Capitolo 14: Come un uccellino in gabbia.

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Emma era appena arrivata a palazzo e giá voleva andare via.
Era in quella che, prima della Jolly Roger, considerava camera sua. Il suo rifugio. Tuttavia questa volta era diverso: sentiva che le pareti l'avrebbero schiacciata da un momento all'altro.

Con gli occhi gonfi di lacrime pensava alla discussione avuta con i sovrani solo poche ore prima.

"Tu devi sposare il principe Jonathan, non importa ciò che pensi, prima o poi imparerai a conoscerlo e amarlo!"
Questo era l'ordine che le fu impartito quella mattina dal re e dalla regina.

Emma non pensava che i suoi genitori potessero mai arrivare a preferire la ricchezza del regno al vero amore. Non poteva essere così.
Riusciva solo a pensare a quanto era bello il sapore della libertà.

Pensava a come, prima di Killian, non avesse mai camminato tra la gente, visitato tanti posti, visto il mare. Non si fosse mai innamorata. Perché era innamorata. Lo era davvero. E non sapeva cosa fare.

Voleva scappare, ma non poteva. Ormai, la porta della sua stanza era sorvegliata e non poteva neanche legare le lenzuola per creare una corda perchè avevano previsto anche quello: era in trappola.

Le mancava tutto delle avventure vissute in quei tre mesi.

I suoi genitori non facevano proprio caso a quanto la loro principessa fosse sofferente, tuttavia le imponevano di indossare il suo più bel sorriso ogni qual volta arrivava un ospite.
Come se il suo più bel sorriso fosse un accessorio.
Quei sorrisi belli da vedere che riservava a tutti erano così finti ma, allo stesso tempo, così ammalianti che tutti credevano che la principessa fosse un esempio di coraggio.

Un esempio di coraggio.
Non capiva perchè tutti le dicevano questo.

Mentre pensava a quelle parole, venne interrotta dalla madre.

"Emma, cara, devi darti una sistemata a trucco e capelli e cambiare il vestito: abbiamo il conte Seller in visita. Vuole vederti." Esordì la regina mantenendo una postura perfetta.
"Certo. Arrivo. Aspettami in corridoio." Rispose la principessa rivolgendo uno dei suoi migliori finti sorrisi alla madre.

Solo così, quest'ultima, uscì chiudendosi la porta alle spalle.

Ci mise un po' di tempo per darsi una sistemata.
Indossò un semplice abito color pesca e si acconciò i capelli con una treccia che le ricadeva sulla spalla destra, quella che a Killian piaceva tanto.

Poi uscì.

Sua madre la guardò. "Sciogli i capelli, così sembri una paesana. Devi fare una buona impressione."
"Non la sciolgo, a Ki... a me piace molto." Rispose, seccata.

Arrivate alla sala del trono, Emma e sua madre s'inchinarono di fronte al conte per salutarlo e lui fece lo stesso e baciò la mano di Emma.
La ritrasse subito.

Si sedette sul trono che si trovava al centro tra quelli dei suoi genitori.

"Principessa Emma, vostra altezza, siete sempre più bella e, nonostante il rapimento, sembrate veramente raggiante. Nessuno avrebbe avuto la forza di rimettersi in piedi in così poco tempo." Esordì il conte.

"Rapimento?" Si alzò bruscamente dal trono e guardò i suoi genitori con gli occhi colmi di disprezzo e il sorriso morì sul suo volto indignato. "Conte Seller, è stato un piacere conoscerla." Si limitò a dire e, senza voltarsi indietro, corse nella sua stanza e ci si chiuse dentro.

Il castello era costruito in pietra, almeno all'esterno quindi era insespugnabile, ma lei sentiva dei rumori strani come dei picchettii che si facevano sempre più forti.
Magari era un ladro, avrebbe dovuto chiamare aiuto ma non voleva. Magari l'avrebbe veramente rapita.

Quando si avvicinò alla finestra, con sua sorpresa e felicità, notò Killian che entrava.

"Killian." Sussurrò mentre delle lacrime iniziarono a graffiarle le guance.
Si gettò tra le sue braccia.

