Capitolo 19

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AVVISO

Il capitolo che segue, è uno dei parti più complessi e dolorosi che io abbia mai sperimentato. Si tratta di un travaglio lungo (più di 6000 parole) e sofferente. Ciò nonostante, penso sia uno dei capitoli più belli che io abbia mai scritto, se non addirittura il più bello. Voglio che però sarete voi a giudicare, quindi ci terrei tantissimo se mi lasciaste un commento, dicendomi che ne pensate, e se almeno un po' sono riuscita a farvi emozionare. Le tematiche trattate all'interno di questo capitolo sono complesse, e come vedrete, per i nostri personaggi non è facile parlarne. Spero che vi piacerà, e che proprio come è successo a me mentre lo scrivevo e rileggevo, anche voi potrete comprendere a fondo ciò che determinati personaggi sentono. Detto questo, evaporo e vi lascio alla lettura!

"I was out on the town,
so I came to your window last night
I tried not to throw stones,
but I wanted to come inside
Now I'm causing a scene
thinking you need a reason to smile
Oh no, what have I done?
There's no one to keep me warm"
Out on the town, fun.

Completamente solo in casa - eccezion fatta per Aaron in giardino che dormiva da ore - Ian decise di rilassarsi un po' godendosi quella rara pace che così per caso, aveva invaso casa Donovan.
La chiamava pace, ma era più simile ad un divertente spettacolo con musica di ogni tipo, e merendine sparse sul divano del salotto. Era così che adorava studiare. Tutto quel casino lo aiutava a concentrarsi sui libri di diritto privato che si era promesso di finire di studiare prima dell'inizio dell'autunno, così da poter passare il test d'ammissione all'università di legge che si sarebbe tenuto a fine ottobre. Il suo era un piano perfettamente studiato, e che almeno fino al giorno della sua laurea, sarebbe dovuto rimanere un pericoloso segreto fra lui ed Hazel. Sebbene suo padre lo avesse da sempre scoraggiato, caricandolo di giudizi poco incoraggianti sul desiderio di Ian di diventare avvocato, il più grande dei Donovan aveva ormai preso la sua decisione. Con o senza l'appoggio di suo padre, lui avrebbe studiato legge.
Così adesso non smetteva di leggere ad alta voce, sopra il suono assordante delle canzoni degli Artic Monkeys, le leggi della costituzione statunitense che avrebbe dovuto conoscere a memoria per il resto della sua vita.
Solo uno svitato come lui sarebbe riuscito ad applicarsi tanto con tutto quel casino.
Con le gambe intorpidite dopo ore passate seduto nei modi più strambi sul divano del salotto, a mangiare merendine e biscotti ad ogni legge memorizzata, Ian decise finalmente di alzarsi.
Fece qualche smorfia accorgendosi di esser stato sul punto di perdere la sensibilità delle gambe per il troppo riposo, poi col libro in mano, iniziò a camminare da destra verso sinistra e viceversa, per tutto il soggiorno. Continuava a blaterare concentrato, ignorando gli abbai continui di Aaron che dietro la porta d'ingresso non smetteva di correre agitato. Poi qualcosa lo fece ritornare alla realtà, così quando finalmente sollevò lo sguardo da quel libro, si accorse dell'arrivo di qualcuno.
Inarcò un sopracciglio, accorgendosi quanto fosse ancora effettivamente troppo presto per il ritorno delle sue sorelle o dei suoi genitori, così affacciandosi dalla finestra del salotto, capì che si trattava di una visita tutt'altro che attesa o gradita.
Noah Keller si trovava sul vialetto di casa sua, intento a giocare con Aaron come se non ci fosse nulla di più normale del fatto che lui fosse proprio a casa sua, con la stessa faccia tosta - oltre che di cazzo - che aveva avuto nel spezzare il cuore a sua sorella. Un tremolio d'agitazione gli salì su per le mani fino a giungere alle braccia, adesso rigide e tese, serrò i pugni, strinse i denti, poi dopo un lungo e profondo respiro, e aver finalmente staccato lo stereo, aprì la porta d'ingresso.
Non appena il rumore della serratura giunse alle orecchie di Noah, quest'ultimo sobbalzò, colto di sorpresa. Puntò i suoi sfacciati occhi verdi su Ian, che era tutto un fascio di nervi, poi Aaron abbaiò, e lui ebbe finalmente il coraggio di parlare.
"Ciao, Ian" disse, facendo una lunga pausa tra le due uniche parole.
"Cosa cazzo ci fai qui tu?" gli chiese arrabbiato Ian senza nemmeno salutarlo.
"Io sono qui per... Hazel è in casa?" "No" lo bloccò subito Ian.
"Cosa vuoi da lei?" gli chiese poi guardandolo come se niente e nessuno fosse mai stato più ripugnante ai suoi occhi, il pugno stretto attorno al pomello della porta.
"Parlarle, ho bisogno di vederla" rispose sfacciato.
Ian gli si avvicinò incredulo, e riducendo gli occhi a due fessure, lo guardò minaccioso. "Di cosa ti sei fatto?" gli chiese guardandolo negli occhi. Noah stava per aprire bocca, sembrando seriamente a disagio, ma ecco che Ian lo bloccò di nuovo "Perché per presentarti qui, senza nemmeno avere la certezza che nessuno ti avrebbe preso a calci in culo non appena varcata la soglia del mio portico, non sembra un'idea frutto di una mente lucida. Devi per forza essere fatto!" concluse arrabbiato, e esaminando per bene l'espressione del ragazzo davanti a lui, che però non sembrava affatto avere lo sguardo spento o stralunato, tipico di qualcuno sotto l'effetto di una qualunque droga leggera.
"Sono lucidissimo Ian, ho solo bisogno di vedere tua sorella, non sarei mai venuto qui se non fosse stato importante" gli spiegò, con una calma irritante.
"Tu non saresti mai dovuto venire e basta! Non importa quali siano le ragioni di questa tua folle idea, tu adesso devi andare via. Hazel non è in casa ma se dovesse arrivare da un momento all'altro, non ti garantisco che non metterà le mani addosso a quella tua bella faccia di cazzo!" sputò fuori arrabbiato Ian, indicandogli la strada davanti al vialetto di casa sua. Noah di fronte a lui invece, al suono di quelle parole si irrigidì d'un tratto, mentre il suo viso si colorava di rosso, e la sua bocca poco prima immobile, si schiudeva per dar voce a quello che mai avrebbe dovuto dire.
"Eppure non sembrava tanto arrabbiata da volermi prendere a pugni in faccia l'altra sera... Anzi direi che le abbia fatto addirittura piacere rivedermi" gli confessò irritato. Ian si pietrificò, le labbra serrate in una smorfia confusa, e gli occhi sgranati.
"Di cosa cazzo stai parlando Keller?" gli chiese inarcando un sopracciglio.
Noah roteò gli occhi "Credevo che tu ed Hazel vi diceste tutto... Non ti ha parlato del nostro casuale incontro al parco di qualche giorno fa? Cavolo, deve proprio farti arrabbiare un sacco sapere che la persona di cui tu più ti fidi, sia capace di nasconderti una cosa del genere" lo provocò, fingendosi dispiaciuto per lui.
"Stai mentendo" gli disse stringendo i denti Ian. "Perché mai dovrei?" ribatté Noah, avvicinandosi a lui e guardandolo con uno sguardo beffardo "Stava portando a spasso questo piccoletto" disse accarezzando la testolina di Aaron "Io invece stavo facendo una corsa. Ci siamo visti, abbiamo parlato, e-" stava per continuare, ma poi Ian lo bloccò "Devi starle alla larga" gli disse intimidendolo.
Noah inarcò un sopracciglio "Ian, se sono qui a discutere con te significa che non ho alcuna intenzione di starle ancora lontano. Ho sbagliato, ho commesso un terribile errore, mi sono reso conto di quanto io sia stato idiota, un folle, e ho anche capito quanto Hazel sia importante per me, ma-" Ian lo fermò di nuovo "Lei ti ha finalmente dimenticato, non ti permetterò di rovinare di nuovo tutto" chiarì.
"Ti ha tenuto nascosto quello che è successo la scorsa notte tra noi, cosa ti fa pensare che mi abbia davvero dimenticato? Che lei non pensi ancora a me?" gli chiese serio Noah, lasciandogli immaginare che quella sera fosse accaduto qualcosa di più fra i due che una semplice chiacchierata.
"È stata male per un anno intero per colpa tua: la sentivo piangere mentre ascoltava musica triste chiusa nella sua camera ogni notte, era scontrosa, sempre nervosa, ed io sono stato l'unico ad esserle stato accanto, ad averla fatta sfogare e distrarre. Ma ultimamente qualcosa è cambiato, il suo nuovo lavoro, i suoi amici" si fermò per un istante, e il ricordo di sua sorella che tornava nel bel mezzo della notte il giorno del compleanno di Evan, con la sua felpa dei Clippers indosso e un sorriso di una bellezza imbarazzante stampato sul viso, gli permise di vedere tutto più chiaro in quella storia "Lei adesso è felice" concluse poi.
"Tu non sai cosa ci siamo detti. Potrei essere io il motivo di tale cambiamento, il mio ritorno, il nostro incontro, Ian io ho bisogno di vederla" provò a convincerlo testardo. "Tu devi andare via, devi lasciarla in pace. Hazel adesso sta bene, e ovviamente non è per merito tuo" lo intimidì ancora.
"Lei non potrà mai dimenticarsi di me, o di noi" ribatté imperterrito Noah.
"Lo ha già fatto, Noah" tentò di fargli capire ancora una volta Ian "Proprio come hai fatto tu mesi fa quando senza molti problemi ti sei scopato un'altra, non pensando a lei, e a quello che provava per te" tirò di nuovo fuori quella storia. "Ecco perché tu adesso non hai alcun diritto di ritornare qui a casa nostra, chiedere di incontrarla, e magari pregarla di guardare di nuovo indietro e tornare con te. Non puoi più averla" cercò di essere chiaro.
"Dovresti smetterla di essere tanto protettivo nei suoi confronti. Inizia a farti i cazzo tuoi, fatti una vita Ian, e lascia che tua sorella scelga per sè" uscì il peggio di se Noah.
Ian rimase in silenzio a guardarlo per alcuni secondi, tentando con ogni sua forza di mantenere la calma, e lasciare che quella rabbia semplicemente implodesse dentro di lui. Prese un respiro profondo, abbassando lo sguardo lentamente, poi strinse i pugni, sollevò di nuovo il capo e puntando i suoi occhi color nocciola in quelli verdi del ragazzo davanti a lui, portò le sue grandi mani sul colletto della giacca di Noah, tirandolo su contro la parete del suo portico. Aaron abbaiò, mentre Noah lo fissava sorpreso.
"L'unico che dovrebbe farsi i cazzi suoi qui sei tu! Hazel è mia sorella, e nessuno la conosce meglio di me, per questo tu non sei nessuno per dirmi di smetterla di preoccuparmi per lei" Aaron abbaiò ancora guardando Ian incenerire con lo sguardo Noah, come a voler manifestargli il suo sostegno in quella lite.
"Hazel non pensa più a te perché sta uscendo con un altro! E lui sembra davvero farla stare bene, per questo devi sparire dalla sua vita!" le parole uscirono fuori dalla sua bocca ancora prima che si rendesse conto di cosa stesse dicendo.
Ma nel momento stesso in cui si accorse dello sguardo sconvolto sul viso di Noah, si rese conto di cosa si era appena lasciato scappare. Arrossì, mentre Noah invece impallidiva sempre di più fissandolo smarrito. Lo tratteneva ancora contro la parete, ma quando lo vide impassibile e muto sotto la sua presa, decise di mollarlo. Piano lasciò il colletto della sua giacca, ormai stropicciata, poi indietreggiò, rischiando quasi di pestare una zampetta ad Aaron.
Si sentì quasi dispiaciuto per lui, sensibile e dolce com'era - probabilmente avrebbe dovuto lasciare che fosse Hazel a dirglielo, ma ormai lo aveva fatto, così sebbene volesse ancora prenderlo a pugni in faccia, decise di provare ad essere un po' più comprensivo.
"Non si può più tornare indietro Noah" gli disse Ian improvvisamente più calmo, gli occhi di Noah arrossati e in preda alle lacrime.
Il moro deglutì incredulo "Un altro?" disse con voce tremante. "Sì" rispose solo Ian.
"Lei sta frequentando un altro ragazzo?" chiese non ancora convinto Noah. "Sì, Hazel sta finalmente andando avanti" cercò di essere più chiaro Ian.
Noah si asciugò gli occhi umidi con la manica della sua giacca, poi ritornò a guardare Ian "Da quanto tempo?".
"Poco" fu vago Ian. "Lui le vuole bene?" chiese, facendo quasi tenerezza al ragazzo davanti a lui.
"Sembra di sì" rispose facendo spallucce Ian.
Qualche secondo di silenzio, poi Noah si fece coraggio "Dille che sono passato" fu l'ultima cosa che disse, iniziando a camminare.
"Noah..." lo richiamò sinceramente dispiaciuto Ian voltandosi verso di lui, che stava ormai scendendo le scale.
Ma poi qualcosa lo colpì, così guardando nello sfondo notò sua sorella Hazel scendere da un auto sorridente e allegra. Evan che si chiudeva la portiera alle sue spalle mentre diceva qualcosa ad Hazel fu la seconda persona che notò, per poi tornare di nuovo a fissare Noah che sconvolto si era già pietrificato davanti il vialetto di casa sua.
