Capitolo 35

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"Hey dad, look at me,
think back and talk to me.
Did I grow up according to plan?
And do you think I'm wasting my time,
doing things I wanna do?
But it hurts when you disapprove all along."
Perfect, Simple Plan

Era occupata ad apparecchiare il tavolo della sala da pranzo, mentre sua madre finiva di preparare la cena, ed Ian e Maddie bisticciavano fra di loro seduti sul divano.
"Potete smetterla di gridare?" li rimproverò Hazel scocciata, le posate in una mano e il tavolo quasi pronto davanti a lei.
Ma Ian e Maddie continuavano a litigare su chi dovesse avere il potere sul telecomando, e decidere così quale programma vedere in tv.
Hazel sbuffò, nervosa e agitata, poi si avvicinò a loro, e strappando via dalle mani di Maddie il telecomando, lo puntò con decisione contro lo schermo della televisione "Niente tv! Evan sta per arrivare e la cena è quasi pronta" esordì, mettendo via il telecomando e facendo segno ai suoi due fratelli di alzarsi.
"Su, datemi una mano ad apparecchiare!" li invitò, muovendosi agitata in quel suo abito blu.
Ian rise "Non ci penso neanche!" poi Maddie si mise in piedi "È tuo l'ospite!" disse facendo spallucce.
Hazel roteò gli occhi irritata "Ho già finito, grazie comunque!" disse guardando con aria soddisfatta la tavola perfettamente apparecchiata.
"Ricordate: nessun riferimento riguardo quanto successo la scorsa notte, intesi?" li mise in guardia, lanciando un'occhiata minacciosa ad entrambi i suoi fratelli.
"Sta' tranquilla Zel, nessuno ti metterà in imbarazzo davanti ad Evan mi piace intrufolarmi di notte nelle case degli altri!" la rassicurò Madison, intenta a sgranocchiare arachidi tostate e salatini di ogni tipo.
"Maddie, sono seria!" disse Hazel "E questi non si toccano!" la rimproverò, prendendo la ciotola piena di arachidi e posandola di nuovo sul tavolo.
"Nervosa sorellina?" le chiese poi Ian alzandosi dal divano, e raggiungendo le sue sorelle "Evan adorerà mamma e papà, non devi preoccuparti" tentò di rassicurarla, prendendo la ciotola di salatini poco prima sequestrata a Maddie.
Hazel si arrese, poi sbuffando rispose "Non è questo che mi preoccupa: Evan adorerebbe pure quella vecchia acida di zia Del. Ma sappiamo bene chi è il vero stronzo in questa famiglia" l'aria nervosa, e le braccia conserte.
Ian rise "Hai messo già in guardia il tuo bel soldatino riguardo al pessimo carattere di nostro padre, sorella?" le chiese Ian, circondandole le spalle con un braccio.
Hazel annuì "L'ho fatto, ma credo sia impossibile preparare sufficientemente bene qualcuno a conoscere papà" disse ansiosa.
"Oh, nel peggiore dei casi Evan scapperà a gambe levate da casa nostra e dalle grinfie del vecchio Michael Donovan, ma mi sembra sappia già qual è la via di fuga più breve per uscire da questa casa, no?" scherzò Ian, alludendo a quando pochi giorni prima, Evan se l'era data a gambe dopo l'incontro con sua madre nel bel mezzo della notte.
"Ho detto niente riferimenti a quanto successo quella notte, Ian!" lo minacciò Hazel, puntandogli l'indice contro, non poi così terrificante.
"Ma Evan non è ancora arrivato" disse in sua difesa Ian.
"Credo di sì invece! Il tuo ragazzo ha una moto e un buon gusto per i vini, Zel?" chiese Maddie, seduta sul davanzale della finestra, lo sguardo colpito e incuriosito.
"È qui!" strillò Hazel in preda al panico, guardando agitata suo fratello accanto a lei.
"Vai ad aprirgli!" la incoraggiò Ian, spingendola verso la porta d'ingresso.
Prese un profondo respiro, poi il campanello suonò, e dopo aver dato un'ultima occhiata intorno a lei, ed essersi accertata quindi che tutto fosse pronto, finalmente gli aprì.
Quando lo vide sorridente in piedi di fronte a lei, improvvisamente si sentì più calma.
"Ehi" lo salutò sfoggiando un sorriso gentile.
"Ciao Zel" disse poi il ragazzo, ed Hazel lo notò subito: era chiaramente più nervoso di lei.
"Vieni entra!" lo invitò facendogli segno di entrare in casa. Si mise in punta di piedi, e sporgendosi in avanti, schioccò un veloce bacio sulle labbra del ragazzo.
Evan le sorrise, poi si guardò intorno spaesato, e quando si accorse di Ian, per un attimo si sentì più tranquillo.
"Ciao Ian" lo salutò "Capitano!" disse poi il ragazzo mettendosi sull'attenti, la mano tesa all'altezza della fronte.
Evan rise "Riposo soldato!" scherzò.
"Lei è Madison, mia sorella minore" la presentò Hazel "Maddie" disse poi la mora, porgendo una mano al ragazzo.
"Ciao Maddie, è un piacere notare che non sei armata 'sta volta" la salutò il ragazzo stringendole la mano, e lasciandosi scappare una risata.
Anche Madison rise "E per me è un sollievo sapere che non sei un ladro, Evan" rispose scherzosa la ragazzina.
"Evan!" qualcuno poi strillò improvvisamente entrando in soggiorno "Finalmente sei arrivato!".
Evan sorrise gentile e già in imbarazzo, "Buonasera signora Donovan" disse il ragazzo, quando la donna lo stava già abbracciando emozionata.
Rimase piacevolmente colpito da quell'abbraccio, e notando la faccia sconvolta di Hazel davanti a quell'inaspettata reazione di sua madre, non riuscì a non ridere.
Ma il sorriso imbarazzato sul viso di Evan sparì velocemente quando notò il padre di Hazel avanzare verso di lui.
Michael Donovan lo guardava diffidente, lo sguardo accigliato e nemmeno l'accenno di un sorriso sul suo viso. Evan deglutì, sentendosi profondamente in soggezione, poi trovò il coraggio di parlargli "Salve, signor Donovan" lo salutò gentilmente. Hazel si precipitò in suo soccorso, gli cinse la vita con un braccio, e fingendo un sorriso rilassato intervenne "Papà" l'espressione nervosa sul suo volto "Lui è Evan".
Il signor Donovan rivolse un'occhiata non poi così rilassata alla figlia, poi spostò l'attenzione sul ragazzo davanti a lui, che ansioso, aspettava ancora che gli stringesse la mano, più come un segno di pace, che per le presentazioni.
"È un piacere per me, Evan" disse Michael Donovan accennando un sorriso che Evan ricambiò contento e soddisfatto con un sorriso di gran lunga più sincero.
Poi si ricordò del regalo che aveva portato per i Donovan, e che ora teneva in una mano, lì ancora davanti al padre di Hazel.
Si voltò, e guardando agitato tutti i presenti, sollevò la pesante bottiglia di vino rosso "Ho portato un regalo: spero vi piaccia il vino rosso!" esordì sorridente.
"Amiamo il vino!" disse Carol, prendendo la bottiglia dalle mani del ragazzo "Grazie Evan, non ce n'era bisogno" il sorriso sulle sue labbra che Evan non riuscì a non confondere con quello della sua ragazza.
Soltanto adesso, che poteva guardare bene quella donna senza sentirsi in colpa per averla svegliata nel bel mezzo della notte, poté notare quanto effettivamente Hazel fosse simile a lei.
I capelli color cioccolato, gli occhi scuri dal taglio affusolato, perfino le stesse identiche espressioni facciali. Ne rimase impressionato, e sperò che madre e figlia condividessero anche lo stesso carattere gentile, o per lui non sarebbe stata affatto una serata piacevole.
"Hazel, perché non porti Evan a vedere il giardino sul retro? La cena non è ancora pronta e noi avremmo tutto il tempo per conoscerci meglio a tavola" propose Carol, e subito Evan si sentì riconoscente verso quella donna.
Da quando era entrato in casa, aveva sentito pronunciare il suo nome circa una decina di volte, ma lui non era affatto sicuro di potersi muovere con così tanta naturalezza in quell'ambiente in cui ogni attenzione sembrava esser riservata a lui.
Tutti i Donovan erano davvero felici di averlo lì a cena da loro, ma Evan non era esattamente quel tipo di persona a cui piace stare al centro dell'attenzione, soprattutto se si trattava delle attenzioni dei genitori di Hazel. La ragazza lo aveva già avvertito su quanto fossero curiosi e invadenti alle volte i suoi genitori, così adesso Evan avrebbe solo voluto posticipare l'interrogatorio dei Donovan ancora per un po', niente di più.
"Vieni, ti faccio vedere il giardino di cui mia madre va tanto fiera, e che non perde occasione di sfoggiare a chiunque venga a casa nostra" disse Hazel allungando una mano verso il ragazzo.
Evan sorrise, poi prese la mano di Hazel, e d'improvviso più rilassato, si lasciò guidare verso il retro della casa.
"È solo un normalissimo giardino, ma mia madre crede sia davvero la sua opera d'arte migliore" esordì Hazel, trascinando Evan in una piccola terrazza.
Il moro si guardò intorno sorridendo "Anche mia madre ha una fissa per il giardino di casa nostra" le disse.
"Sei stato carino a portare un regalo" esordì Hazel, sedendosi su un'amaca colorata tra due grossi alberi.
"Magari tuo padre si addolcirà un po' dopo qualche bicchiere" scherzò il ragazzo "Non sembra così male" aggiunse poi, sedendosi sull'amaca accanto a lei.
"Forse l'idea del vino è stata davvero una mossa astuta! Bel modo per conquistarlo, Blake" si complimentò Hazel guardandolo sorridente. Evan rise, felice di notare quanto fosse ottimista Hazel adesso.
Si guardò intorno, sentendosi perfettamente a suo agio adesso che era solo con lei in quel meraviglioso giardino.
"Come ti senti?" gli chiese ad un tratto Hazel, poggiandogli una mano sulla spalla, il tono dolce e premuroso.
Evan sollevò lo sguardo, puntando i suoi meravigliosi occhi blu sul viso tenero della ragazza. Sorrise, sempre più sorpreso di notare quanto Hazel fosse interessata a lui e al suo stato d'animo.
"Sto bene" rispose il moro, spostando l'attenzione verso una fontana a pochi passi da loro "Penso di stare bene, sì".
"Ne sei sicuro?" chiese ancora Hazel premurosa.
"Sì, sto bene, sta' tranquilla" la rassicurò.
Hazel sorrise "Grazie per esser venuto. So quanto sia difficile per te stare qui con me e la mia famiglia, quando hai appena perso uno dei tuoi più cari amici. Quindi davvero Evan, grazie" gli disse, la piccola mano stretta su quella di Evan.
"Stanotte non ho chiuso occhio, continuavo a pensare a Billy e all'ultima volta che abbiamo parlato. Oggi sono andato a correre, poi a pranzo dai miei nonni, e non ho mai smesso di pensare a lui. Se non fossi uscito di casa stasera, se non fossi venuto qui da te, sarei sicuramente impazzito. Mi farà bene non pensare per stasera" le spiegò sincero.
In realtà Evan non aveva bisogno solo di uscire di casa. Doveva vederla, parlarle, trascorrere del tempo con lei: solo così avrebbe smesso di piangersi addosso, solo così avrebbe potuto parlare di Billy senza sentirsi terribilmente in colpa per non esser partito con lui. Hazel era tutto ciò che adesso lo faceva sorridere, nonostante non ne avesse alcuna voglia.
"Spero solo la penserai ancora così quando fra poco saremo a tavola coi miei" disse la ragazza a bassa voce, facendolo ridere.
Sperava solo che suo padre non avrebbe cominciato a dargli addosso come era solito fare con chiunque. Voleva semplicemente trascorrere una serata tranquilla con il suo ragazzo e la sua famiglia, ma non poteva fare a meno di preoccuparsi. Aveva paura che suo padre si sarebbe comportato da stronzo, che avrebbe cominciato a criticare il lavoro di Evan e quello di altri milioni di soldati come lui. Temeva avrebbe detto qualcosa di cattivo, o di inappropriato, o che ancora peggio avrebbe portato Evan a ripensare a Billy e alla sua morte.
