Capitolo 20 (Preoccupazione)

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Mi aveva baciata, mi aveva dannatamente baciata. Era questo quello che continuavo a pensare. Non riuscivo a smettere di pensare alle emozioni che provai, al subbuglio che si era creato dentro di me, allo zoo che si era formato nel mio stomaco.

Continuavo a passare l'indice sulle mie labbra, non riuscendo a credere a ciò che era accaduto. Probabilmente niente era vero, ma a me andava bene così, andava più che bene.

Tutto ciò si interruppe non appena il mio telefonino prese a squillare in modo insistente.

"Cosa vuoi Maggie?" Risposi stizzita, però continuando ad immaginare le labbra di Harry sulle mie.

"Ti sei svegliata con la luna storta?" Mi chiese, facendomi alzare gli occhi al cielo.

"No." Risposi, prima di continuare. "Mi hai chiamata." Non mi fece finire la frase.

"E fino a qui ci sarebbe arrivato chiunque." Mi prese in giro.

"Stavo dicendo, se mi hai chiamata hai bisogno di qualcosa, dimmi." Alzai per la milionesima volta gli occhi al cielo.

"Volevo sapere solo come stessi, ieri sera non eravamo messe nelle migliori delle condizioni." Disse lei, acidamente.

"Io sto benissimo." Risposi, acida anche io.

"È successo qualcosa tra te ed il belloccio?" Mi chiese.

"Sì." La mia bocca parlò prima che la mia mente potesse percepire il tutto.

"Volevo dire, no. Non è successo nulla." Mi corressi, schiaffeggiandomi mentalmente per il fatto che non potessi fare a meno di pensare ad Harry.

Harry, Harry, Harry.

Sempre e solo lui nella mia mente.

"Dafne, ultimamente sei cambiata." Disse ad un certo punto lei, con tono più serio.

"Sono sempre la stessa." Risposi, ma per l'ennesima volta, lei mi interruppe.

"No. No Dafne, non sei la stessa. Sei cambiata completamente." Disse lei, cocciuta.

"Non capisco a cosa tu voglia andare a parare." Sbuffai io.

"Cosa ti sta succedendo? Perché non mi parli più? Sono preoccupata." Rispose lei. Non avrebbe capito.

"Tu non capiresti." Ecco, in momenti come questi mi sentivo Harry. Non davo risposte. Solo in momenti come quelli riuscivo più o meno a capire il perché lui fosse sempre così riservato.

"Come puoi dire una cosa del genere? Sono sempre stata con te nei tuoi momenti peggiori, sono sempre stata con te. Come potresti mai dire che io non ti possa capire? Tu stai svalvolando. Stai letteralmente uscendo fuori di testa." Mi rispose lei, arrabbiandosi.

"Tu non capiresti." Ripetei.

"Va bene, perfetto. Vedi di farti trovare a casa quando arrivo se no ti inizio a cercare per tutta l'America. Sto arrivando." Era sempre così cocciuta.

Forse era un bene il fatto che lei sarebbe venuta, ma io all'epoca non lo credevo, non pensavo che in realtà mi avrebbe fatto male starmene zitta, o forse sapevo perfettamente già nella mia mente cosa stava per accadere e di conseguenza non volevo farlo sapere a nessuno, troppo impaurita di poter fare arrivare la fine a tutto questo in modo fin troppo precoce.

Così iniziai a farmi uno schema mentale, pensando alle cose che avrei dovuto dire e alle cose su cui avrei dovuto fare un po' più di attenzione; in qualsiasi caso mi avrebbe preso per pazza.

Iniziai a fare il conto alla rovescia, da mille, in qualche modo doveva passare il tempo e, sfortunatamente, al numero trecento settantadue lei stava già suonando insistentemente al campanello di casa mia, un rumore stridulo e fastidioso.

Il ragazzo dei sogni. Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora