Giorno 3 - Al gatto manca la sua Lady

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Chat noir
Mi svegliai a mezzogiorno passato. La notte precedente, dopo aver rubato Cuore di Pietra - un ninnolo utilizzato da una qualche tribù indigena del Nord America -, avevo atteso a lungo l'arrivo di Ladybug.
Non si era fatta vedere nemmeno quella sera. Era giá il secondo colpo a cui non si presentava.
<Plagg, secondo te ha deciso di lasciar perdere la mia cattura?> chiesi tristemente.
<Impossibile> sentenzió il kwami ingurgitando un intero pezzo di Camambert.
<Come fai ad esserne così certo?>.
<Lo so e basta. Ho finito il Camambert>.
Sospirai, restando sul letto a fissare il soffito. Vorrei tanto anch'io essere tanto sicuro come Plagg.
<Ca-ma-m-bert! Voglio altro Camambert!>.
<E va bene, ho capito!>. Uscii dalla mia camera in boxer e andai in cucina. Non notai la pentola sul fuoco e la tavola apparecchiata, né il profumino che aleggiava nella stanza.
<Camambert! Camambert! Camambert!> canticchiava il piccolo kwami nero. Non lo sopportavo quando faceva così.
Aprii il frigo e presi un'intera forma di quel formaggio puzzolente.
<Tieni!> dissi, poggiandola su un piatto. Plagg vi si fiondò sopra, tentando di abbracciare il suo amato formaggio. Mi voltai per lasciare il tutto sul tavolo e fu lì che mi accorsi dei due piatti appoggiati sullo stesso.
<Oh ca...>.
<Chat sei tu?>. La voce di Marinette mi raggiunse dalla dispensa. Mi ero completamente dimenticato di lei.
<Ehm... si?>. Mi guardai attorno in cerca di qualunque cosa potessi usare come nascondiglio.
<Plagg, ho bisogno di trasformarmi>.
<Ora sto mangiando> rispose lui annusando il formaggio.
<Plaaagg!>. Intavidi l'ombra di Marinette sulla soglia.

Marinette
Ero andata in dispensa a cercare qualcosa da cucinare. In quella casa c'era talmente tanto cibo da non sapere cosa preparare. Le materie prime erano tutte ricercate ed elaborate: tutte cose che ti aspetteresri di trovare nella casa di una persona benestante.
Delle voci e un rumore attirarono la mia attenzione. Qualcuno era entrato in cucina.
<Chat, sei tu?> chiesi, sapendo bene che non poteva essere altrimenti. Calò il silenzio. Doveva proprio essere lui e forse non era nemmeno trasformato. Quella era l'occasione giusta per scoprire la sua vera identità.
Feci per uscire dalla dispensa, ma non appena oltrepassai la soglia, venni accecata da una luce verde. Mi riparai gli occhi con le mani.
<Chat?>.
Il ladro biondo si appoggiò al ripiano e mi fece un sorriso. Si vedeva benissimo che era tutto trafelato. Alzai un sopracciglio.
<Cominciavo a pensare non saresti più uscito dalla tua stanza> scherzai, passandogli di fianco.
<Principessa, questo bel gatto non ti abbandonerebbe mai>. Alzai gli occhi al cielo. Quando ero Ladybug ero abituata a queste sue uscite, ma come Marinette mi ero ripromessa di non lasciarmi incantare. Eppure... non riuscivo proprio a odiarlo o restare arrabbiata con lui per molto tempo. Solo il ricordo dello spavento che aveva provocato nei miei genitori rinfervorava la mia ira. Serrai le mascelle.
<I miei genitori saranno preoccupati per me. Perché non mi lasci ancora andare?> gli chiesi, fingendo di non aver avuto nessun contatto con loro.
Chat mi fissò intensamente, percorrendomi dalla punta dei piedi fino alla testa e poi giù. Arrossii per l'intensitá di quello sguardo.
<Chat...>.
<Dove hai preso quei vestiti?>.
Abbassai lo sguardo e solo allora mi resi conto che Chat non sapeva nulla di quello che avevo fatto la notte prima.

- Flashback -
La notte prima, mentre Chat noir era fuori
<E adesso andiamo a cercare dei vestiti nuovi>.
Provai ad aprire tutte le porte di uella casa immensa. Niente. Come mi aveva detto Chat, erano tutte bloccate e si aprivano solo con il riconoscimento vocale. Le uniche ad essere aperte erano quelle che davano sulla cucina, sulla mia stanza e sui servizi. Sospirai. Stavo per rassegnarmi a rimanere con quei vestiti sporchi e stracciati, quando notai una porta socchiusa. La aprii lentamente, sbirciando all'interno e notai essere un'altra stanza ancora più grande di quella dove dormivo io. Accesi la luce. C'erano un pianoforte, una scrivania, un letto, un calcetto e una serie di monitor spenti. Vidi anche ina libreria carica di CD, DVD e libri. Poche foto erano appese al muro e tutte ritraevano una donna dai capelli biondi e gli occhi color smeraldo.
È la madre di Chat... mi ritrovai a pensare. I libeamenti e il colore delle iridi erano identici a quelli del ladro. Quella doveva essere la sua stanza.
Decisi di lasciar perdere la ricerca dei vestiti, per concentrarmi su quella di informazioni utili a scoprire la sua identità.
Dopo mezz'ora non ero ancora riuscita a trovare nulla. Strano non avesse nulla di personale nella propria stanza.
<Beh, in compenso ho trovato questi> mi dissi ad alta voce, sollevando un mucchio di stoffe colorate. Nel suo armadio avevo trovato dei vestiti da donna e, con qualche aggiustatina, mi sarebbero stati perfettamente.
Il mio sogno era diventare una stilista, quindi lavorare con ago e filo non era un problema. Tagliai, cucii e misurai fino a che il tutto non fu della mia taglia. Ammirai orgogliosa il mio lavoro: una gonna verde con delle zampe feline di una sfumatura più tenue e una maglietta nera a maniche corte. Anche su quest'ultima vi era una zampa di gatto verde acceso. Il tutto era completato da delle calze nere che arrivavano poco sopra il ginocchio.
<Come mai le tue creazioni sono sempre in stile Chat noir?>. Un sorriso malinconico affiorò sulle mie labbra al ricordo del commento che Tikki aveva fatto una settimana prima.
<Non lo so, forse mi piace il suo stile> sussurrai, ripetendo la risposta che le avevo dato. Mi sfiorai gli orecchini, ora neri.
<Mi manchi un sacco Tikki>.
Indossai il mio nuovo outfit e rimisi in ordine la stanza. Non volevo che Chat capisse che c'ero entrata.
-Fine Flashback-

<Non pensi mi stiano bene?> gli chiesi cercando di distendere un po' l'atmosfera.
<Dove li hai presi?> mi chiese nuovamente, serio.
<Dalla tua stanza> ammisi con un filo di voce.
<Come ti sei permessa? Non avevi il diritto di prendere questi vestiti! E modificarli poi!>. Venni sbattuta contro il frigo. Chat era a pochi centimetri dal mio viso e mi stava urlando contro.

Chat noir
<Come ti sei permessa? Non avevi il diritto di prendere questi vestiti! E di modificarli poi!>. Spinsi Marinette contro il frigo e iniziai ad urlarle contro. Non solo era entrata nella mia stanza, ma aveva anche toccato i suoi vestiti. Quelli erano un ricordo troppo importante per me. Era stata lei a crearli, come se sapesse che in futuro io sarei diventato Chat noir. Guardare la fantasia su quegli abiti me la faceva sentire ancora vicina. E ora quella ragazzina li aveva rovinati!
Marinette mi spinse via. Il viso e le orecchie in fiamme. Lo sguardo feroce.
<Se tu mi avessi dato dei vestiti tutto questo non sarebbe successo! E poi che te ne fai di vestiti da donna?>.
Rimasi qualche secondo spiazzato. In quei giorni l'avevo vista arrabbiata un sacco di volte, ma mai in quel modo. Ricordava molto... sì, sembrava proprio la mia Lady. Quella posizione con i pugni appoggiati ai fianchi... e quell'espressione...
<Erano di tua madre?> mi chiese addolcendo i toni e i tratti del volto.
<Non sono affari tuoi!> sbottai. Uscii dalla stanza, incapace di sostenere ancora il suo sguardo. Lei aveva intravisto qualcosa della mia vita che volevo tenere nascosto. Forse non era stata una buona idea dare così tanto tempo ai suoi.
Mi lanciai fuori dalle immense vetrate della mia camera. Era ancora giorno, ma avevo bisogno di distrarmi, di sbollire la rabbi e la frustrazione che avevo dentro. Avevo bisogno di vedere il volto della mia Lady. Ladybug non si era più fatta vedere e iniziava a mancarmi. Plagg l'aveva sempre detto che mi stavo innamorando della ragazza coccinella, ma solo in quel momento mi rendevo conto che aveva ragione. E come se non bastasse, Marinette le somigliava così tanto! Ogni volta che la vedevo non potevo fare a meno di pensare alla mia Lady. Chissà dove era finita...?

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