"Senta, a me sembra un po' inutile continuare a venire qui." Quasi sussurrai, rivolta verso la signora Smith.
"E allora perché continui a venire? Nessuno ti obbliga." Mi rispose lei, facendomi mordere il labbro inferiore. Era sempre un punto davanti a me.
"Io..." Forse capii che effettivamente parlare con qualcuno non mi avrebbe fatto male, ma sicuramente, per lo meno, in quel momento non le avrei detto niente.
"Tu?" Chiese lei, avvicinandosi a me.
"Io non lo so, mi mette in confusione, mi smonta sempre tutte le mie teorie e questa cosa mi infastidisce e non poco." Risposi sinceramente, incrociando le braccia al petto.
"È questo quello che devo fare, aiutarti a farti capire te stessa, e a rielaborare le tue teorie." Rispose, facendomi sbuffare.
"Ora mi ha detto il suo metodo, non cadrò nella sua trappola." Dissi fiera, guardandola con un sopracciglio alzato.
"Cara, ti ho solo detto lo scopo, non ti ho mai detto né le teorie né tanto mento le tecniche che si usano." Rise di me, facendomi sbuffare per l'ennesima volta.
"Le piace così tanto vedere i suoi pazienti frustrati?" Chiesi, accavallando le gambe.
"Nah, mi piace vedere te frustrata." Rispose lei, ridacchiando.
Effettivamente non era male, a volte sapeva essere simpatica.
"Ora penso di dover andare, a breve inizia il mio turno." Dissi, prendendo le mie cose da terra.
"Va bene, ci vediamo." Rispose lei, chiudendo il suo taccuino e alzandosi.
"Certo, a presto." Le porsi la mano e subito si affrettò a stringerla. Ci salutammo e me ne uscii dal suo piccolo studio, diretta verso il bar.
Mi incamminai per le strade super affollate di New York City, diretta verso la mia meta, mentre nella mia testa mi ripetevo la tesina, dovevo ripassare, in meno di un mese avrei avuto gli esami.
Senza accorgermene arrivai davanti al bar. Dopo essere entrata mi controllai attorno, avevo paura di poter incontrare Zayn, ma allo stesso momento volevo vederlo per potergli parlare.
Salutai il padre, che era in cassa e mi diressi verso gli spogliatoi per potermi mettere la divisa.
Dopo essermi legata i capelli in una coda alta, uscii da quello spogliatoio fin troppo stretto e mi misi subito a lavoro, pronta a servire tutti.
Non facevo neanche tanto caso a chi entrava dalla porta, mi ero oramai abituata al rumore che creavano le campanelle all'aprirsi di quest'ultima. I primi giorni era molto fastidioso, ogni due secondi alzavo la testa, ma dopo poco ci feci l'abitudine.
Forse per sbaglio, forse per coincidenza, proprio quel giorno alzai il volto non appena sentii le campanelle suonare.
Zayn, quella volta in borgese, entrò all'interno del bar, forse non accorgendosi della mia presenza, dato che non appena mi vide fece dietrofront.
Dato che le circostanze lo permettevano, quindi il bar era quasi vuoto, lo seguii. Avevo paura della sua reazione, ma dovevamo parlare. Era oramai passata una settimana dal ballo e di lui neanche l'ombra.
"Zayn!" Lo chiamai, iniziando ad aumentare il passo e facendo attenzione alle persone che passavano. Stavo facendo molta fatica a stargli dietro, molto spesso la sua chioma corvina si perdeva tra tante altre, mettendomi così in confusione.
"Zayn!" Lo richiamai non appena fui abbastanza vicina, poggiandogli una mano sulla spalla.
"Dafne." Disse semplicemente, girandosi verso di me, tenendo però un tono piatto.
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Il ragazzo dei sogni.
FantasíaDafne è una ragazza qualunque, con una vita normale, ottimi voti a scuola e dei genitori amorevoli. Ma un giorno tutto cambia, una porta segreta, un ragazzo perfetto, un mondo parallelo... Sarà la realtà o solo frutto della sua immaginazione? "Fors...