La Coccinella in trappola

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Marinette
Mi svegliai su un letto stranamente più morbido del mio. Non avevo ancora aperto gli occhi, ma la nebbia dovuta al sonno si stava lentamente diramando dalla mia mente. La notte prima avevo scoperto dove si nascondeva Chat noir... o forse era stato tutto un sogno?
Socchiusi le palpebre. Non riuscivo a mettere bene a fuoco la stanza, ma non sembrava comunque essere la mia. Appoggiai un gomito sul materasso e feci per alzarmi, quando avvertii un peso all'altezza dell'addome. Mi stropicciai gli occhi e cercai cosa mi stava ancorando al letto. Vidi immediatamente un braccio e una mano nera e guantata. Spostai le coperte, improvvisamente lucida. Chat noir era lì disteso! A pochi centimetri da me! E mi stava pure abbracciando!
Istintivamente mi venne da spingerlo via, ma riuscii a fermarmi in tempo. Quella era l'occasione perfetta per prendere il suo miraculous e portarlo a Tikki.
Sollevai delicatamente la sua mano e inizia a sfilargli l'anello. Il mio kwami mi aveva spiegato che era quello l'oggetto magico che permetteva al ladro di servirsi dei poteri del dio quantistico.
< Cosa fai, puuurrr-incipessa? >. La mano di Chat si ritrasse prima che riuscissi a sfilargli del tutto l'anello.
Mi voltai per fronteggiarlo. < Niente > mentii. Lo vidi risistemare il miraculous con un'espressione dubbiosa.

Chat noir
Quella ragazza aveva appena cercato di sottrarmi il mio anello!
<Allora? Cosa stavi cercando di fare?> chiesi nuovamente, con tono duro. Lei si morse il labbro inferiore e spostò lo sguardo leggermente a sinistra prima di fissarlo nella mia direzione.
<Niente> ripetè, sfidandomi con gli occhi. Ancora quel maledetto sguardo della notte precedente! Perchè cercava di sfidarmi ogni volta che i nostri occhi si incrociavano?
<Ah si? E allora spiegami cosa stavi facendo con il mio anello> la punzecchiai, mettendomi a sedere. Il letto non era molto grande e mi ritrovai con le gambe incrociate a pochi centimetri da lei. Mi protesi in avanti, in attesa dell'ennesima bugia.
Lei si mordicchiò il labbro e, per un istante, spezzò il contatto oculare.
<Volevo... volevo scoprire chi sei in realtà> buttò fuori con un sussurro, quasi intimorita. Io piegai la testa, in attesa che continuasse. <Mio padre viene sempre umiliato perchè non riesce mai a catturarti... volevo aiutarlo> concluse. Teneva la testa bassa e si stava tormentando il fondo della maglietta.
<E tuo padre sarebbe?> chiesi.
<Il capo della polizia>. Non riuscii a trattenere un sorrisetto. Lei, la figlia del capo della polizia?
<Il capo della polizia ha una figlia? Non lo sapevo. E il tuo nome principessa?>. Se voleva giocare, sarei stato al gioco. La fissai divertito, mentre decideva se rispondermi oppure no. Mi avrebbe dato un nome falso? Sarebbe stata in silenzio? Ero curioso di vedere la sua reazione.
<Ma... Marinette>.
<Ma davvero? Marinette...> mugugnai avvicinandomi al suo viso. Lei si irriggidì e si ritrasse leggermente. <L'ultima volta che ti ho incontrata, non avevi i capelli neri né gli occhi azzurri, Sabrina> le sussurrai ad un orecchio, arricciando una ciocca dei suoi capelli tra le dita guantate. Lei trattenne il respiro. Mi spinse indietro, facendomi cadere sul materasso. Dalla foga pure lei perse l'equilibrio, finendomi sopra. Si scansò immediatamente.
<Conosco molto bene la figlia del capo della polizia. Qualche volta le faccio visita per raccogliere informazioni sui sistemi di difesa adottati dal padre. Ovviamente è innamorata persa di me. Come biasimarla?> spiegai, pavoneggiandomi. <Quindi, Marinette, vuoi dirmi chi sei veramente, oppure...> invertii le posizioni, schiacciandola contro il materasso e immobilizzandola con la gambe e le braccia. <Devo fare una chiamata a mamma e papà per sapere chi sei?>. Lei sgranò gli occhi e li puntò verso la tasca dei pantaloni. Notò immediatamente che il suo telefono non c'era.
<Non ti azzardare a metterti in contatto con loro> ringhiò.
<Quindi?> la incalzai.
<E va bene!> cedette infine. <Sono la figlia dei proprietari della pasticceria Dupain-Cheng. Volevo dimostrare alla mia amica Alya che sarei riuscita a scoprire chi sei>. La fissai per qualche istante. Quella non era tutta la verità. Il mio istinto felino me lo suggeriva. Comprsi tuttavia che più di ciò non sarei riuscito ad ottenere. La lasciai e con un balzo mi misi in piedi.
<Non posso lasciarti andare. Ormai sai dove abito. Ma non ho intenzione di tenerti qui per sempre, principessa. Chiederó un riscatto ai tuoi genitori e poi potrai tornare a casa>. Un po' di tempo addietro, eto stato alla pasticceria per comprare dei croissant. Plagg aveva immediatamente notato una strana scultura e forma di coccinella. Molto bella, anche se nulla di che. Era stata un'impresa tenere fermo il piccolo gatto nero. A casa mi aveva detto che dovevamo assolutamente rubare quella scultura. Forse era arrivato il momento di aggiungerla alla mia collezione.
<Non coinvolgere i miei genitori in tutto questo>. Anche Marinette si alzò, pronta a fronteggiarmi.
<Pensi di essere nella condizione per poter fare pretese, principessa?>. Lei serrò le mascelle. Le si colorarono le gote per la rabbia.
<Io vado a lisciarmi il pelo. Tu fa la brava>. E con ciò uscii dalla stanza, chiudendola a chiave dietro di me. Annullai inmediatamente la trasformazione e Plagg volteggiò come un palloncino sgonfio fino a poggiarsi sulla mia spalla.
<Camambert...> supplicò. Io gli diedi un pezzo di quel formaggio puzzolente e mi avviai verso la mia camera. Presi il cellulare di Marinette e scorsi la rubrica fino a che non trovai ciò che cercavo. I contatti dei suoi genitori.

Ho vostra figlia. La tratterò come una principessa. Ma se la rivolete indietro, fatemi avete la scultura della coccinella. Lo scambio avverrà tra....

Mi bloccai.
<Cosa c'è Adrien?> mi chiese il mio kwami. Senza rispondere, finii di digitare il messaggio.

... tra un mese. Chat noir.

Inviai il tutto e lasciai l'apparecchio su un tavolo. Mi diressi verso il bagno attiguo la mia stanza e accesi l'acqua della doccia. Avevo assoluto bisogno di un bagno.
<Perché così tanto tempo?> mi chiese Plagg.
<Mi nasconde qualcosa e voglio scoprire cosa>. Mi tolsi la maglietta e la gettai sul pavimento.
<Non è che i suoi occhioni ti hanno stregato?> mi punzecchiò.
<Ma cosa dici Plagg?!>.
<Eh eh. Stanotte sei voluto rimanere tutto il tempo attaccato a lei. Ma la prossima volta detrasformati e lasciami in compagnia del mio dolce Camambert> disse il piccolo dio quantistico, accarezzando il pezzo di formaggio.
<Volevo solo essere certo non scappasse> mi difesi debolmente.

Il Gatto e la CoccinellaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora