41_Libero arbitrio

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Spesso, nelle notti in cui la luna brillava solo in una porzione ristretta, tale da sembrare la scure da taglio di un'alabarda, i rimorsi diventavano insopportabili e solo nella sofferenza fisica riusciva a trovare un momento di sospensione da quel male che non le concedeva tregua.

***

«Dobbiamo farle cambiare idea.» Kant riprese il discorso rendendosi subito conto, mentre pronunciava la frase, quanto essa fosse stupida.

Tikal guardò il professore, rassegnato.

«Credi sia possibile, tu la conosci quasi quanto me, credi ci ascolterebbe?»

«Lo so, hai ragione, eppure non possiamo permetterle di andarsene via in quelle condizioni, dobbiamo trovare una soluzione.»

In un altro arazzo, accanto a quello a cui si trovavano difronte, l'unicorno, fatto prigioniero, era legato a un palo in una sorta di gabbia e messo in mostra per i nobili del luogo.

Forse sarebbe stato quello il loro prossimo destino: catturati ed esibiti in qualche specie di circo per compiacere una casta di alieni eletti.

Mentre pensava e riprendeva la visita verso la sala successiva sentì il suo anello vibrare, qualcuno lo stava chiamando. Le Menti entrarono in comunicazione con lui.

«Buongiorno Torvald, è parecchio che non ci sentiamo. Di cosa avevi bisogno?»

Le Menti chiamano raramente e non hanno mai bisogno.

«Sono qui insieme a Tikal» aggiunse.

«Lo so, Tikal ci sta ascoltando» lo Chanti mosse appena la testa.

«Mi ha contattato Okonoghar poco fa. Era piuttosto preoccupato, e questo non è da lui, così ho preso in considerazione la sua richiesta. La Casa di Leona non risponde, nonostante tutti i tentavi effettuati, come se la linea di connessione fosse interrotta. Ho eseguito qualche controllo più approfondito ed effettivamente non dà alcun segno di presenza.»

«Hai sentito Leona?»

«Anche lei non risponde.»

«Grazie Torvald, andiamo subito a controllare.»

Kant diede uno sguardo rapido all'amico, poi accelerò il passo e cambiando direzione si avviò verso l'uscita dell'edificio.

Non c'erano Porte nelle vicinanze e il raggio d'azione di quella più vicina era limitato. I flandri, oltre a ricostruire il Chiostro, avevano anche deciso vi si dovesse arrivare a piedi, camminando attraverso la natura incontaminata di quel luogo.

Ma loro avevano fretta e uno accanto all'altro appena fuori dall'edificio iniziarono a correre.

I loro corpi reagirono allo sforzo come se ogni giorno fossero stati allenati e pronti per evenienze come quella.

«Cosa pensi sia accaduto?» Chiese Tikal.

«Ma non era con te ieri notte?»

«No, abbiamo avuto una discussione e Ona mi ha cacciato fuori di casa. Ho passato la notte in uno degli appartamenti di accoglienza.»

Kant non riuscì a nascondere il proprio disappunto: aveva affidato Leona a Tikal e lui l'aveva lasciata da sola.

«Da Leona, in quelle condizioni, mi aspetto di tutto, tuttavia la sua Casa è impensabile rimanga muta alle richieste di collegamento, qualcosa è accaduto.»

Tikal non fece alcun commento, ben conscio dell'errore compiuto. Il Professore si era fidato di lui, gli aveva chiesto solo di vegliare su di lei, di non abbandonarla a sé stessa e al male da cui era tormentata. Quel silenzio non preannunciava niente di buono e l'angoscia li stava già divorando, se le fosse accaduto qualcosa non se lo sarebbe perdonato.

Una luce fra le stelleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora