La storia finora
Chat Noir è il più famoso ladro di Parigi, specializzato nel rubare oggetti di vario tipo senza un apparente raccordo tra di loro.
La polizia fatica a tener testa al ragazzo, anche a causa del potere della distruzione di cui egli è provvisto grazie al Miraculous del gatto nero.
Una sera, dopo un colpo andato a buon fine, viene pedinato fino alla sua villa da una ragazza.
Marinette vuole scoprire la sua vera identità e consegnarlo alla polizia, però viene scoperta e catturata dal ladro.
Approfittando del fatto che uno dei suoi obiettivi era proprio un cimelio di famiglia dei Dupain-Cheng, decide di chiedere un riscatto ai genitori della ragazza. Lo scambio avverrà a distanza di un mese.
Durante la convivenza, i due iniziano a conoscersi e ad affezionarsi l'uno all'altra.
Dopo un brutto episodio con un altro ladro, amico/nemico di Chat, Marinette riesce a riunirsi a Tikki, il suo kwamii.
Ella è infatti Ladybug, la super eroina parigina che da un po' di tempo ha iniziato ad opporsi al ladro.
Prima di abbandonare la casa di Chat, Marinette vuole portare a termine la propria missione: sottrargli il Miraculous del gatto nero e fermare la sua opera di annientamento delle akuma.
I due ragazzi, difatti, perseguono, anche se in maniera differente, lo stesso obiettivo: fermare l'oscurità delle akuma.
A causa di eventi passati, i due kwamii hanno sviluppato diverse idee: purificarli dal male senza ucciderle, oppure eliminarle definitivamente.
Nel mentre qualcosa di strano inizia ad accadere al corpo di Marinette: ella inizia ad essere in grado di utilizzare il potere della purificazione anche senza l'aiuto di Tikki e del suo Miraculous.
Plagg, il kwamii di Chat Noir, teme stia per riaccadere quanto successo in Egitto molti millenni prima. Convince Tikki a spiegare alla sua portatrice il possibile significato di quel cambiamento, e cerca di convincerla a lasciare a lui e a Chat il compito di occuparsi delle akuma.
La piccola coccinella non è d'accordo, ma decide di raccontare la verità a Marinette. La ragazza, senza esitazione, accetta la situazione, rassicurando la piccola amica che stavolta la storia andrà diversamente.
Ancora all'oscuro della doppia identità di Marinette, Chat finisce per prendere (più o meno) coscienza dei propri sentimenti per la ragazza, e i due si scambiano un bacio.
Confusa a causa de proprio dovere, Marinette decide che è arrivato il momento di allontanarsi dal ragazzo.
Siamo al ventesimo giorno dall'inizio della loro "co-abitazione" e i genitori di Marinette si decidono a consegnare al ladro quanto richiesto. Con l'aiuto della polizia allestiscono il tutto e Chat si avvia a recuperare il cimelio. Senza grandi difficoltà supera le forze dell'ordine, ma al completamento della sua missione si frappone ancora qualcuno: Ladybug.[Tornando al presente]
Il ragazzo si poggiò al bastone, assumendo una posa da modello.
<Cominciavo a temere di non rivedere più la mia lady> disse, provocando il lei un'ulteriore vampata alle guancia.
Mentalmente, la super eroina si schiaffeggiò da sola: da quando le battutine del ladro le provocavano una tale reazione?
L'immagine del loro bacio le riaffiorò nella memoria, provocando un aumento della temperatura del suo viso.
Il ladro si accorse che qualcosa non andava: la supereroina reagiva sempre distaccata e fredda alle sue provocazioni. Ma non quella volta.
<Comunque non posso permettergli di distruggere proprio quella statuetta> si ricordò Ladybug, parlando più a se stessa.
Chat lanciò una veloce occhiata al cimelio ora alle sue spalle. Cosa lo rendeva differente da tutti gli altri?
<Quindi vorresti fermarmi?> rise lui. <Nonostante la tua bravura, my lady, non sei ancora riuscita una sola volta a sventare un mio colpo>.
Lo metteva in difficoltà, certo, ma era sempre riuscito nei suoi intenti.
