Capitolo 44

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"Un dolore condiviso è un dolore dimezzato. Una gioia condivisa è una gioia raddoppiata".

Proverbio

Spokane, Washington, 2004, un anno e quattro mesi dalla scomparsa di Lily.

La neve aveva ricoperto tutto, per la seconda volta da quando avevano perso la figlia.

Il secondo natale si stavano avvicinando e sia Nick che Bridget erano più depressi che mai.

In quel periodo sentivano la sua mancanza più degli altri giorni. Come la ricorrenza del suo compleanno.

Con una scusa Tom era riuscito a convincere suo figlio ad uscire.

Ormai lo faceva solo per andare a lavoro. Si sforzava di alzarsi la mattina e arrivare puntuale al suo turno.

Ma il padre lo vedeva, che stava affondando ogni giorno di più.

Lo capiva dal suo sguardo, spento e disattento, come se fosse su un altro pianeta.

Lo percepiva dalla sua reazione, quasi inesistente, al resto del mondo. Come se nulla avesse più importanza.

E non gli era neanche sfuggito il forte odore di menta che tentata di mascherare quello ancora più forte dell'alcool.

Si stava allontanando dalla realtà, e Tom non poteva permetterlo.

Aveva già perso una nipote, non poteva perdere anche un figlio.

«Pensavo andassimo al pub?», gli chiese lui, dopo che ebbe parcheggiato di fronte ad un edificio in periferia, un po' nascosto e vecchio.

Nessuna insegna annunciava la presenza di un locale e per questo era molto confuso.

Tom si voltò a fissarlo, scusandosi con un sorriso malinconico: «Non saresti venuto, se ti avessi detto la verità».

Sul volto del figlio comparve un'espressione interrogativa. Ma ancora prima che potesse fare qualsiasi domanda, scorse un volantino sul muro del palazzo.

Capì immediatamente perché erano lì, ed iniziò a scuotere la testa ancor prima che il padre potesse aprire bocca.

«Perchè mi hai portato qui?».

«Avrei voluto portarci anche Bridget, ma lei è ancora nella fase di negazione e non le avrebbe fatto bene. Tu, invece, ne hai bisogno...»

«Non hai idea di cosa io abbia bisogno», lo redarguì Nick, furioso, come se il padre non avesse alcun diritto a parlargli in quel modo.

Lo faceva per il suo bene, ma Nick non voleva vederlo.

«Io non ci entro», aggiunse deciso come un bambino cocciuto. Mise perfino le braccia conserte e lo fissò come a volerlo sfidare.

A Tom sembrò quasi di rivedere quel bambino di otto anni che non voleva andare dal dentista e che lo fissava da fuori la macchina con sguardo ostinato.

Di tempo ne era passato, ma alcune cose erano sempre uguali.

«Bé, io ci andrò... Perché, sai, anche io ho perso Lily», le sue parole li uscirono con un tono fin troppo duro ma ebbe il risultato che sperava.

Nick lo fissò quasi a sconcertato. Sembrava che solo in quel momento si fosse reso conto che non era l'unico a soffrire. Che non era l'unico in lutto.

Tom lo guardò per qualche istante, aspettandosi una sua reazione. Ma il figlio rimase a osservarlo.

Così fece per aprire la portiera della macchina, in procinto di uscire e lasciarlo da solo.

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