Capitolo 6: Una vita da dividere.

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Emma era così contenta. Finalmente si era svegliato. Istintivamente lo abbracciò.
Il capitano esitò per un attimo, ma poi ricambiò l'abbraccio.
Rimasero in quella posizione per qualche minuto.
Uncino sorrise, ma non lo diede a vedere.
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"Uncino, hai la febbre, non potrai uscire da qui finchè non sarai guarito!" Esclamò Emma mettendosi le mani sui fianchi.
"Avevo promesso a Spugna e alla mia ciurma una giornata libera." Rispose.
"La avranno, ma tu rimarrai qui! È un ordine!" Esclamò la bionda con un tono autoritario.
"Nessuno dà ordini al capitano." Rispose secco.
"È così che la metti, quindi?"
Prese la chive della porta e se la richiuse alle spalle.
Andò da Spugna e, con discrezione, disse che il capitano stava poco bene, omettendo però alcuni dettagli.
Tornò dal capitano.
"Eccomi qui, sono già scesi tutti. Siamo fermi al porto."
"Sembri mia madre, perchè ti preoccupi così tanto?" Domandò incredulo il capitano.
"Non lo so, forse perchè mi hai accolta sulla tua nave senza neanche sapere chi fossi. Però, se ti infastidice, smetto."
"Non mi infastidisce, tesoro."
"Va bene, quindi... come passiamo il tempo?"
"Beh, mentre dormivo, mi raccontavi della tua infanzia. Avrei una domanda da farti." Lasciò la frase in sospeso.
"Dimmi tutto." Disse con un tono gentile.
"Perchè non sei scappata prima?"
Emma non sapeva come rispondere a quella domanda. Ci pensò un po'.
"Perché non ne ho mai avuto il coraggio." Ammise più a sè stessa che a Uncino.
"E invece perchè sei rimasta qui? Avresti potuto andare via senza problemi."
Quel giorno sembrava che Uncino volesse proprio metterla in difficoltà. Così decise di rispondere come avrebbe fatto sua madre.
"Era la cosa giusta da fare." Disse.
"Quindi anche abbracciarmi era la cosa giusta da fare? Chiese con arroganza.
"Sei proprio presuntuoso!" Arrossì. "Se ti avesse dato fastidio, ti saresti tirato indietro." Ribattè.
"I segni d'affetto da parte di una donna non si rifiutano mai!" Esclamò con un sorrisetto impertinente.
"Il mio non era affatto un segno d'affetto! Ti conosco da tre giorni." Si giustificò.
"Va bene, va bene." Disse alzando le braccia.
Si mise a sedere sul letto e iniziò a sbottonarsi la camicia.
"Uncino cosa stai facendo?" Deglutì nervosa.
"Non hai mai visto un uomo togliersi la camicia?"
Incrociò le braccia. "Pff, certo, un sacco di volte!" Mentì.
"Perfetto, aggiungine un altro alla lista." Così dicendo si tolse la camicia.
Emma rimase pietrificata.
Certo, dalla camicia, erano più o meno visibili le spalle e il fisico slanciato del capitano. Ma vederlo così: era tutta un'altra cosa.
Iniziò a pensare a come sarebbe stato essere padrona della sua vita, o meglio padrona di una vita di cui il suo capitano facesse parte. Una vita da dividere. Con lui. Cercò di non arrossire al pensiero.
Finchè non si rese conto di ciò che aveva immaginato e scosse la testa, come se si vergognasse. Come se qualcuno l'avesse sentita.
"Tutto bene, Swan?" Domandò perplesso il pirata.
"Ehm, sì, benissimo." Disse cercando di non incontare il suo sguardo.
Uncino prese un'altra camicia dal suo armadio e la indossò.
Finalmente Emma poteva tornare a pensare con lucidità.
Sospirò sollevata.
Nel silenzio, si sentirono delle urla, delle risate: la ciurma era di ritorno.

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