profumo di mia madre."

Continuammo per tutto il giorno fino ad addormentarci uno sopra l'altro.

Io e la mia apatiaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora