mi sento una persona terribile per aver scritto ciò.
jimin, perdonami, ti amo sappilo, spero di averti allungato la vita AHAH piango addio
(dato che il capitolo non è abbastanza triste per i miei gusti, vi consiglio di leggerlo ascoltando spring day, let go e crystal snow così come ho fatto anche io)
Era una sera tranquilla.
Il cielo limpido era costellato da piccoli puntini luminosi e la luna splendeva più del solito sui volti dei due ragazzi innamorati. L'acqua marina tiepida bagnava le loro gambe fin sotto le ginocchia, donando loro una dolce freschezza sulla pelle. Entrambi guardavano l'orizzonte di fronte a loro, una linea indistinguibile tra il nero del cielo e quello del mare, con dei riflessi bianchi sull'immensa distesa d'acqua.
Jimin aveva le mani infilate nelle tasche dei suoi pantaloncini, le labbra distese in un sorriso che emanava serenità e gli occhi sembravano due mezze lune rubate al cielo. Jimin pensò di non essersi mai sentito meglio di quel momento. Tutto ciò che aveva intorno a sé, sembrava urlare calma. Inclinò leggermente il capo di lato per avere una migliore visuale della sua ragazza. Il sorriso non gli sparì dalle labbra.
"Ti amo," disse poi, con la voce che scivolò dalle sue labbra come le goccioline d'acqua sulla loro pelle, lenta e dolce.
Jennie, presa alla sprovvista, sobbalzò, creando delle piccole onde intorno al proprio corpo, sulla superficie del mare. Abbassò lo sguardo, arrossendo leggermente, nonostante fosse abituata a sentire quelle parole da Jimin.
"Dovresti dire 'anch'io, mio caro amato'", la stuzzicò, tirando fuori una mano dalla tasca e con il rispettivo braccio andò a cingere la vita della ragazza, avvicinandola a se. Lasciò un bacio sulla sua tempia, tra i capelli che profumavano di shampoo alle ciliegie. Jennie alzò gli occhi al cielo, non riuscendo però a nascondere un sorriso divertito. Si fece piccola piccola vicino al suo ragazzo, godendosi quegli ultimi attimi di pace prima della partenza per il ritorno a casa.
Le valigie erano già pronte, sistemate in auto. Mancavano solo loro due. Dopo essersi asciugati ed aver indossato le scarpe, si diressero in macchina.
"È stato bellissimo. Non vedo l'ora di vivere così tutti i giorni," ridacchiò Jennie, più per la felicità e l'entusiasmo per quel pensiero. Allacciò la cintura, si mise comoda, e dopo un paio di minuti partirono. Jimin aveva scelto di tornare a casa di sera tardi, così per strada non ci sarebbe stato nessuno, avrebbero evitato il traffico e il tragitto sarebbe stato più tranquillo. Ed infatti, non si sbagliò.
Avevano inserito il cd del loro gruppo preferito in sottofondo e canticchiarono le prime canzoni, scambiando di tanto in tanto qualche parola che faceva sorridere entrambi; ad un certo punto calò il silenzio. Non un silenzio fastidioso, pesante; un silenzio rilassante, l'assolo di chitarra accompagnava il tutto. Jennie stava ripercorrendo con la mente i momenti vissuti durante quel fine settimana, i baci scambiati e i risvegli accanto al suo ragazzo. Un sorriso si fece spontaneamente spazio sulle sue labbra. Si voltò per guardare Jimin, che concentrato guidava e guardava la strada, avendo però anche lui un'espressione rilassata.
Era così bello. Le labbra rosee premute tra di loro per la concentrazione, il piccolo naso schiacciato e dritto sembrava chiedere di lasciarvi un piccolo bacio sulla punta. Ma la cosa più bella, quella per la quale Jennie sarebbe morta ogni volta, erano i suoi occhi. Sottili, ma allo stesso tempo grandi. La parte superiore coperta da alcune ciocche di capelli. Erano dolci come quelli di un cucciolo dell'animale più carino della terra, allo stesso tempo erano intensi e magnetici e le fecero venire i brividi lungo tutta la spina dorsale.
Quegli stessi occhi, ad un certo punto, si spalancarono in un'espressione di terrore. Jennie aggrottò la fronte, poi seguì lo sguardo del suo ragazzo, che portava alle sue spalle, e solo in quel momento capì perché Jimin fu preso da una tale paura. Un'auto a tutta velocità era uscita da chissà quale punto della strada ed era diretta proprio verso il sedile di Jennie. A questo punto anche i suoi occhi si spalancarono e quello che seguì accadde tutto in un breve attimo.
Troppo tardi per cambiare direzione e salvare entrambi, Jimin capì che l'unica soluzione possibile per non far del male ad almeno uno dei due, era quella di fare da scudo alla sua ragazza. Stracciò via la cintura e si racchiuse con tutto il busto attorno a quello di Jennie, con le braccia che la stringevano forte. Forse anche lui sapeva che quella sarebbe stata l'ultima volta.
Si guardarono negli occhi l'istante preciso in cui l'auto dell'uomo pazzo andò a finire dritta nella loro.
"Ti amo Jimin, ti amo." Furono le ultime parole che Jimin sentì e le ultime che Jennie poté dedicargli. Sperò con tutto il cuore che gli fossero arrivate, che sapesse che lo amava, anche se poco tempo prima, ancora in spiaggia, non gli aveva risposto. Si guardarono come si guarda la cosa più preziosa della terra, seguì un urlo di terrore per l'urto e lo scoppio del motore dell'auto e poi nessuno vide più nulla.
Il buio più totale calò sui loro corpi inermi.
Jimin? Jimin, dove sei? Jimin perché non ti vedo? Dove ti hanno portato? È tutto bianco qui, vedo tante persone, ma non vedo te. Non capisco nulla, mi brucia la pelle e mi scoppia la testa. Mi sento come se la stessero scuotendo e il cranio stesse scontrando ogni parete in balia del movimento, recando con se un dolore atroce. Jimin, dove sei? Non ti vedo ancora. Perché non sei qui? Sei in un'altra stanza? Sei a casa sano e salvo? Ti prego, aspettami. Ti raggiungerò. Aspettami seduto ai piedi del letto, non ti muovere, sto arrivando.
"Jimin?"
Perché mia madre mi guarda così? Perché ha le lacrime agli occhi?
"Mi dispiace Jennie, mi dispiace così tanto."
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Amnesia; p.jm
FanfictionQuando si staccarono, con il fiato corto, i visi arrossati e gli occhi che luccicavano, si guardarono intensamente e Jennie capì quale piega avrebbe preso la sua vita da quel momento in poi. "Voglio realizzare il libro, si chiamerà Amnesia."