"Lunedì ci saranno i suoi funerali" disse poi Evan, scacciando via ognuna di quelle preoccupazioni dalla testa di Hazel.
"Saranno tutti lì: i ragazzi che erano con lui durante l'attacco, la sua famiglia, i suoi amici" Hazel lo ascoltava parlare attenta.
"Io, Peter e gli altri lo saluteremo per l'ultima volta sparando tre colpi di pistola verso il cielo, e poi sarà tutto finito" le spiegò.
"Cooper dice che dobbiamo prenderci del tempo per capire se questo è veramente ciò che vogliamo fare della nostra vita" Hazel lo guardava fisso negli occhi, temendo cosa le avrebbe detto adesso.
"Ed io ci ho pensato per tutta la notte Hazel: io non voglio morire sotto il sole del deserto, non voglio finire ammazzato a soli ventidue anni, e non voglio che nessuno dei miei amici spari quei tre colpi di pistola per un bel po' di tempo dopo i funerali di Billy. Magari morirò in battaglia, magari il prossimo proiettile fermerà davvero il mio cuore, ma per ora è ancora presto" concluse, il tono deciso e lo sguardo fisso verso la fontana in pietra bianca davanti a lui. Spostò lo sguardo su Hazel, che fiera continuava a guardarlo con ammirazione.
Poi lo abbracciò, si gettò su di lui e lo strinse forte. Nessuna notizia l'avrebbe mai resa tanto fiera come quella, Hazel ne era certa.
"Ehi piccioncini" qualcuno poi li interruppe "La cena è pronta!" strillò Ian sorridendo divertito, e facendo loro segno di rientrare in casa.
I due ragazzi si misero velocemente in piedi, Hazel si sistemò la gonna del suo vestito, poi porse la mano ad Evan, che sorridendole, la acchiappò stringendola forte.
Quando rientrarono in casa, Hazel fu felice di vedere il tavolo perfettamente apparecchiato poco prima da lei, adesso bandito di vassoi e piatti con pietanze di ogni tipo. La teglia di lasagne al centro del tavolo che fumante aveva già profumato l'intero salone, il padre di Hazel che armeggiava con l'enorme bottiglia di vino rosso regalatogli da Evan, riempiendo tutti i bicchieri di cristallo sul tavolo, e infine i vassoi più piccoli disseminati di qua e di là pieni di salumi e formaggi.
Si sedettero tutti al tavolo, sorridenti e affamati, mentre Evan si guardava intorno imbarazzato. Hazel gli rivolse un'occhiata rassicurante, mentre Ian rompeva il silenzio "Allora Evan, tu hai fratelli o sorelle rompipalle come le mie?" chiese, guardando divertito Maddie e Hazel.
Evan sorrise "Ho un fratello più piccolo di 10 anni" rispose, portando un boccone di lasagne alla bocca.
Hazel si ricordò di quando aveva conosciuto suo fratello minore alla sua festa di compleanno, ma adesso tutto ciò alla quale riusciva a pensare, era a quando sarebbe stata lei al posto di Evan, a casa dei Blake, assalita dalle domande e dalle attenzioni dei familiari del suo ragazzo.
"Parlaci un po' della tua famiglia, Evan. Che lavoro fanno i tuoi genitori?" chiese sfacciata Carol.
Ecco. La prima domanda non tardò ad arrivare, e così l'interrogatorio cominciò.
Evan rivolse un'occhiata gentile alla madre di Hazel, poi rispose "Mio padre è un'agente di polizia, mentre mia madre gestisce un negozio di antiquariato in centro con mia nonna paterna" rispose sorridendo.
Aveva omesso quel rilevante particolare sul ruolo che ricopriva suo padre, e che lo vedeva più precisamente nelle vesti dello sceriffo del dipartimento di Santa Ana, ma Hazel non se lo chiese nemmeno: Evan aveva tralasciato quell'informazione di proposito. Non gli piaceva far sapere alla gente che fosse proprio il figlio dello sceriffo della città; era per una questione di umiltà, ma anche perché temeva che qualcuno potesse accusare lui e suo padre di nepotismo o favoritismi.
"Tuo padre è in polizia?" aprì bocca ad un tratto Michael Donovan.
Evan annuì, bagnandosi le labbra con del vino "Da circa vent'anni ormai" rispose, l'orgoglio nelle sue parole.
"Deve essere stimolante per te, non è così?" chiese il signor Donovan.
"Lo è eccome. Credo che le forze armate siano un po' come una grande passione trasmessa di generazione in generazione nella mia famiglia: mio nonno Benjamin era un soldato, mio padre è un poliziotto, ed io, be' io mi impegno semplicemente a dimostrare di meritare la divisa che indosso ogni giorno" spiegò, mentre Hazel lo ascoltava attenta, masticando nervosamente le sue lasagne.
"La tua famiglia sarà molto fiera di te, Evan" disse Carol, l'espressione gentile sul viso stanco.
"Carol ha ragione. È difficile oggi crescere dei figli trasmettendogli la stessa passione con cui tu ti sei fatto strada per tutta la vita" Hazel si irrigidì sul posto velocemente al suono di quelle parole, sollevò lo sguardo lentamente, la forchetta inchiodata sul piatto in ceramica, e lo sguardo adesso fisso su Ian, che nervoso, comunicava con sua sorella col solo movimento degli occhi.
"Immagino che tuo nonno e tuo padre abbiano sempre cercato di guidarti verso una carriera nelle forze armate, non è così?" chiese Micheal Donovan, versandosi del vino nel bicchiere, e riempiendo velocemente anche quello del ragazzo due posti più lontano da lui - fra loro Hazel che tesa come un manico di scopa, continuava a mandare giù lunghi sorsi di vino, guardando agitata Ian davanti a lei.
"In realtà, signor Donovan" disse Evan "Mio padre e mia madre hanno sempre cercato di tenermi il più lontano possibile da questo mondo. Mia madre spera ancora che un giorno io lasci l'esercito. Quanto a mio nonno, lui ha imparato ad amare il suo lavoro col tempo: non si è arruolato per volontà propria, più che altro, è stato suo padre, a sua volta un soldato degli anni 20, ad imporgli questa carriera. Io invece, sono sempre stato molto attratto da questo mondo: fin da bambino mi entusiasmavo ogni qualvolta che mio nonno mi raccontava della sua esperienza nell'esercito, e col passare degli anni, non ho fatto altro che avvicinarmi sempre di più al lavoro di mio padre. Così, ottenuto il diploma, non ci ho pensato nemmeno per un momento, e mi sono arruolato" raccontò, guardando sereno il signor Donovan negli occhi, che con espressione cinica, non distolse lo sguardo nemmeno per un secondo. Hazel ed Ian nel frattempo, ascoltavano Evan attenti.
"Nessuno mi ha spinto ad arruolarmi, nessuno ha mai cercato di convincermi a farlo. Sicuramente, se mio padre e mio nonno avessero fatto lavori diversi, io non sarei mai stato così ossessionato dalle forze armate, ma nessuno di loro ha mai anche solo tentato di guidarmi verso questo mondo, anzi, hanno sempre cercato di proteggermi da esso ad ogni costo" concluse Evan, l'espressione gentile e adesso più rilassata. Hazel gli sorrideva colpita e in qualche modo perfino grata.
Sapeva benissimo cosa volesse sentirsi dire suo padre: voleva che Evan gli parlasse di quanto era stato essenziale il ruolo di suo padre e suo nonno nella decisione di arruolarsi, suo mal grado però, nessuno di loro aveva mai preteso di decidere niente nella vita di Evan, non da quando aveva raggiunto la maggiore età diventando un uomo responsabile delle proprie scelte e azioni.
Per questo adesso Hazel avrebbe solo voluto ringraziare Evan per aver precisato quanto ogni decisione sulla sua vita, fosse dipesa solo ed esclusivamente da lui. Nessuno gli aveva insegnato a tirare in un poligono di tiro prima del suo arruolamento, nessuno lo aveva raccomandato, anzi, aveva perfino dovuto scontrarsi con le perplessità di ogni membro della sua famiglia, quando soli quattro anni prima, aveva fatto le valigie per trasferirsi in una base militare.