Si maledì per esser stato così stupido e aver svelato a Noah proprio pochi istanti prima il segreto di Hazel e Evan, poi però pensò che se non lo avesse fatto probabilmente sarebbe stato anche peggio.
Vide Hazel cambiare improvvisamente espressione alla vista di Noah davanti a lei che sembrava aver ormai acquisito le sembianze di una statua, rivolse un'occhiata allarmata al fratello, che leggendo lo shock e il panico nei suoi occhi si precipitò da lei nel tentativo di salvarla da quella situazione più che solo imbarazzante. Evan nel frattempo si era già avvicinato ad Hazel, le aveva preso la mano, e adesso fissava confuso il ragazzo a pochi passi da loro.
"Zel tutto bene?" le sussurrò, notando come era impallidita d'un tratto. Lo guardò, riuscendo a fingere un sorriso e provando a mantenere la calma. "Sì" disse piano, probabilmente non riuscendo nemmeno a farsi sentire. Strinse la sua mano, poi sospirando e facendosi coraggio, si mosse verso Noah e Ian.
"Ciao Noah" lo salutò quando gli fu davanti, mentre con la mano libera si toccava nervosa i capelli ancora bagnati.
"Ciao Hazel" riuscì a dire Noah, che non smetteva di fissarla sconvolto.
"C-cosa ci fai qui?" gli chiese confusa, mentre continuava a stringere forte la mano di Evan. "Sono venuto per-" "È passato per restituirmi il libro di diritto privato che gli avevo prestato" tentò di aiutare Ian bloccando in tempo la sorella. Hazel e Noah guardarono sorpresi Ian, la prima perché non credeva che suo fratello e il suo ex-ragazzo sarebbero mai stati capaci di rincontrarsi dopo tanto tempo senza prendersi a pugni a vicenda, il secondo perché chiaramente sapeva che il motivo per cui si trovasse li, non aveva niente a che fare nè con il diritto privato nè con Ian.
Così Hazel guardava confusa il fratello, che per alleggerire la situazione, spostò l'attenzione sul ragazzo che estraneo a tutto ciò che stava succedendo, era rimasto accanto ad Hazel zitto e leggermente a disagio.
"Ciao soldato!" lo salutò "Ian" ricambiò il saluto il ragazzo, sorridendogli.
"Soldato?" chiese poi sorpreso Noah, rivolgendo un'occhiata poco gentile al ragazzo davanti a lui. Evan lo guardò sorpreso continuando a sorridergli "Sì" rispose poi imbarazzato "Sono Evan, piacere" si presentò porgendogli una mano solare come sempre. Noah inarcò un sopracciglio, poi decise di comportarsi come se non avesse voluto spaccare la faccia al ragazzo che adesso aveva allungato una mano verso di lui, così gliela strinse fin troppo calmo "Noah Keller".
"Noah frequentava il liceo con me e mio fratello" gli spiegò meglio Hazel, dopo alcuni secondi di silenzio imbarazzante, omettendo il fatto che quello fosse pure il ragazzo con cui aveva vissuto quattro lunghi anni di relazione, il suo primo amore, ma anche la sua prima delusione.
"Che è successo ai vostri vestiti?" chiese poi sfacciato Noah, indicando i loro abiti ancora bagnati, la gelosia nei suoi occhi.
Hazel sbiancò per l'imbarazzo, sorpresa da tanta sfacciataggine, poi Evan rispose "Solo un po' d'acqua" rimase vago, non smettendo di sorridere, mentre Ian ammiccava uno sguardo malizioso alla sorella, troppo occupata a soffocare in mezzo a tutto quell'imbarazzo per accorgersi di lui.
"Fareste meglio a entrare e asciugarvi" propose Ian, tentando di far capire a Noah che fosse proprio l'ora di andare.
"Sì esatto, vieni Evan!" disse Hazel, sorridendo al soldato "Ciao Noah" salutò poi la ragazza imbarazzata.
"Ciao Zel" disse triste Noah, mentre la guardava andare via con quello che sembrava essere il suo nuovo ragazzo.
"Non sapevo che stesse tornando, ne che avrebbe portato Evan a casa" chiarì Ian a bassa voce, quando Evan ed Hazel erano ormai lontani.
"Non importa Ian, avevi ragione. Sembra di nuovo felice" ammise il ragazzo distrutto. Ian stava per dirgli qualcosa, ma Noah sembrava non voler rimanere lì ancora un minuto di più, così andò via, senza nemmeno salutare Ian, che dispiaciuto e colpito rimase lì immobile a guardarlo allontanarsi lentamente.

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