Attriti

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Chelsea non sopportava le sue lentiggini. Non sopportava ogni volta che gliele facevano notare e non sopportava gli stupidi nomignoli che le affibbiavano solo per quelle fottute macchiette scure sulla sua pelle bianca come il latte. Chester, da fratello protettivo qual era, posò il bicchiere sul bancone con una certa forza dopo aver bevuto un sorso del suo drink. Il suono attirò l'attenzione dell'uomo alla destra della sorella.

L'attenzione di Trevor Philips.

«Cosa c'è, finocchietto? Vuoi fartela prima di me?» il tono scherzoso e allo stesso tempo aggressivo di Trevor fece capire ad entrambi i ragazzi che qualcosa non andava in quel tizio.

«È mia sorella» ammise Chester sforzandosi di guardarlo negli occhi, cosa che Chelsea invece trovava facile e piacevole.

«E che problema c'è? Sono il tipo da metanfetamina, cannibalismo e incesto. Mi sta bene finché c'è un buco... umido e stretto...» il tono di quelle parole era decisamente libidinoso, gutturale come il ringhio di un animale.

Chester stava per cedere alla tentazione di alzare il bicchiere per scaraventarglielo in faccia ma Chelsea, fortunatamente, lo precedette.

«Un'altra birra per il gentleman, signora» disse allegra la sorella. La donna dietro al bancone, stupita dalla richiesta, l'accontentò e servì una seconda birra a Trevor.

«Non sei di queste parti, vero?» Trevor bevve il quarto restante della prima birra, per poi bere la metà della seconda senza problemi. Chester guardava la sorella con sguardo serio, cercava di comunicarle solo con gli occhi di allontanarsi da lì, di uscire e andare via. Ma Chelsea era giusto un po' rapita dalla presenza di questo Trevor e si comportava come se non gli importasse veramente. Lei, avvolta da un'aria di sufficienza, rispose con un flebile «No...» prima di sbuffare fumo dalle labbra. La sua sigaretta era quasi finita e Trevor sembrava pendere da quelle labbra rosa e perfette, contornate da lentiggini. Rimase imbambolato, ma Chelsea lo destò con due parole «Tu sei?».

«Uhh... ahh, Trevor Philips» rispose distrattamente.

Come detto precedentemente, i due ragazzi avevano studiato la zona... i traffici, la gente da evitare... ecco, avevano accanto uno di quegli individui da evitare nel senso più puro della parola. Trevor Philips, quarantotto anni di pura follia e un intero business sulle spalle: dalla produzione e spaccio di metanfetamina - da cui era dipendente - al traffico di armi dentro e fuori Los Santos. Per non parlare del Vanilla Unicorn giù in città.

«Ho sentito parlare di te... sei famoso» commentò lei, accorgendosi di aver consumato la stecca prestandovi più attenzione di quanta gliene stesse dando a Trevor.

«Dipende da cosa hai sentito... sono famoso per parecchie cose» Trevor aveva notato lo stato della sigaretta e aveva sfilato dalla tasca le proprie per offrirne una alla ragazza che ora lo guardava negli occhi. Si rese conto solo in quel momento di non conoscere il suo nome «Come ti chiami, dolcezza?».

Lei, con nonchalance, gli spense la cicca fumante su braccio «Di certo non pel di carota». Trevor si alzò di scatto, furioso, con una mano sul punto bruciato «CAZZO!! MA GUARDA TE CHE STRONZA!!».

L'uomo ebbe poco tempo per reagire: sentiva quella rabbia che mai lo aveva abbandonato crescere dentro di sé, ma la considerazione che provava per le donne si batteva per avere la meglio; Chelsea si mosse per prima. Prese la bottiglia di birra vuota, la spaccò sul bancone in modo da trasformarla in un'arma e la puntò contro Trevor.

«Avanti, fatti valere!» lo sfidò lei con un ampio sorriso beffardo «Prima che ti faccia tante belle lentiggini rosse!». Chester si voltò di poco col busto per poter assistere alla scena, facendosi scappare una risata. Trevor sembrava felicemente furioso (o furiosamente felice) della piega degli eventi e stava per attaccare. A quanto pare apprezzava le donne con coraggio da vendere. Ma Chester intervenne: si alzò e trascinò via la sorella stringendola per il braccio. Lasciò i soldi sul bancone ed insieme corsero al camper. Sfrecciarono in strada con le urla dell'uomo a fare da eco.

«Ma che ti è preso?» domandò alterato Chester alla sorella. Non era la prima volta che rischiavano di finire nei guai in quel modo. Chelsea aveva la tendenza ad approcciare gli individui più "particolari" in circolazione.

«Non lo so!» ammise lei con tono di ripicca, quasi fosse una scusa per evitare di dire il vero, poi sospirò malinconica.

Chester alzò un sopracciglio mentre la guardava guidare verso casa. Aveva già capito tutto. Conosceva bene la sorella, fin troppo, ed azzardò la sua ipotesi «Ti piaceva eh?».

Chelsea sorrise mordendosi il labbro, gli occhi illuminati dal faro di una moto in lontananza «Sì».

Chester sbuffò ed incrociò le braccia, poggiandosi completamente con la schiena al sedile «Tu non stai bene... aahhh che Dio ci aiuti».

«Ma se sei ateo e per poco non bestemmi in aramaico» ribatté lei con una smorfia sorridente.

«Quando si è disperati si fanno le cose più disperate» Chester guardò fuori dal finestrino, notando come il paesaggio desertico fosse così... desertico. Poche luci ad illuminare la strada e nessuno in giro. Proprio come piaceva a lui. Chelsea lo guardò qualche attimo in più prima di tornare a concentrarsi sulla guida e quando finalmente spostò lo sguardo, rispose «Tanto lo so che un pochino stava simpatico anche a te».

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