Capitolo 42

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"This isn't just a dream,
stuck on a bad repeat,
fightin' the air to breathe.
You can't touch me now"
Bad Man,  Esterly

Lo guardava impugnare quella pistola, concentrato e impassibile, mentre tentava di nascondere tutto il suo dolore dietro la sua maschera. Hazel era certa che con quell'espressione seria e fredda dipinta sul suo volto, Evan sarebbe riuscito a ingannare chiunque senza alcuna difficoltà, ma non lei. Lei lo vedeva soffrire anche adesso, mentre col viso nascosto sotto l'ombra del suo berretto, Evan si ostinava a trattenere le lacrime, fingendosi indifferente. Riusciva a sentire il suo dolore anche stando così lontana da lui, pur non potendolo guardare in faccia. Non le serviva molto per capire come potesse sentirsi Evan, ed era proprio per questo che aveva pianto in quel modo durante l'intera cerimonia. Hazel non aveva mai scambiato più di qualche semplice parola con Billy, non sapeva nemmeno che cosa significasse realmente rischiare di morire proprio in quell'assurdo modo in cui lui aveva perso la sua vita, eppure lei aveva pianto. Aveva ascoltato Teresa Lynn leggere la sua lettera, mentre con un fazzoletto alla mano non aveva smesso di asciugarsi le lacrime nemmeno per un secondo. Era rimasta a guardare Evan e i suoi compagni sparare i tre colpi di commiato, mentre suo fratello Ian la stringeva forte per le spalle, Casey le teneva la mano, e Evan la guardava da lontano distrutto.
Hazel non aveva mai assistito a niente di più straziante, doloroso e sconvolgente, eppure, la perdita di quel ragazzo la toccava solo indirettamente.
Osservava Evan e Peter avvicinarsi cauti a Billy, sistemarsi rispettivamente ai lati opposti della sua bara, poi piegare la bandiera degli Stati Uniti stesa su di essa. La fissarono per bene con un martello, poi insieme al sergente Cooper si inchinarono per salutare Billy ancora una volta.
La tromba smise di suonare, il vento cominciò a soffiare più forte, poi qualche goccia di pioggia le cadde sulla fronte.
Si passò una mano fra i capelli, e quando una figura in movimento di fronte a lei catturò la sua attenzione, Hazel si drizzò sul posto istintivamente.
Si voltò verso la folla alle spalle della famiglia Lynn, e quando notò Noah correre via sconvolto, qualcosa la fece agire inconsapevolmente.
Scostò il braccio di Ian dalle sue spalle, diede un'ultima occhiata al suo ragazzo ancora lì davanti alla bara di Billy, poi si mosse velocemente.
"Dove vai?" le chiese Ian a bassa voce, vedendola indietreggiare.
Hazel lo guardò spaesata, esitò per qualche istante, poi rispose "Ho bisogno di allontanarmi per qualche minuto" l'aria sconvolta e le mani tremanti. Ian annuì, Casey fece spallucce, poi Hazel diede loro le spalle e andò via.
Cominciò a correre oltre il giardino circondato da querce, dirigendosi verso le cappelle in marmo dentro le quali erano conservate altre tombe, ansimando e tremando spaventata.
La pioggia nel frattempo, cadeva sempre più fitta sulla sua testa, bagnandole i capelli mossi e il vestito nero che aveva indossato quella mattina. Il vento soffiava nella direzione opposta a quella verso la quale Hazel correva, facendole gelare le braccia, mentre i lunghi capelli castani le volavano sulle spalle.
Poi finalmente lo vide, così coi capelli ormai gonfi e arruffati, si fermò davanti una piccola cappella.
Noah piangeva disperato prendendo a calci e a pugni qualunque cosa lo intralciasse, gridando solo e sconvolto.
Quando Hazel gli si avvicinò, piano e silenziosa, Noah stava coi gomiti puntati contro un muro di pietra, stringendo i suoi riccioli in due pugni ferrei, e continuando a piangere in preda al panico.
Ultimamente, tutte le volte che Hazel aveva incontrato Noah, lo aveva trovato sempre più stanco e triste, e quasi sempre, lo aveva visto addirittura piangere, sinceramente pentito e dispiaciuto per quello che le aveva fatto. Lei non lo aveva mai allontanato, piuttosto aveva sempre cercato di spiegargli come stavano adesso le cose per lei, cercando di essere al contempo non troppo dura ma soltanto sincera. Adesso però, Hazel sembrava non riuscire più nemmeno a guardarlo stare così male. Non sapeva cosa fare, se andare di nuovo via o rimanere lì con lui, e in tal caso, cosa dirgli per farlo stare meglio e non risultare solo una stupida. Non ci sono mai molte cose da dire in situazioni del genere, Hazel lo sapeva bene, ma conosceva altrettanto bene anche Noah, e se c'era qualcuno che avrebbe potuto provare a parlargli, allora quel qualcuno era proprio lei.
"Noah" lo richiamò, la voce tremante e l'aria insicura.
Lui si voltò, asciugandosi istintivamente le lacrime dal volto con le maniche della sua giacca, poi si fermò a guardarla sorpreso "Hazel?" disse "Perché sei venuta qui?" le chiese poi confuso.
"Perché ti ho visto scappare via sconvolto, ed è evidente che tu abbia bisogno d'aiuto" gli rispose, indicando il cestino dei rifiuti che Noah aveva lanciato poco prima per terra.
Il moro si guardò attorno spaesato, come se non ricordasse nemmeno di esser stato proprio lui a combinare quel tale macello.
Poi si passò una mano fra i ricci, si stirò la giacca che aveva indosso con le mani, e prendendo un profondo respiro, finse di essersi finalmente ripreso.
"Sto bene, non preoccuparti" le disse, il tono freddo e distaccato che lasciò sorpresa Hazel.
Lo guardò inarcando un sopracciglio, poi decise di non arrendersi davanti a quella ridicola recita.
"No, che non stai bene, nessuno di noi sta bene. Un ragazzo è morto, e se io che a stento lo conoscevo sto in questo stato, tu che eri uno dei suoi migliori amici-" si bloccò improvvisamente, notando come gli occhi di Noah stavano ricominciando a riempirsi di lacrime.
Prese un lungo respiro, si avvicinò ancora un po' a lui, poi gli posò una mano sulla spalla "Mi dispiace, Noah" gli disse, guardandolo fisso negli occhi.
Noah la guardò sorpreso, mentre le lacrime gli solcavano il volto e le mani non cessavano di tremare "L'ultima volta che l'ho visto era così felice e orgoglioso di ripartire di nuovo" riprese a parlare Noah, il tono incredulo e triste "Non posso credere che lui sia morto!" quasi strillò continuando a piangere, mentre guardava il cielo piovergli addosso indifferente, in cerca di una qualsiasi risposta che potesse aiutarlo a capire.
Hazel lo guardava piangere disperato davanti ai suoi occhi, non sapendo cosa dire, cosa fare, o se stare lì con lui fosse davvero una buona idea.
"Tutto questo non ha senso, Hazel" esordì Noah gesticolando agitato.
"Tu mi hai lasciato, hai perfino trovato qualcun altro, e adesso Billy è morto, niente potrebbe andare peggio di così" continuò il ragazzo passandosi una mano fra i capelli in preda al panico.
"Noah" lo chiamò Hazel a bassa voce "Non puoi paragonare il dolore per la nostra rottura a quello per la morte di uno dei tuoi migliori amici" gli fece notare Hazel, mentre il moro indietreggiava non smettendo di tremare agitato.
Lo vide buttare via dei fiori da un grosso vaso in pietra accanto a loro, poi dargli un calcio forte e deciso "Ehi, devi provare a calmarti" gli disse Hazel, ma lui sembrava non ascoltarla nemmeno.
Diede un altro calcio al cestino dei rifiuti, poi tirò un pugno contro la parete in pietra, urlando un gemito di dolore che fece gelare il sangue ad Hazel.
"Noah!" lo richiamò la mora spaventata, quando finalmente il ragazzo smise di prendere a calci ogni cosa.
Gli si avvicinò preoccupata, non potendo più nemmeno riconoscerlo, mentre Noah continuava a piangere disperato, il viso chino verso il basso.
"Sei arrabbiato, sconvolto, triste, ma spaccare tutto non sistemerà niente" gli disse, posando le mani sulle spalle del ragazzo.
Il moro sollevò finalmente lo sguardo, trovando il coraggio di guardarla di nuovo negli occhi. Le lacrime sul suo volto scendevano giù proprio come la pioggia sopra le loro teste, e adesso agli occhi di Hazel, Noah sembrava così solo e indifeso da farle provare solo un'immensa tenerezza.
Non le era sembrato così triste nemmeno quando lo aveva trovato davanti alla porta di casa sua, al suo rientro dall'appuntamento con Evan, mentre felice e spensierata stava mano nella mano col suo nuovo ragazzo. Aveva visto il cuore di Noah spezzarsi a causa sua, ma non credeva che le cose per lui sarebbero andate poi così male dopo la fine della loro storia. Infondo lei era riuscita ad andare avanti, e non poteva proprio non immaginare lo stesso lieto fine anche per Noah. Ma adesso lui continuava a piangere davanti ai suoi occhi, chiedendole aiuto e implorandole perdono, ed Hazel non era più sicura che sarebbe riuscita a tenerlo lontano.
Così lo abbracciò, si mise in punta di piedi, allargò le sue braccia, e lo strinse forte a sè. Non sapeva se lo avrebbe fatto stare meglio, ma quella le sembrava l'unica cosa da poter fare per lui in un momento così doloroso. Noah le cinse i fianchi, affondò il viso fra i suoi capelli, e si lasciò abbracciare come se quello fosse proprio il suo primo abbraccio dopo molto tempo.
Si strinsero forte, mentre Noah continuava a bagnarle le spalle, e lei ad accarezzargli la schiena. Hazel strizzò gli occhi, sentendosi quasi a disagio adesso che Noah la teneva di nuovo così stretta, poi lo sentì scostarle i capelli dalle spalle, ansimare sulla sua pelle, e avvicinarsi pericolosamente al suo viso.
"Noah" disse, tentando di staccarsi da lui, ma il moro la strinse più forte.
"Noah, smettila" continuò Hazel, posando le mani sulle spalle del ragazzo e provando a spingerlo via. Ma Noah insistette, così proprio quando Hazel stava per dire di nuovo qualcosa, le sue parole vennero soffocate in un inaspettato e indesiderato bacio.
Posò le labbra su quelle di Hazel, premette forte, mentre le sue mani la spingevano prepotenti contro il suo petto, e lei si dimenava arrabbiata sotto il suo tocco.
La baciava come mai aveva fatto prima d'ora, trattenendola, e incatenandola fra le sue braccia. Hazel non sembrava più sapere chi fosse, e tutto ciò non faceva che terrorizzarla sempre di più.
La spinse contro il muro in pietra, continuando a baciarla con foga, mentre le sue mani si muovevano in fretta lungo il vestito di Hazel. Le accarezzò le braccia, poi scese verso i fianchi, mentre ostinato le lasciava dei baci sul collo.
Hazel gridò, mentre terrorizzata piangeva, provando in tutti i modi a scansarsi, e a difendersi da quelle sporche mani.
"Noah, smettila!" lo implorò ancora una volta, ma lui sembrava non sentirla nemmeno piangere.

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