Capitolo 21

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Rientrato in casa in piena notte, con gli abiti di Ian indosso e il sapore di Hazel sulle labbra, si sentì come travolto da un'ondata di serenità.
Dal momento in cui aveva dato la buonanotte ad Hazel, e si era messo in auto diretto verso casa, il sorriso non lo aveva abbandonato un secondo.
Aveva quell'espressione da ebete dipinta sul volto da almeno due giorni, probabilmente da quando Hazel lo aveva baciato. Si sentiva come un ragazzino delle medie alle prese con la sua prima fidanzatina, come se aprendo il biglietto con la scritta Ti vuoi mettere con me?, e accorgendosi della casella col Sì segnata in rosso, qualcosa fosse improvvisamente cambiata in lui. Si sentiva ridicolo, ma allo stesso tempo non poteva evitare di sentirsi felice.
Entrò in cucina, e cercando di fare meno rumore possibile, prese della cola dal frigo, si sedette alla penisola al centro della stanza, e iniziò a bere dalla sua lattina. Si accorse della carrellata di messaggi non letti e chiamate senza risposta da parte di Peter e sua madre. Si chiese se Hazel sarebbe mai riuscita ad essere più assillante di loro, poi con la sua cola in mano, si alzò non distogliendo lo sguardo dal cellulare. Avanzò verso il salotto, ma quando, ancora con gli occhi incollati al display, si scontrò contro qualcosa, la cola gli scivolò dalle mani.
Sollevò finalmente lo sguardo, e alla vista di suo padre in pigiama e mezzo addormentato davanti a lui, si pietrificò. Non notò nemmeno la chiazza di cola sulla maglia di suo padre, non almeno fino al momento in cui l'espressione sul volto dell'uomo davanti a lui, non si trasformò improvvisamente. Colin ridusse gli occhi a due fessure, e sotto quella penombra macabra, niente sarebbe mai potuto risultare più spaventoso per Evan. Eccezion fatta per il sergente Cooper, lui gli incuteva terrore anche nel suo bizzarro pigiama a stampe con i carri armati e i soldatini, e per sua sfortuna, aveva avuto l'occasione di vederlo vestito in modo così ridicolo fin troppe volte.
"Un soldato lo è anche mentre dorme" gli aveva detto un po' assonnato e un po' imbarazzato Cooper in occasione di uno di quegli ultimi imbarazzanti incontri, poi Evan aveva cominciato a farci l'abitudine, smettendo così di sorprendersi ogni qualvolta che avesse incontrato Cooper sfilare in quei suoi assurdi pigiami per i corridoi del dormitorio.
Quanto a Colin Blake, lui si era semplicemente limitato al tentativo di incenerire il figlio con lo sguardo, il ghigno sul suo viso e i pugni serrati.
"Scusa papà" disse ad un tratto Evan cercando di non scoppiargli a ridere in faccia, dopo aver ripreso la sua lattina da terra.
"Ti sembra questa l'ora di rientrare? Domani dovrai essere in caserma presto, e non credo che Cooper tollererà un altro ritardo" lo rimproverò, la voce roca e l'espressione stanca.
"Domani è domenica" fece una pausa "Volevo dire... Oggi è domenica" si corresse sfoggiando un sorrisetto sghembo, e grattandosi il capo.
Suo padre si raddrizzò sul posto, realizzando solo in quel momento che avrebbe potuto rinviare quella ramanzina al giorno seguente, poi riprese a parlare "La mia auto è ancora integra? E sai bene che integra presuppone anche l'assenza di qualunque tipo di graffio" precisò, più sveglio di quanto realmente sembrasse.
"Ho fatto anche benzina" rispose tranquillo Evan, annuendo e porgendo le chiavi dell'auto a suo padre.
Il signor Blake annuì soddisfatto, poi prendendo le sue chiavi, indicò di nuovo la chiazza di coca sul parquet "Pulisci!" gli intimò scherzoso "Io torno a dormire, buonanotte!" salutò poi il ragazzo salendo di nuovo le scale.
"Notte!" ricambiò il saluto Evan, salutandolo con un cenno della mano.

Hazel si svegliò più determinata che mai. Quel giorno avrebbe fatto ciò che da tempo ormai rimandava, ciò per cui non aveva ancora trovato il coraggio fino a quel momento. Niente a che vedere col riordinare la sua camera, fare un po' di palestra per rimettersi in forma, o riprendere a vedere quella serie tv che da mesi aveva ormai accantonato.
Hazel Donovan avrebbe finalmente preso la sua giacca e sarebbe uscita di casa per risolvere quel dramma in cui si era cacciata negli ultimi anni della sua vita.
