Uniti, nonostante tutto

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Dopo quel siparietto calò il silenzio nel gruppetto. Chelsea aveva continuato a versare lacrime stretta al petto di Trevor, Chester a guardarsi la punta dei piedi senza il coraggio di alzare lo sguardo. Abbandonarono il luogo della sparatoria prima che la polizia potesse raggiungere la zona e corsero ai ripari a casa di Franklin. Il silenzio era divenuto il quinto membro di quel gruppo dannato, un compagno ammorbante che li lasciò soltanto quando il sole fu calato oltre l'orizzonte. Vennero raggiunti dal resto della famiglia De Santa e Lamar per fare il punto della situazione e chiarire ogni dubbio.

«Quindi... resterete?» Tracey avvolse le braccia intorno al collo di Chester per forzare forzare guardarla negli occhi, alzandosi sulle punte per rendere il suo sguardo più convincente. Lui si specchiò in quelle iridi toccate dalla luce che riflettevano bagliori acquei per via delle lacrime lasciate libere di scorrere sul suo volto. Il ragazzo mise le mani sui fianchi di lei per poterla avvicinare a sé «Sì... abbiamo deciso di sì. Non avremmo comunque altro posto dove andare».

«Siete la nostra famiglia ora» continuò Chelsea dall'altro lato del salottino, seduta in braccio a Trevor «Però avremmo un ultimo favore da chiedervi» aggiunse, attirando l'attenzione di tutti i presenti. 

«Aiutateci a ritrovare la mamma».

[ • • • ]

«Avevamo promesso di non tornarci più a Nord Yankton...» Michael sbuffava fumo dalle labbra con aria stanca, massaggiandosi un sopracciglio con le dita impegnate a reggere una sigaretta bruciata a metà. Chester accanto a lui teneva gli occhi fissi sul paesaggio che scorreva loro davanti. Erano in viaggio da ore sulla superstrada che portava alla loro destinazione, presto avrebbero dovuto fare un'altra sosta per permettere a Mike di riposarsi per far prendere il posto di autista a Trevor che nel mentre,  si era addormentato sui sedili posteriori con la testa sulle gambe di Chelsea. 

«Un po' ce lo dovete, dai» commentò il ragazzo con la bocca coperta dal palmo della mano, ma non abbastanza da impedire ai presenti - e coscienti - di essere sentito. 

«Heh, hai ragione» sogghignò Michael con un po' di amarezza. 

Chelsea accarezzava con docile cura la testa spelacchiata di Trevor, tutto aggrappato ai suoi vestiti come un bambino in fasce. I Fairchild non ne facevano parola ma in quei brevi silenzi che condivano il viaggio era facile leggere i loro sguardi e atteggiamenti. Entrambi si facevano mille e più domande su cosa li stava aspettando. 

Come starà? Si ricorderà di noi? Ci vorrà ancora bene? Come prenderà tutta questa situazione? Ma soprattutto... era davvero ancora viva?

Solo poche ore di asfalto li sparavano dalla verità. Una verità di cui forse, nel più profondo delle loro conoscenze, avevano ignorato e di cui non volevano sapere nulla.

[ • • • ]

Quando arrivarono sul posto la tensione era ben evidente. Trevor teneva le mani in tasca e a petto gonfio si aggirava per l'ospedale psichiatrico con Chelsea sottobraccio per non dare l'idea di aver bisogno di un soggiorno nella struttura mentre Chester se ne stava nascosto dietro Michael, come se potesse proteggerlo da ogni male di questo mondo. A quanto pare la madre era ancora viva e vegeta ma a livello mentale non aveva fatto passi da gigante, ma almeno non era peggiorata. Prendeva le sue medicine tutti i giorni, mangiava sano, guardava sit-com dopo pranzo e collezionava qualsiasi tipo di figurine ci fosse al giornalaio integrato nell'ospedale. "Un paziente tranquillo" commentò l'infermiera di turno alla reception "Nessuno è mai venuto a farle visita... è passato molto tempo, quindi potrebbe non riconoscervi. In ogni caso non scoraggiatevi, reagiscono sempre così quando la loro routine viene in qualche modo cambiata con cose del genere. Anche l'arrivo di un nuovo collega tra il personale infermieristico a volte li turba, ma poi ci si abituano poco alla volta".

Nonostante gli avvertimenti scoraggianti i due fratelli non persero quei granelli di speranza che avevano accumulato con la notizia di saperla ancora viva e nel giro di pochi minuti si ritrovarono di fronte alla stanza numero 35. Insistettero con l'entrare da soli. Chelsea bussò e Chester abbassò il cappuccio della felpa. 

Nonostante tutto, erano tornati indietro.

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