"È meglio passare un periodo nel peggiore degli alberghi che in una lussuosa clinica."
Anonimo
Dillon, Montana, 2018
Ne avevano passati tre di hotel, prima che il sole calasse, e nessuno era disponibile. Fino a quando si fermarono di fronte ad un motel che definire "fatiscente" era perfino un complimento.
L'insegna, come in un vecchio film splatter che si rispetti, era al neon rossa, un po' tremolante e mancante delle vocali "o" ed "e".
L'edificio principale, su un piano, sembrava fosse stato ristrutturato per l'ultima volta quando l'uomo era stato sulla luna.
La piccola casupola, che cercava di riprendere lo stesso stile dell'altro, sembrava invece in procinto di crollare e la scritta "reception" fatta sopra la porta con il pennarello rosso non rassicurava affatto.
Nick osservò, ancora seduto sul sedile del passeggero, entrambe le strutture. Scettico, titubante e anche un po' preoccupato, non aveva il coraggio di guardare in faccia Bridget.
Il piazzale, adibito a parcheggio, era praticamente vuoto eccetto la loro macchina e un gruppo di moto appartenenti probabilmente ad un club di centauri.
«Possiamo cercarne un altro», a primo impatto sembrava volesse confortare Bridget ma entrambi sapevano che non era lei quella che si faceva troppi problemi.
«Abbiamo soggiornato in posti peggiori, Nick. E poi non credo ci siano altri alberghi da queste parti», non lo lasciò neanche cercare di obiettare, ormai aveva già aperto la portiera e stava uscendo, sotto lo sguardo allibito di Nick.
«È vero, ma eravamo giovani», borbottò, senza però essere sentito, mentre la raggiungeva fuori dalla macchina.
Bridget si era ormai avvicinata alla reception e stava per entrare, perciò Nick non ebbe altra scelta.
All'interno della catapecchia c'era un certo tanfo, un misto tra muffa, lerciume e paprika. Un piccolo sciame di mosche volava intorno vicino all'unico mobile presente all'interno, una scrivania che faticava perfino a restare in piedi.
Alle pareti vecchie foto di paesaggi del Montana che avrebbero dovuto far sentire il visitatore un po' più a casa.
Ma a rovinare ulteriormente l'atmosfera, già resa poco romantica dalla struttura, era l'uomo che sedeva dall'altra parte della scrivania.
Grasso, pelato e con indosso una maglietta macchiata che raffigurava una spiaggia di Miami, fissava inebetito un televisore, in un canale sul quale stavano trasmettendo una telenovella latina.
Neanche aveva notato di avere nuovi clienti e fu Bridget ad attirare la sua attenzione, schiarendosi la voce ed annunciando, fin troppo fiduciosa: «Buonasera».
In risposta l'uomo fissò entrambi per qualche istante, quanto bastò a Nick per sentirsi quasi disgustato alla vista di quell'essere. Completamente sudato, grondava da ogni dove ed era circondato da briciole e residui di cibo.
Non disse nulla, anzi, tornò a guardare il suo avvincente telefilm, come se non fosse per niente interessato.
«Volevamo prendere due camere per la notte», disse Bridget, non perdendosi d'animo, mentre Nick aggiungeva: «Preferibilmente adiacenti... due camere adiacenti».
Non si sentiva abbastanza sicuro a dormire la notte in quella bettola, almeno voleva sapere che la sua ex moglie era abbastanza vicina da poterla sentire in caso di emergenza.
E subito dopo aver pronunciato la sua richiesta, rimase a riflettere e a sperare che l'energumeno tutto grasso e niente muscoli conoscesse il significato della parola "adiacente".
Ancora una volta il receptionist non li guardò neanche, allungò il suo braccio grasso e pesante verso la parete accanto a lui e, continuando a guardare lo schermo, prese due chiavi e le pose sul tavolo.
«55 dollari a notte», furono le sue prime, ed uniche parole, bofonchiate quasi in tono scocciato. Come se fosse lui a fare un favore a loro, permettendogli di dormire in quel posto.
Nick sorvolò sul fatto che quel motel non valeva neanche uno dei suoi dollari ed uscì dalla casupola prima di tirare un pugno all'uomo maleducato.
Stava per obiettare che non voleva assolutamente restare lì e pagare un prezzo così alto, quando Bridget lo raggiunse, gli diede una pacca sul petto e asserì: «Beh, poteva andarci peggio».
Tirò su la mano e sventolò di fronte al viso di Nick le due chiavi che gli erano state date. Vecchie e arrugginite, avevano anche un piccolo portachiavi così consunto e rovinato che era impossibile stabilire con esattezza che cosa fosse. Solo i numeri delle stanze erano ben visibili.
Quasi con rabbia, Nick le strappò dalla mano una delle due e si diresse a falcate decise e rabbiose verso il prefabbricato.
Non riusciva neanche a decidere cosa in particolare lo avesse innervosito così tanto, sapeva solo che desiderava andare a letto e superare quella prima, assurda, giornata di viaggio.
Bridget lo seguì a qualche passo di distanza e, conoscendolo abbastanza bene, decise di non aprire più bocca. Era ovvio che voleva essere lasciato in pace, perciò non insistette.
Si chiuse nella sua camera da letto e rimase lì, seduta sul letto, per ore. Osservò, quasi assorta, l'arredamento minimalista e più simile ad un rudere, che probabilmente arredava la sua camera da almeno quarant'anni.
Il letto scricchiolava, la moquette non veniva cambiata da forse un decennio, e alla parete le stesse foto paesaggistiche della reception.
Così immobile e in silenzio, riuscì perfino a sentire parte della conversazione di Nick con la sua fidanzata. Non tutte le parole, certo, ma abbastanza da capire che non le fece parola del suo improvviso nervosismo.
Anzi, le parve quasi molto più tranquillo. Tanto che, dopo aver riattaccato con Laura, bussò alla sua porta.
Lei contò fino a cinque - non poteva non ammettere che si aspettava una sua visita - ed andò ad aprirgli con un sorriso sincero e rassicurante.
«Hai fame?»
«Non molta in realtà»
«Forse perché ti sei riempita lo stomaco con tutte quelle schifezze», l'accusò, quasi fosse suo padre, ma lo fece con un sorriso che lasciava intendere fosse divertito dal suo comportamento bambinesco.
In risposta Bridget spalancò la porta e si fece da parte per lasciarlo entrare. Un invito plateale, senza bisogno di dire nulla.
Vide palesemente la sua incertezza nello sguardo. Quel breve lasso di tempo nel quale Nick si chiese se fosse opportuno o no addentrarsi in quella stanza.
Pensò a Laura, sicuramente, ma pensò anche a Bridget e a tutto quello che c'era stato fra di loro.
E anche se lei sapeva che quella notte non sarebbe successo niente di sconvolgente, provò una certa sensazione di vittoria quando lui sospiro e fece un passo avanti, verso di lei.
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Let her go
RomanceA volte perdere una persona amata può unire ancora di più due anime affini, ma altre volte invece rende la separazione necessaria. E' quello che hanno scoperto, sulla loro pelle, Bridget e Nick. Hanno tentato di superare il dolore, insieme, ma le l...