Flirt

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Quella mattinata afosa servì a Chester per farsi un amico. Il primo mai avuto, se proprio vogliamo dirla tutta. Avendo dovuto viaggiare in lungo e in largo per l'America, il ragazzo non aveva mai avuto l'occasione di farsi un amico. Non poteva. Ad un certo punto si era anche convinto di non averne bisogno. Però, adesso che conosceva Franklin era tutto diverso e da lì cominciarono a frequentarsi per qualche settimana. Ogni tanto anche Lamar si univa al duo, trovando l'humor schietto del ragazzo alquanto spassoso. Tutti e tre andavano in giro per sale giochi, negozi di musica, supermercati e nelle notti folli, anche negli strip-club che da sobrio, Chester diceva tanto di non sopportare. Ma tornando al giorno in cui Chester approfondì la conoscenza di Franklin, in contemporanea, dall'altra parte di L.S., Chelsea era sul punto di fare la medesima cosa con il re del narcotraffico del deserto, Trevor Philips.

Chelsea era da sola in casa e aveva approfittato della calda giornata di sole per uscire e stendere i panni appena lavati. Si era fatta montare dal fratello una corda abbastanza in basso, così che i panni non toccassero terra e che lei riuscisse ad arrivare alle suddette corde senza sforzi. Il vento era nullo e il sole alto nel cielo. Una volta finito di stendere i panni, la ragazza si mise la bacinella in testa per proteggersi dai raggi del sole che l'avrebbero resa uno snack alla paprika, data la sua pelle sensibile. Non fece in tempo a voltarsi che un pick-up mezzo ammaccato e arrugginito le sfrecciò alle spalle, alzando una gran quantità di polvere e schiantandosi direttamente nel palo telefonico accanto alla casa. Chelsea lasciò cadere la bacinella, ma riconobbe quel mezzo perché il proprietario le faceva spesso visita in quegli ultimi tempi. Dal camioncino balzò fuori Trevor, miracolosamente illeso con in mano un mazzo di fiori sgargianti.

«Chelsy Chelsy Chelsy!» l'uomo acclamò la ragazza da lontano a braccia aperte e con un grosso sorriso eccitato sul volto. Lei non aveva paura di quell'uomo, neanche quando era da sola. I suoi regali erano... particolari, come già detto in precedenza. I fiori erano graditi più dei cadaveri degli animali, o del suo puzzo intercettabile a metri di distanza. Lui si avvicinò per abbracciarla, ma lei prese alla svelta la bacinella per metterla tra di loro e impedirgli così di portare a compimento quel gesto.  Trevor ci restò male, certo, ma quasi come a voler proporre uno scambio, piazzò i fiori sotto lo sguardo della giovane. Stavolta erano primule, colorate e in contrasto con l'olezzo di sudore e sangue dell'uomo. Le scorse volte le aveva portato delle calle e altro tempo prima delle genziane. Ancora non aveva capito se si impegnava nella composizione o chiedeva al fioraio di fare a "piacere suo". Forse non le importava quel dettaglio, perché pensava di più al fatto che un uomo non le avesse mai regalato dei fiori. Non come faceva il signor Philips almeno.

«Dai pasticcino, li ho presi per te!» Trevor insistette, avvicinando il mazzo di fiori a Chelsea. Anche quei nomignoli erano inusuali, ma da quanto aveva sentito, si rivolgeva così a qualsiasi donna che gli interessasse. Solo una donna era fin'ora riuscita a far breccia nel suo cuore, la moglie di un noto mafioso messicano. Non si era mai addentrata nei particolari ma da quanto aveva capito, per lui era una storia seria messa a tacere per il voto nuziale imposto alla donna da lui amata. Chelsea si vide costretta a lasciar andare la bacinella ed afferrare il mazzo di fiori, non riuscendo a trattenere un grosso sorriso che andò a nascondere tra i fiori, inspirandone così anche il profumo. 

«Grazie...» era la prima volta che lo ringraziava di persona, visto che le scorse volte era Chester ad andare ad aprire la porta per poi mandarlo via a suon di bestemmie. Trevor gonfiò il petto, fiero di aver udito quella parolina da lui tanto ricercata. 

«Allora dolcezza, che fai stasera?» ovviamente. Figuriamoci se uno come Trevor se ne stava lì su due piedi a corteggiare passo dopo passo una donna. Avrà anche fatto una domanda cliché, ma lui nella sua testa aveva già in mente di portarsela alla rulotte per fare tante cose che solo lui era stato fin'ora capace di immaginare. Non sapeva perché, ma quella ragazzetta alta un metro e mezzo scarsi, con gli occhiali da nerd hipster e i capelli a maschiaccio lo attizzava. Era ben diversa dal genere di donne sul quale fantasticava... mature, se vogliamo essere riassuntivi. Qualcosa in quella mocciosa scalza gli diceva che valeva la pena provarci.

Chelsea reagì ridendo, nascondendo il viso nei fiori «Niente di particolare... se è un appuntamento quello che vuoi, a me sta bene» disse con ancora il viso tra i petali, poi lo scoprì, rivelando la sua espressione seria e impassibile «Ma sappi che se farai anche una cosa che non mi starà bene o mi sfiorerai anche solo con un dito, passerai l'ultimo peggior quarto d'ora della tua vita». Quando voleva, la ragazza sapeva farsi valere e saper spaventare. Con la gente normale di solito funzionava alla grande, ma con Trevor... era come buttare benzina sul fuoco. L'uomo spalancò ancora le braccia, quasi fosse una provocazione «Ai suoi ordini, mia signora». Non sapeva se avrebbe fatto davvero il "bravo ragazzo", ma preferiva non pensarci e lasciar scorrere la cosa e prenderla così per come sarebbe venuta. Era consapevole della pericolosità di entrambi i Fairchild e l'ultima cosa che voleva era mettersi contro entrambi i giovani sconosciuti. 

«Signora? Preferisco 'my lady', sir» corresse lei, notando gli occhi alzati al cielo di Trevor. Era difficile da capire e manovrare uno come quello. Prima tutto pimpante e allegro, poi scocciato e burbero. Lei voleva provarci e sentiva di non avere nulla da temere... così azzardò qualcosa. Mosse un passo verso di lui, il quale, sorpreso, rimase immobile e con un sorriso stampato in faccia. Chelsea strappò un fiore dal mazzo e rigirandoselo tra le dita disse «Ma se farai il bravo, chissà, magari un giorno ti permetterò anche di chiamarmi 'padrona'» senza preavviso la ragazza ficcò quel tenero fiorellino nella bocca di Trevor, alzandosi sulle punte. L'uomo per qualche ragione era rimasto immobile, con la bocca spalancata come un merluzzo. Rimase a quel modo fino a quando la ragazza, dopo essersi avvicinata alla fossa dove c'erano le carcasse dei giorni scorsi e i mazzi di fiori appassiti, lanciò in essa anche il mazzo di primule. La porta del retro si chiuse con un tonfo cancellando dalla scena la figura di lei e quel suono crudele risuonò nel petto di Trevor. 

Ormai era fatta. Chelsea aveva lanciato l'amo e Trevor aveva abboccato. A galla stava salendo un'unica cosa ed era l'infatuazione... be', ad essere onesti erano due cose. L'altra era nei pantaloni del signor Philips.

L'aveva detto che la sua pistola era sempre alzata per lei o no?

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