Quel dramma si chiamava Noah Keller, e sebbene la voglia di rivederlo fosse meno che poca, Hazel si sentiva finalmente pronta ad affrontarlo una volta per tutte per mettere le cose in chiaro. Sbatté la porta d'ingresso alle sue spalle, ignorando completamente sua sorella Maddie, che le strillava contro rimproverandola per aver preso la sua giacca in pelle senza preoccuparsi minimamente di chiederle il permesso.
Sospirò stringendosi fra la pelle sintetica nera di quel chiodo, accessorio immancabile nell'armadio da punk strafottente e anticonformista quale era Madison.
Lanciò un'occhiata al cielo soleggiato sopra la sua testa, e pensò che fosse proprio un peccato rovinare quella splendida giornata con l'ennesima scenata fra lei e Noah. Ma sapeva bene che se non l'avesse incontrato proprio quel giorno, in cui sembrava ormai decisa a farlo, probabilmente non lo avrebbe fatto mai più. Inoltre si sentiva quasi in dovere con Evan, che sebbene le avesse detto esplicitamente di non doversi sentire in alcun modo obbligata a scegliere fra lui e Noah, a parer suo non meritava affatto tutto questo. Non si sentiva di fare una cosa del genere nemmeno a se stessa. Altra incertezza, altro disordine, le avrebbero solo fatto del male, oltre che compromettere il suo legame con Evan - cosa che non osava mettere a rischio minimamente. Quanto a Noah, in fin dei conti sentiva che sebbene lui non avesse più alcun ruolo di chissà quale rilevanza nella sua vita, anche lui meritava chiarezza, più che una spiegazione.
Così quando si trovò davanti alla sua porta, dopo aver indugiato qualche minuto, decise che fosse arrivato finalmente il momento di agire. Bussò, e qualche attimo dopo Noah aprì la porta, sbiancando istantaneamente vedendola lì davanti ai suoi occhi.
"Hazel" disse solo, guardandola con un'espressione spaesata.
"Ciao Noah" lo salutò sorridendo gentilmente.
Il ragazzo inarcò un sopracciglio, poi sbatté gli occhi un paio di volte "Che ci fai qui?".
"Ho bisogno di parlarti Noah" gli spiegò seria.
La guardò confuso "Va bene" rispose sorridendole. E per la prima volta Hazel non sentì il battito del suo cuore accelerare alla vista di quel sorriso. Lo trovava bello, solare, ma niente di così emozionante da farle scoppiare il cuore nel petto come una volta.
Si sistemò una ciocca di capelli dietro l'orecchio, poi si sedette sulla sedia a dondolo nel portico, seguita da Noah.
Deglutì, e tentando di placare l'agitazione, si strofinò le mani gelate sui jeans "Perché sei venuto da me ieri?" gli chiese diretta.
Noah sgranò gli occhi, e dopo qualche istante in silenzio rispose "Volevo vederti".
"Così hai pensato che presentarti a casa mia senza nemmeno chiedermi se ci fossi, o ancora peggio se la mia famiglia fosse in casa, dovesse essere proprio un'ottima idea" dedusse.
"Ho solo pensato che avevo voglia di vederti" rispose sincero.
"E adesso, che le cose sono andate come sono andate, pensi davvero che sia stata una buona idea? Avresti potuto chiamarmi, chiedermi se mi andasse di vederci, invece no, ancora una volta hai agito impulsivamente" le parole di Hazel suonarono quasi come un rimprovero alle orecchie di Noah.
"Non occorre che tu mi rimproveri, ci ha già pensato per bene tuo fratello. E vederti con quel tipo, mi ha già chiarito per bene quanto io sia stato un vero e proprio idiota anche solo per aver pensato che presentarmi a casa tua senza dirti niente fosse una buona idea" la fermò, non riuscendo a guardarla negli occhi.
Hazel rimase in silenzio profondamente imbarazzata, analizzando ogni sua espressione mentre lui fissava quasi imbambolato le travi di legno sotto i loro piedi.
"Non hai idea di come io mi sia sentito quando ti ho vista arrivare. Mi sento solo uno stupido per aver pensato sul serio di poter sistemare tutto, per aver considerato davvero l'idea che un giorno magari tu avresti potuto perdonarmi. È solo che quella notte, quando ti ho incontrata al parco, quando ti ho baciata, ho davvero pensato che noi potessimo ritornare quelli di una volta. Adesso mi sembra tutto così surreale, mi sento ridicolo, ma ho creduto davvero di avere ancora una possibilità" le spiegò Noah, la voce tremante.
