8. Cosa?

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Non ho rinunciato a specializzarmi nel suo studio, solo perché ci tengo a laurearmi il più presto possibile. E basta. Mi ripetevo.

Non riuscivo proprio a metterci una pietra sopra. Anche se continuavo ad amarlo. Passò ancora molto tempo, e lo parlavo a stento.

Poi una sera...

Una sera rimasi in studio fin dopo l'orario di chiusura per lavorare su una pratica.
Claudia mi venne a salutare prima di andar via.
Credevo che in tutto l'ufficio non c'era rimasto nessuno. Erano le sette e mezza, e alle sette ognuno tornava a casa.

Decisi di mettermi comoda, andai a prepararmi un caffè, e quando ritornai nel mio ufficio trovai Pasquale seduto dietro la scrivania, al mio posto.
"Cosa vuoi?" dissi con tono calmo e inespressivo.
"Pensavo che non ci fosse più nessuno qui, poi ho visto la luce aperta e sono entrato"
"Anche io pensavo che non ci fosse nessuno"
"Avevo capito. Ma io esco sempre l'ultimo. Qui chiudo tutto io"
"Va bene. Allora sistemo qui e vado via"
"Non ho detto che devi andare via"
"E allora cosa vuoi?" sbottai spazientita. Sapevo che se sarebbe rimasto lì a fissarmi con quei suoi occhi verdi bellissimi, sarei ceduta. Avrei fatto qualsiasi cosa per lui.
"Niente" rispose divertito.
Sbuffai e iniziai a recuperare le mie cose sulla scrivania. Buttai tutto alla rinfusa dentro la borsa e mi voltai, decisa ad andarmene.
"Giulia" mi richiamò.
Restai immobile, non mi voltai. Continuai a fissare la porta.
Lo sentii alzarsi e avvicinarsi. Sentivo i suoi passi sempre più vicini. Volevo scomparire e sotterrarmi.
Quando mi fu davanti abbassai lo sguardo. Mi mise due dita sotto il mento e mi costrinse a guardarlo negli occhi. Due occhi scintillanti in cui potevi perderti. Il suo profumo mi circondò subito e...non ce la feci.

"Giulia, lo so che ho sbagliato, ma perdonami, lasciami un'altra occasione per farti vedere che io non sono così. Ti prego" disse in un sussurro.
Non sapevo cosa rispondere. Non capivo più niente. Ero ancora intenda a guardarlo negli occhi. Mi ero persa in quel verde così profondo. Ti attraevano e non ti lasciavano più andare.
Forse prese il mio silenzio per un si. Si avvicinò e mi baciò. All'inizio restai impassibile. Poi ricambiai.
Lo volevo per me e non potevo farci niente. Lo amavo. Punto.
Da un bacio dolce e casto, diventò sempre più profondo. Fece scivolare a terra la mia borsa e mi spinse indietro verso la scrivania. Mi ci fece sedere sopra e mi strinse a sé, continuando a baciarmi.

Noi due. Finalmente di nuovo insieme. Solo noi due mente ci baciavamo sulla scrivania nel mio ufficio, nel suo studio, illuminati solo da una piccola lampadina.

Si staccò da me, e io rimasi a fissarlo un pò delusa per quel distacco. Raccolse la mia borsa, mi fece scendere, mi diede la mano e mi portò nella sua macchina.
Viaggiammo in silenzio.
Non avevo il coraggio di parlare. Sapevo dove stavamo andando, e ne ero anche felice. Ma era giusto perdonarlo cosi? Me ne sarei pentita? Non lo so. Sapevo solo che in quel momento tutto era perfetto. Ai sensi di colpa e al pentimento ci avrei pensato domani.

Interruppe i miei pensieri quando mi mise una mano sulla coscia. Il contatto mi fece venire i brividi. Guardai per un secondo la mano scioccata, poi rivolsi la mia attenzione a lui. Mi stava fissando sorridendo. E io non potei far a meno di ricambiare.

***

Mi svegliai felice. Appoggiata al suo petto. Tra le sue braccia.
"Ben svegliata" disse posandomi un bacio sulla fronte.
Sorrisi e Ricambiai il saluto.
Restammo a letto ancora per molto. Era sabato, e lo studio era chiuso.

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