Punta nell'orgoglio, Ladybug dimenticò i sentimenti contrastanti che l'aveva assediata qualche minuto prima. Sapendo che fine facevano gli oggetti rubati, non poteva assolutamente permettergli di prendere proprio quella statuetta. Apparteneva alla sua famiglia da generazioni. Sua madre ci teneva moltissimo: era un ricordo di sua nonna e il filo conduttore della loro famiglia.
La ragazza ricordava con quanta cura e amore sua madre puliva quel cimelio.
Chat si avvicinò alla statuetta imitando la moon walk di Michael Jackson. Appoggiò il palmo della mano sulla teca.
<Cosa pensi di fare? Prima che tu riesca ad avvicinarti, con la mia agilità felina sarei già fuori dalla finestra> continuò a provocarla lui.
Sfilò quel rivestimento di vetro senza che l'allarme scattasse. Le sue dita non fecero tempo a sfiorare le nere gemme che un guizzo rosso lo obbligò a ritrarsi. Lo yo-yo della ragazza tornò nelle sue mani, pronto per scattare nuovamente.
Chat sollevò un angolo della bocca, mostrando uno dei suoi canoni leggermente a punta.
<Mi mancavano i nostri scambi fisici>. Estrasse il bastone, allungandolo quanto bastava. Nel farlo controllò anche quanto tempo aveva ancora a disposizione. Dopo aver utilizzato il cataclisma, la trasformazione non sarebbe durata ancora a lungo.
<Chat, ti prego, vattene> lo pregò lei.
Il ragazzo rimase sorpreso da tale richiesta. La super eroina non si era mai tirata indietro dalla possibilità di poterlo assicurare alla giustizia.
<Che succede my lady? Paura del gatto?>.
Ladybug rilanciò il proprio yo-yo, cercando di prendere la statuetta. Chat parò il colpo con il suo bastone. La ragazza ne approfittò per lanciarsi in avanti. Il ladro afferrò il suo braccio proteso e, facendo leva sulla forza del movimento di lei, la scaraventò oltre il piedistallo. Lei roteò in aria, lanciando nuovamente il suo yo-yo, che si attorcigliò attorno al bastone di Chat. Atterrando, tirò il filo, sfilando di mano l'arma del ladro. Immediatamente lui annullò le distanze tra loro. Ladybug abbandonò il suo yo-yo e tentò di colpirlo. Lui bloccò il pugno. La ragazza circondò il suo polso anche con l'altra mano, saltò oltre la sua testa, facendolo cadere all'indietro. Chat colpì alquanto malamente il terreno e per un attimo il suo campo visivo si riempì di pallini neri.
Ladybug lo bloccò a terra, sedendosi sopra di lui. Gli prese la mano e l'anello, ormai quasi scarico.
La ragazza esitò, guardando le verdi iridi ricolme di paura. Se gli avesse sfilato il gioiello, non solo l'avrebbe mascherato, ma condannato alla prigione.
<Perché sembri tanto spaventato?> gli chiese lei. <Lo sai quale sorte spetta ai criminali>.
Chat indossò nuovamente il suo sorriso beffardo, ma non servì a eliminare le emozioni negative dai suoi occhi.
<Non mi spaventa venir arrestato, ma il non poter mantenere la promessa fatta ad un amico>.<Forza! Deve essere per forza di qui!>. Roger ordinò ai suoi uomini di esaminare in profondità la stanza. La statuetta dei Dupain-Cheng era ancora al suo posto, sebbene priva della teca di protezione. Chat doveva ancora trovarsi nei paraggi. Non si era mai lasciato scappare un bottino.
Cercarono dietro ogni colonna, sotto ogni sedia e tra ogni fessura. Niente. Del giovane ladro nemmeno l'ombra.
<Dannazione!> imprecò il poliziotto, togliendosi il berretto e gettandolo a terra.
<Qualcosa non va?>.
Dalla porta principale della sala entrò Ladybug. La sua rossa tutina a pois perfetta, così come la maschera che ne celava l'identità. Con passo leggero e silenzioso come quello di un felino, si avvicinò all'uomo.
<Ladybug, qual buon vento?>.
La super eroina ignorò il risentimento nel tono di voce del capo della polizia. Da una parte comprendeva quell'ostilità. Da quando era arrivata lei, la polizia veniva spesso beffeggiata e derisa dalla popolazione. E ciò nonostante avesse ripetuto più volte che il loro era un lavoro indispensabile.
<È riuscito a scappare di nuovo. Tu dov'eri?>.