"Non è mai stata mia intenzionate fartelo credere Noah" gli rispose, sentendosi quasi in colpa per aver usato proprio quelle parole. Ma d'altronde stava solo cercando di essere il più sincera e chiara possibile. "Quella notte non avevo ancora capito di provare qualcosa per Evan, ma indipendentemente da lui, da noi, io non ho mai pensato davvero di darti un'altra possibilità. Noah te l'ho già detto, potrò provare a perdonarti un milione di volte, ma sono certa che in ogni caso niente potrà tornare più come prima fra noi" chiarì sincera.
In quel preciso istante Noah sollevò lo sguardo puntandolo dritto in quello di Hazel, che notando i suoi occhi verdi arrossati e spenti, sentì il cuore gelarsi nel petto. Le aveva fatto male, l'aveva fatta soffrire più di chiunque altro, ma Hazel non poteva non provare un'immensa tristezza nel vederlo in quelle condizioni. Si trattava comunque della persona con la quale aveva trascorso gli anni più felici della sua vita, e ne era consapevole, non sarebbe mai stata totalmente indifferente a lui.
"Non più, è chiaro" disse senza pensarci troppo Noah. Hazel inarcò un sopracciglio "Adesso hai il tuo bel soldato accanto, non reggerei mai il paragone con uno come lui, vero? Dopo quello che ho fatto poi sarei semplicemente ridicolo se provassi anche solo a chiederti di lui. Se sei davvero felice con lui, se è un bravo ragazzo, se pensi davvero che sia alla tua altezza... Sembra essere simpatico perfino ad Ian, io non sono mai piaciuto a tuo fratello, non mi ha mai tollerato. E adesso? Sarà felice di essersi finalmente liberato di me. E tutto questo solo per colpa mia, perché sono un grandissimo coglione che si è lasciato scappare l'unica cosa davvero bella che aveva avuto l'occasione di tenere fra le mani in vita sua" si sfogò gesticolando nervosamente, e guardandola fisso negli occhi. Hazel lo fissava colpita, mentre gli occhi di Noah sputavano fiamme di rabbia, e lei sentiva perfino un senso di colpa pervaderla.
"Noah" lo implorò di smetterla Hazel. Lei era proprio l'ultima persona con la quale avrebbe dovuto sfogarsi in quel modo. Lamentarsi, annegare nell'autocommiserazione proprio lì di fronte ad Hazel, non avrebbe che peggiorato le cose. D'altronde cosa si aspettava che gli dicesse? Che lo consolasse ripetendogli che non era colpa sua, che non doveva prendersela con se stesso? Hazel non la pensava assolutamente così.
Noah la guardava con gli occhi colmi di lacrime, mentre sembrava trattenersi dal voler fare qualcosa che Hazel non le avrebbe di certo mai più perdonato. Le mani le tremavano, il cuore le batteva sempre più forte, e l'agitazione cresceva a dismisura.
"Mi dispiace che tu abbia scoperto di Evan in quel modo, non avrei mai voluto che né tu né lui sapeste l'uno dell'altro così, ma purtroppo l'unica cosa che potevo fare per sistemare le cose era solo spiegarvi tutto, così l'ho fatto, ecco perché sono venuta qui" gli disse sinceramente dispiaciuta.
"Così gli hai detto di me?" le chiese sfacciato Noah sgranando gli occhi.
Hazel lo guardò colpita, e dopo qualche attimo in silenzio rispose "Glielo avrei detto più avanti, ma tu non mi hai dato altra scelta, e non c'era alcuna ragione di nasconderglielo" fu schietta.
Noah annuì ferito. "Noah, Evan è davvero un bravo ragazzo, mi fa ridere ed è gentile, lui mi ascolta" le gote rosse e lo sguardo sognante.
Noah rise beffardo mettendosi in piedi di colpo "E ti piace, ti piace davvero tanto" realizzò, l'espressione indecifrabile sul suo viso. Hazel lo guardò immobile "Tutto questo è assurdo, come siamo arrivati fin qui?" chiese il ragazzo continuando a mostrare un sorriso inquietante, mentre gli occhi trattenevano le lacrime.
"Ci hai portati tu fin qui" disse Hazel. Noah la guardò come se niente potesse fargli più male che stare lì con lei sapendo che non sarebbe mai più stata sua. Le parole di Hazel poi lo colpivano come lame letali, lo paralizzavano rendendolo sempre più vulnerabile e sconfitto.
"Promettimi che proverai a perdonarmi. Non ti chiamerò più, non ti cercherò nè mi presenterò a casa tua, ti lascerò in pace, ma tu promettimi che proverai a non odiarmi" la pregò, piegandosi sulle sue gambe esattamente di fronte a lei, e prendendole le mani.
La guardava distrutto, implorando perdono e assaporando quell'ultimo momento che le rimaneva da passare con lei. "Non potrò mai odiarti Noah" lo consolò, provando una tristezza infinita.

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