"Emma, sono qui adesso, non piangere. Sono qui." Sussurrò lui mentre, per calmarla le accarezzava la schiena.

La principessa alzò la testa e lo guardò negli occhi.
Il capitano non riusciva a vederla in quello stato. Sembrava davvero infelice.

Le asciugò le lacrime col pollice.

Emma gli prese la mano e la intrecciò alla sua.

"Mi manchi, ma..."

Non poté continuare la frase che Killian la sorprese con un bacio.

"Anche tu mi manchi. Manchi a tutti. Anche a Spugna." Disse il capitano mentre le accarezzava la guancia.

Emma rise. "Davvero? Anche lui mi manca." Gli sorrise.

Non riuscì a dirgli che avrebbe dovuto sposare un principe a breve.
Non ci riuscì. Doveva cercare quindi un modo per far
sì che si allontanasse da lei volontariamente.

"Veniamo alle cose importanti" disse il capitano mentre si sedeva sul letto. "Perchè piangevi?" Domandò invitandola a sedersi accanto a lui.
Emma si sedette. "Ho visto dei vecchi dipinti in cui era presente anche mia nonna e mi sono commossa." Mentì.
"Mi dispiace." Le mise un braccio attorno al collo.
"Tu invece come hai fatto ad evitare le guardie?" Disse mentre appoggiava la testa sulla spalla del suo capitano.
"Sono pur sempre un pirata." Disse altezzoso.

Emma rimase seria e si alzò.

"Killian, non posso mentirti. Non ce la faccio. Tra due giorni compirò vent'anni e..." Non riuscì a concludere la frase.

"E cosa?" Chiese Killian preoccupato.

"E dovrò sposare un principe. A quanto pare sono promessa a lui da quando sono venuta al mondo." Disse, ma non riuscì a guardarlo negli occhi.

"Non è vero. Mi prendi in giro, vero?" Domandò nervoso.

Non rispose.

"Quindi stai per sposarti." Scattò in piedi. "Tu non puoi sposare questo principe!" Esclamò irritato.

"Io devo farlo e non posso non farlo." Rispose sconfitta.

"No, non puoi, perchè io ti amo." Disse tutto d'un fiato.
Emma, dopo aver udito quelle parole, perse un battito.
Non riuscì a dirgli che lei non provava lo stesso.
"Anche io ti amo, Killian." Ammise.
"Emma, so che questa vita é piena di agi e che, se sposerai quel principe, sicuramente vivrai di oro e gioielli ma io sono egoista quindi non te lo permetterò, a meno che tu non voglia: in quel caso me ne andrò. In caso contrario: ti porterò via da qui." Le promise.
"Non voglio l'oro, nè il lusso. Io voglio te." Disse Emma.
"Bene allora, ci vediamo domani." Le si avvicinò per baciarla.
"No, resta con me." Ordinò.
"Ma potrebbe entrare qualcuno." Obiettò Killian.
Emma si allontanò da lui e chiuse la porta lasciando cadere la chiave dentro il corsetto.
"Adesso tocca a te: vai o resti?" Chiese anche se già sapeva la risposta.
"Resto." Rispose.

Dopo qualche ora, Emma si alzò dal letto e indossò la camicia di Killian e, con sua sorpresa, notò che la chiave era incastrata in uno dei nastri del corsetto.
Finalmente andò a dormire con il sorriso sulle labbra, ormai gonfie a causa dei baci che il suo pirata le aveva riservato.

Quella notte, avendo il suo capitano accanto, sentiva che le pareti non la stavano più opprimendo.
In quei giorni a palazzo, si era paragonata ad un uccellino in gabbia così chiusa da far fatica a respirare, ora, invece, sentiva di essere vicina alla libertà: come se dovesse solo imparare a volare per uscire da lì.




















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Heilà, scusate gli eventuali errori, ma sto morendo di sonno.
Comunque, secondo voi cosa succederà?
Secondo voi riusciranno a trovare un modo per stare insieme alla luce del sole o finirà tutto in tragedia?

Simply complicated.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora