Capitolo 6 (Risvegli traumatici)

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"Cazzo Dafne, ma mi ascolti qualche volta oppure no?" Maggie, per l'ennesima volta, nell'arco di un quarto d'ora, mi risvegliò dai miei pensieri.

"Calmati." Risposi io, innervosendomi per il suo tono.

"Se tu mi ascoltassi e non ti fermassi ogni due minuti a fissare il vuoto e a pensare chissà che cosa, non risponderei in questo modo!" Mi urlò lei.

"E allora non parlarmi!" Risposi io alzandomi e uscendo dalla sua stanza.

"Ora dove credi di andare?" Esclamò seguendomi.

"A casa mia! Dove posso stare in santa pace, ciao." Risposi a denti stretti, guardandola sopra le imponenti scale di casa sua, dalla porta, prima di sbatterla dietro le mie spalle e iniziare a camminare a passo sostenuto verso casa mia.

L'odiavo quando si comportava in quel modo.

Era solo una bambina viziata. Se non aveva quello che voleva iniziava ad arrabbiarsi e a sbattere i piedi come una bambina capricciosa.

Sbuffai e da lontano vidi casa mia. Non avevo neanche il fiatone, ero fin troppo arrabbiata per pensare al polmone perso per strada.

Con pochi passi, ampi e svelti, entrai in casa, non trovando nessuno.

"Mai un'anima viva neanche in questa cazzo di casa!" Borbottai poi, sentendo solo l'eco della mia voce.

Lancia un urlo, buttando lo zaino per terra.

Odiavo quel posto, odiavo tutti.

Così, sapendo che l'unico modo per poter stare in un modo migliore sarebbe stato addormentarmi per andare da lui, da quel ragazzo strano, ma carino, lo feci, cadendo in men che non si dica in un sonno profondo.

"Li odio! Li odio tutti! Non ce la faccio più!" Esclamai per l'ennesima volta al povero ragazzo che era al mio fianco.

"Dafne, è forse la quinta volta che lo ripeti, ti ho detto che non puoi farci meglio, sono sicuro che tutto questo migliorerà. Devi solo dare tempo al tempo. Tutto qua." Mi rispose lui per l'ennesima volta, facendomi sbuffare.

"Ma come faccio? Tutti se la prendono con me solo perché ultimamente ho la testa fra le nuvole." Dissi portandomi le mani ai capelli e tirandoli appena.

Non ce la potevo fare più.

"Beh prova a stare un po' più attenta, magari." Mi consigliò lui.

Lo farei se non avessi sempre i tuoi occhi nella mia mente.

Questo era quello che volevo dirgli, ma l'unica cosa che dissi fu: "Forse hai ragione, ci proverò."

"Ecco, brava! Così ti voglio!" Mi sorrise lui.

Era tremendamente carino quando sorrideva, ho sempre invidiato le sue dolci fossette.

"La tua domanda giornaliera? Oppure dovrei tenere conto della domanda di prima?" Chiese, riferendomi alla mia piccola sclerata.

"Direi che ho il diritto di farne un'altra, quello era un consiglio." Risposi, guardandolo e facendolo annuire appena.

"Allora?" Chiese lui.

"Sono molto indecisa in realtà." Dissi, portando la mano al mento, iniziandolo a strofinarlo.

"Sono a tutt'orecchie." Disse lui, mettendomi un po' di pressione.

"Beh, ad esempio... Perché sei qui? Perché non sei con le persone che più ami?" Chiesi.

"Lo sono." Disse lui, a denti stretti, facendomi alzare un sopracciglio.

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