Michael Donovan schioccò la lingua contro il palato, poi facendo danzare quel liquido rosso accesso nel suo bicchiere di cristallo, ricominciò a parlare "È evidente però, che non tutti riescono a parlare con tale orgoglio dei propri genitori. Oggi giorno si vuole solo diventare il più diversi possibile da loro, non è vero ragazzi?" chiese, il tono ironico e pungente nelle sue parole, il bicchiere di cristallo adesso fra le sue labbra, e il sorriso sghembo sul suo viso.
Ian poggiò i gomiti sul tavolo, stirò le dita allargando piano i pugni, poi rilassò il collo "Forse è solo una questione di personalità e carattere papà, niente a che vedere con il voler essere il più diversi possibile dai propri genitori" disse, spostando lo sguardo su suo padre, che irritato dalla sua sola voce, lo ignorò completamente concentrandosi piuttosto sulla ragazza seduta al suo fianco.
"E tu Hazel, che ne pensi?" chiese l'uomo, non sembrando poi così interessato alla risposta o al parere della figlia. Non gli importava di ciò che sarebbe voluta diventare Hazel nella sua vita, delle sue passioni, o dei suoi sogni, figuriamoci se avesse sul serio voglia di starla ad ascoltare. Nonostante ciò, Michael sembrava aspettare ancora una replica da parte di Hazel, che deglutendo, provò a rispondere trattenendo il nervosismo nei suoi pugni ferrei nascosti sotto la tovaglia.
"Penso che ognuno dovrebbe decidere per sè papà, proprio come ha fatto Evan. Ogni giorno si batte contro la sua famiglia che non sembra volerlo vedere ripartire per nessuna ragione al mondo, ma lui non si lascia influenzare da nessuno di loro. Semplicemente ascolta se stesso, e agisce tenendo conto di una sola volontà: la sua" disse, il tono deciso e lo sguardo fisso in quello di suo padre, che attento la ascoltava con un sorriso irritante sulle labbra.
"Peccato però, che non tutti i ragazzi della vostra età mostrino la stessa determinazione e lo stesso buon senso che ha spinto Evan a decidere di diventare un militare, Hazel" controbatté suo padre, posando lentamente il bicchiere ormai vuoto sul tavolo, e guardando la figlia con un'espressione provocatoria mista a delusione dipinta sul volto. Hazel glielo leggeva in ogni cosa che diceva o faceva: suo padre era profondamente deluso da lei. Per questo Michael Donovan non avrebbe mai perso alcuna occasione per rinfacciarle di non aver scelto l'università, e non esser diventata quindi il medico che suo padre avrebbe tanto voluto che lei diventasse.
Hazel era sul punto di rispondere, di reagire, pronta a sputare dritto in faccia qualunque cosa le passasse per la testa adesso che suo padre l'aveva provocata, ma qualcosa poi la trattenne, riuscendo a farla calmare pian piano.
La mano di Evan, seduto alla sua sinistra, si posò improvvisamente sulle sue gambe, le prese i pugni stretti nascosti sotto la tovaglia, glielo strinse forte per qualche istante, poi la sua mano si sollevò lungo l'avambraccio di Hazel, le accarezzò i polsi, e insediandosi fra le sue dita, la invitò ad aprire uno di quei pugni.
Sentì le sue dita tremare, così avvertendo l'evidente agitazione che adesso non permetteva ad Hazel di parlare, Evan incastrò le sue dita con quelle di lei, gliele strinse forte, e solo allora la sentì rilassarsi. La vide bere ancora un po' di vino dal suo bicchiere, poi scambiarsi qualche occhiata d'intesa con suo fratello di fronte a lei.
Hazel deglutì, finse un sorriso e ritornò a parlare "Sai papà? È confortante per me scoprire che Evan ti piace così tanto da metterlo a confronto con i tuoi figli" sputò fuori, rivolgendo un'occhiata sorpresa all'uomo accanto a lei. Evan, col capo rivolto verso Hazel, sentì improvvisamente lo sguardo di tutti i presenti su di lui, ad eccezione della sua ragazza, che arrabbiata continuava a fissare suo padre. Così Evan in evidente disagio, cercò aiuto nello sguardo rassicurante di Ian, esattamente di fronte a lui. Lo colse a fissarlo sconvolto e in ansia, come se fosse già preparato ad assistere all'ennesima scenata di suo padre, adesso ferito nell'orgoglio dalla battuta fastidiosa di sua figlia. Evan in preda al panico, e preoccupato per come avrebbe potuto rispondere adesso il signor Donovan alla sua ragazza, era sul punto di dire qualcosa, con l'intento di calmare gli animi, ma sua fortuna, Carol fu più svelta e astuta.
"Non era questo ciò che tuo padre voleva dire, Hazel" intervenne la donna.
Hazel accennò ad una risata "Oh, a me invece sembra proprio che papà stia cercando in ogni modo di ricordarmi quanto io sia una delusione per lui. Non è così, papà?" rispose Hazel, il tono arrabbiato e stanco.
"Hazel..." la richiamò Evan a bassa voce, riuscendo a farsi sentire solo dalla ragazza al suo fianco, la sua presa ancora stretta sulla mano di Hazel.
"Tu non sei affatto una delusione per me, Hazel" mentì Michael, stringendo i denti e provando a mantenere la calma.
Hazel sgranò gli occhi, lo guardò sconvolta, poi deglutì, e ancora più arrabbiata riprese a parlare "Non mentire, papà! Io, Ian, Maddie, sappiamo benissimo cosa tu pensi di noi! Ian vuole diventare avvocato, Madison vuole a tutti i costi studiare in quell'accademia di moda in cui sogna di entrare da anni, ed io, io non ho nemmeno più idea di chi vorrei essere! Per anni mi sono sentita giudicata da te, e ogni qualvolta che mi presentavo alla tua porta con un nuovo piano per il mio futuro - che mi vedesse come una straordinaria ballerina o una fotografa di successo -, tu eri sempre pronto a distruggere tutto, a considerare ogni mio sogno sbagliato e stupido. E adesso, adesso non so nemmeno più cosa vorrei fare, chi vorrei diventare, e tutto questo è solo per colpa di tutti quei tuoi no. Io non voglio fare il medico: mi viene da vomitare alla sola vista del sangue, e odio gli ospedali. So di essere la tua più grande delusione, lo sappiamo tutti qui dentro perché ognuno di noi lo è, ma mi dispiace papà, tu sarai l'unico medico di questa famiglia!".
Quando Hazel riprese fiato, i suoi occhi erano colmi di lacrime, le sue mani tremanti, e adesso stava in piedi davanti a suo padre con la mano di Evan su un fianco. Tutti la guardavano sconvolti, zitti e immobili, tutti tranne Michael Donovan. Lui non sembrava affatto sorpreso dalla reazione di Hazel, così adesso la fissava in silenzio, lo sguardo accigliato e le labbra immobili.
Hazel rimase lì ferma davanti a lui a lungo, costringendosi a stare zitta, a non continuare a dare di matto, ma quando capì che suo padre non avrebbe più detto una parola, si arrese più delusa di quanto avrebbe mai potuto dire di sentirsi suo padre. Si era sfogata, aveva dato voce ai suoi pensieri, ma se solo pochi minuti prima, avrebbe giurato che dire tutto ciò che pensava a suo padre, l'avrebbe fatta stare sicuramente meglio, adesso non poteva che rimangiarsi tutto. Si sentiva indubbiamente peggio, ma ora, oltre che essere infuriata con suo padre, ce l'aveva a morte soprattutto con se stessa.
Istintivamente si liberò dalla stretta di Evan, guardò per l'ultima volta negli occhi suo padre, poi scappò via.

Spazio autrice

Eccomi qui con l'aggiornamento di questa settimana!
Finalmente ho finito di revisionare questo dannato capitolo, e così sono riuscita ad aggiornare con un leggero anticipo.
Spero che anche questo capitolo vi sia piaciuto, fatemi sapere ciò che pensate del personaggio di Micheal Donovan, e quanto vi abbia irritato su una scala da 1 a 11827.
Per oggi è tutto, passo e chiudo!

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