Ladybug incrociò le braccia davanti al petto, spostando il peso del corpo su una gamba.
<Ho provato a catturarlo, ma ho fallito. Almeno non è riuscito a rubare questo> spiegò, indicando con un cenno della testa la statuetta. Era felice di essere riuscita a proteggerla.
<Già!> sbottò Roger. <E ora come lo spiego ai Dupain-Cheng che il Chat ha lasciato qui il riscatto per loro figlia?>.
Ladybug prese tra le mani la statuetta e la consegnò al poliziotto.
<Il mio senato senso mi suggerisce che Marinette tornerà a casa sana e salva>.
Di fronte agli sguardi confusi di tutti gli uomini presenti nella stanza, la super eroina uscì camminando dalla sala.
I suoi orecchini iniziarono a emettere un beep persistente quando ormai si trovava a metà dell'ultima scalinata. Entrò nei servizi del museo e un lampo di luce rossa illuminò il corridoio poco prima che la porta si chiudesse del tutto.
<Marinette...> sussurrò senza forze Tikki.
La ragazza sorrise al piccolo kwamii e le diede un biscotto che aveva preso dalla cucina di Chat.
<Torniamo a casa>.
Il dio quantistico si infilò nella tasca della felpa della ragazza. <Tutto bene?> le chiese.
<Sì> rispose senza convinzione lei.
La coccinella annuì solamente. Conosceva troppo bene la sua portatrice per non capire che stava mentendo. Ma pretendere spiegazioni sul motivo sarebbe stato inutile. Marinette probabilmente ci stava ancora rimuginando. Le avrebbe detto tutto a tempo debito.
La ragazza uscì nel fresco della notte e si addentrò nell'oscurità delle strade di Parigi. Anche se soprappensiero, il suo coro conosceva molto bene la via per tornare a casa. Ci giunse senza nemmeno rendersene conto.
L'insegna del negozio di suo padre le sembrò estranea. Erano passati appena venti giorni, e già si era abituata alle familiari mura della casa di Chat.
Al solo ricordare il biondo, una sensazione, a cui non riusciva a dare un nome, le strinse il cuore.
Pigiò sul campanello per distrarsi. Sua madre le aprì. Il viso di Sabine si illuminò nel riconoscerla. Gli occhi dapprima lucidi si riempirono velocemente di copiose lacrime, mentre la voce spezzata dalla contentezza cercava di chiamare il nome del marito.
Marinette venne racchiusa in un abbraccio che le tolse il fiato. L'intensità delle emozioni dei suoi genitori la investì in pieno, provocando anche in lei un pianto liberatorio.
Roger giunse da loro non molto tempo tempo, per restituire il cimelio. Volle immediatamente farsi raccontare tutto dalla ragazza.
Lei decide di rimanere sul vago, fingendo di non ricordare molto e che la prigionia fosse stata più dura rispetto al vero.
Perché lo sto proteggendo? Si chiese spesso quella notte. Ma ogni volta che tentava di allargarsi, qualcosa la bloccava. Non voleva compromettere Chat, in alcun modo.
Quando finalmente riuscì a rintanarsi sotto le coperte del suo letto, era ormai quasi l'alba.
<Marinette, tutto bene?>.
La ragazza sospirò, fissando il piccolo kwamii. No, non era per niente tutto a posto. Ma da dove avrebbe dovuto cominciare? Dal fatto che non capiva come mai avesse mentito a Roger, preservando l'incolumità del ladro? O dal fatto che l'aveva intenzionalmente lasciato scappare? O dalla sensazione di straniamento che provava da quando era tornata a casa? Oppure dalla nostalgia che avvertiva ogni volta che ripensava a lui? O forse dalle parole che le aveva rivolto il giovane ladro?
<Tutto a posto, Tikki> rispose allora la ragazza, voltandosi verso il muro.
Il kwamii sospirò rassegnata. Non era ancora il momento. Guardò la costellazione della coccinella rilucere di una sfumatura rosata fino al completo schiarimento del cielo di Parigi.
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Il Gatto e la Coccinella
FanfictionParigi è alle prese con un ladro abilissimo e di cui non si sa nulla, se non il suo nome: Chat noir. La polizia non riesce a fronteggiarlo. L' unica che sembra riuscire a tenergli testa è una supereroina arrivata da non si sa dove: Ladybug. Una ser...