Capitolo 50

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Dopo aver chiesto a Cooper qualche giorno di malattia, ed aver convinto lui e i suoi genitori che il motivo di quella richiesta fosse solo la recente perdita del suo amico, finalmente Evan cominciò a considerare più seriamente l'idea di provare a farsi aiutare da dei medici.
Così quella mattina andò a ricomprare le pillole di cui si era liberato senza alcun problema mesi prima, poi si procurò l'indirizzo di quel fantomatico gruppo di sostegno per veterani come lui, e adesso era sul punto di compiere il suo primo passo decisivo.
Si trovava chiuso nel bagno di casa sua, appena uscito dalla doccia con solo dei pantaloncini indosso, stava seduto sul bordo della vasca da bagno, e continuava a fissare titubante il flacone contenente le sue pillole.
Le parole severe di Peter e John continuavano a frullargli in testa, ma era stata la richiesta di Hazel di mettercela tutta per provare a risolvere quel problema, che fra tutti, lo aveva convinto a rivalutare l'idea di riprendere la sua terapia. Così adesso pensava ai suoi genitori, e a come si sarebbero spaventati qualora fossero venuti a conoscenza della pericolosa ricaduta che lo aveva visto protagonista il giorno del funerale, pensava a suo nonno e a come lo avrebbe deluso scoprire quante cose avesse inventato Evan pur di nascondere la verità sul suo stato mentale, pensava anche ai suoi amici, e a quanto ci tenessero ad averlo ancora nella loro squadra, e inevitabilmente pensava anche a lei, alla ragazza alla quale rischiava di fare più male non prendendo quelle pillole.
Le fissava da almeno cinque minuti, zitto e pensieroso, nemmeno avessero potuto procurargli qualcosa di più pericoloso di un'innocua sonnolenza.
Poi aprì il flacone con decisione, lasciò cadere una pasticca bianca nel palmo della sua mano, e infine la portò alla bocca, mandandola giù con un sorso d'acqua senza indugiare più un solo secondo.
Prese un respiro profondo, cominciando ad avvertire una strana sensazione: non orgoglio, nemmeno soddisfazione, ma solo un profondo senso di pace.
Non era felice di aver preso quelle pillole, ma era felice di aver dato ascolto alla gente che amava, e aver mantenuto la promessa fatta a loro.
Si sentiva in pace con se stesso, e per la prima volta dopo quasi un anno dall'incidente, cominciava a sentire di potercela davvero fare.
Così sicuro di sè Evan si mise di nuovo in piedi, posò le sue pillole in un armadietto, e in pochi secondi uscì fuori di casa. Senza pensarci troppo decise che era arrivato il momento in cui avrebbe finalmente dato una possibilità a quel nuovo tipo di terapia. Non gli interessava se l'obbiettivo di Mavis fosse stato presentare il suo migliore paziente come un possibile esempio da poter seguire per tutti quei veterani traumatizzati come lui, Evan avrebbe solo cercato di trarre il meglio da quell'esperienza, e possibilmente, di risolvere il suo problema con l'aiuto di quelle vittime di guerra tali e quali a lui. Così salì sulla sua moto, si mise il casco e partì.

Le mani di Peter continuavano a tremare, e l'ansia aumentava mentre i metri che lo separavano da Julian Milkovich diminuivano sempre di più. Casey guardava fuori dal suo finestrino con la fronte corrugata e un'espressione pensierosa sul volto, mentre nervosa quasi quanto Peter, batteva una mano sulla gamba.
Poi Peter fermò la macchina, diede un'ultima occhiata all'indirizzo impostato nel suo navigatore, poi la spense "Ci siamo, dovrebbe essere qui" annunciò, la tensione nelle sue parole.
Casey lo guardò agitata, mentre Peter che a stento riusciva a respirare regolarmente, provava in ogni modo a mascherare il suo evidente stato di ansia.
"Sei pronto?" gli chiese preoccupata la ragazza.
"No" rispose Peter "Ma non tornerò indietro ormai" il tono determinato.
Casey annuì fiera "Andiamo" lo incitò poi aprendo la portiera dell'auto.
Peter la seguì, mosse i suoi passi verso il vialetto di casa Milkovich, e quando si trovò di fronte alla porta d'ingresso con Casey al suo fianco, suonò il campanello.
Pochi secondi, poi una donna anziana aprì la porta, sorridente e gentile proprio come Peter la ricordava.
"Signora Milkovich" esordì il ragazzo nervoso, e anche un po' sorpreso di rivedere quella donna.
"Salve, sono Peter, Pet Collins" la salutò gentile, mentre la donna continuava a fissarlo sorridente e probabilmente anche un po' confusa riguardo chi fosse il ragazzo di fronte a lei.
"Si ricorda di me? Sono un amico di Julian" le disse Peter.
"Julian?" chiese la donna.
"Mamma! Chi è alla porta?" gridò poi una voce familiare non troppo distante da loro.
"È un ragazzo che dice di conoscerti, Jules" rispose l'anziana donna al figlio nella stanza accanto.
Peter la guardava confuso, e terrorizzato all'idea che Julian, o Jules, si trovasse di nuovo così vicino a lui.
Non sentiva quel nome da una vita ormai, eppure Peter ricordava bene quando da bambino, anche lui utilizzava quel soprannome per chiamare colui che crescendo, avrebbe imparato a chiamare solo Milkovich.
Ed ecco che Julian Milkovich in persona comparve alla porta, in tuta e sneakers sgualcite, con quella solita espressione da ragazzino strafottente, e la stessa terrificante cicatrice sullo zigomo sinistro che da tutta una vita gli donava quell'aspetto da vero delinquente quale era.
Lo vide puntare i suoi occhi su di lui, lo sguardo incredulo e la bocca semi aperta, poi spostare la sua attenzione su Casey, che silenziosa assisteva a quella scena attenta e cauta.
"C-ciao Julian" aprì bocca il ragazzo, impallidendo sempre di più mentre provava a non distogliere lo sguardo.
"Peter Collins?" si chiese Julian perplesso, l'espressione accigliata e i capelli neri scompigliati a fare ombra sul suo viso, poi guardò di nuovo Casey ancora confuso "E tu saresti?" chiese.
"Sono Casey, Casey Johnson, la ragazza di Peter" rispose mostrandosi gentile ed educata, il sorriso smagliante a illuminarle il viso.
"Johnson?" domandò ancora Julian, lasciandosi scappare una rumorosa risata dal timbro sarcastico.
"Jules, non lasciare che i tuoi amici prendano altro freddo. Su ragazzi, entrate pure" li invitò la signora Milkovich, facendo loro segno di seguirla in casa.
Julian guardava i due ragazzi sull'uscio della porta come un cane rabbioso pronto ad attaccarli al primo passo falso, indeciso su cosa fare, se assecondare la madre lasciando che Peter e Casey entrassero in casa sua, o fare una scenata mandandoli via in malo modo.
Ma sua madre sembrava troppo emozionata per quella visita inaspettata,ne ancor più sorpresa di aver appena conosciuto due fra gli ipotetici amici che sperava fossero rimasti al figlio, così Julian decise di lasciarla fare, e di comportarsi come se tutto fosse assolutamente normale solo per non rischiare di turbare la sua dolce madre con qualche problema di memoria.
"Prego" allora esordì Julian, fingendosi gentile e cercando di mascherare il suo evidente stato di agitazione.
Così dopo aver esitato qualche istante, finalmente Peter varcò quella porta, mentre Casey, che gli camminava a fianco, stringeva la sua mano tentando di calmarlo.
"Accomodatevi in salotto, io vado a mettere l'acqua sui fornelli per un thè, vi va?" chiese loro gentile e sorridente la signora Milkovich.
Casey le sorrise annuendo, mentre Julian squadrava il ragazzo davanti a lui non cercando nemmeno di mascherare il ghigno rabbioso sul suo viso, e Peter agitato si preoccupava di non guardarlo per troppo tempo negli occhi.
Julian si sedette su una poltrona in pelle fingendosi stranamente troppo calmo, si accese una sigaretta incurante dei due ragazzi ancora in piedi di fronte a lui,  poi buttando il fumo grigiastro fuori dalla sua bocca, poggiò i piedi sul tavolino in legno davanti a lui.
"Accomodatevi" ripeté l'invito di sua madre ai due ragazzi, non contento quanto lei di avere quei due ospiti in casa sua.
Così Casey e Peter si sedettero sul divano di fronte a Julian, imbarazzati e agitati, mentre quest'ultimo continuava a fumare la sua sigaretta non sembrando gradire affatto quella visita.
"Credevo non mi avresti nemmeno lasciato entrare" esordì poi Peter con tutto il coraggio che credeva di possedere.
Julian lo guardò inarcando un sopracciglio, la sigaretta fra le labbra e il tatuaggio sul suo collo che Casey riuscì a intravedere da sotto la sua felpa grazie al suo sguardo attento.
"Mia madre crede tu sia mio amico, è malata, ed io non voglio turbarla picchiando a sangue un tipo che nemmeno conosce in casa nostra" rispose lanciando il suo accendino sul tavolino di fronte a lui.
Peter chiuse gli occhi prendendo un respiro profondo, poi si bagnò le labbra "Come sta?" chiese, sinceramente interessato alla salute dell'anziana donna.
Il rumore di un'inquietante risata echeggiò in tutta la stanza, facendo venire i brividi a Casey che silenziosa e profondamente a disagio, non riusciva a smettere di pensare al male che suo padre, insieme a Peter, aveva recato a quella famiglia.
"Ha l'alzheimer, Collins: crede io abbia ancora 25 anni e che non sia appena uscito dal carcere per la terza volta, come vuoi che stia?" rispose freddo e provocatorio, schiacciando la cicca della sua sigaretta su un posacenere.
"Mi dispiace, Julian" riuscì a dire semplicemente Peter, guardandolo negli occhi mentre una dolorosa fitta si stringeva attorno al suo cuore colpevole.
"Ti dispiace, eh?" chiese Julian digrignando i denti, lo sguardo terrorizzato di Casey "Non dovresti dirmi che ti dispiace solo adesso" gli rimproverò.
"È tutto ciò che sono in grado di dirti, Julian: sono tremendamente arrabbiato con me stesso, se ripenso a quello che ho fatto a te e alla tua famiglia mi sento davvero uno schifo, mi considero un vigliacco, un bugiardo, ed è esattamente per questo che oggi sono venuto qui. Io voglio chiederti scusa" riuscì finalmente a dire.
"Scusarti con me? Sul serio, Collins?" chiese Julian indignato chinandosi in avanti, i gomiti inchiodati sulle sue cosce, e lo sguardo carico d'ira puntato dritto contro Peter "E ci pensi solo adesso? Credi davvero di poter ammettere di aver sbagliato solo ora che sono uscito di prigione dopo ben 2 anni?".
Peter abbassò lo sguardo, lanciò un'occhiata veloce alla ragazza seduta al suo fianco, poi stringendo le sue mani sulle sue cosce, riprovò "Non sono mai venuto a farti visita in prigione perché per tutti ero solo il testimone dei tuoi crimini, colui che ha potuto provare la tua colpevolezza. Se fossi venuto, avrei fatto sollevare milioni di dubbi e sospetti".
"I miei crimini, la mia colpevolezza? Io non ho fatto niente!" uscì fuori la voce Julian, che fino a quel momento aveva cercato in tutti i modi di mantenere la calma.
Peter e Casey lo guardarono paralizzati su quel divano, non sapendo cosa dire o cosa fare per riuscire a spiegarsi.
"Sono uno spacciatore, una testa calda, e ho aggredito più e più volte Johnson e i suoi uomini, ma non sono un ladro, non ho mai rubato soldi a nessuno. Johnson ci doveva quei soldi, per lui e la sua banda di amici con un conto in banca pieno di denaro sporco, ho rischiato di farmi più anni di quelli che mi meritassi, Peter!" sputò fuori Julian infuriato.
"Non avresti mai dovuto metterti in affari con lui, quegli uomini sono molto più potenti di quanto immagini" gli disse Peter con lo sguardo chino sui suoi piedi.
"E tu non avresti mai dovuto tradire la mia fiducia per un uomo come Johnson!" gli rinfacciò puntandogli un dito contro.
Ma Peter non ebbe il coraggio di rispondere, così rimase zitto mantenendo lo sguardo basso, mentre Casey lo guardava con la coda dell'occhio incapace di dire o fare nulla.
Julian ansimava, le sue mani fremevano dalla voglia di colpire ripetutamente Peter, e l'agitazione continuava a fargli battere il cuore all'impazzata.
"Credi che io non sappia di essermi meritato la prigione? Ho la fedina penale macchiata da quando avevo 16 anni, ho sempre sbagliato tutto nella mia vita, ma nemmeno Johnson era un brav'uomo" disse dando testimonianza del suo incredibile buon senso.
Fu quando sentì pronunciare quelle parole che Casey trovò il coraggio di guardare fisso negli occhi Julian "Johnson sarà stato pure un uomo potente, un giudice stimato e amato da molti, ma era un criminale come Burrows e me, e solo perché i suoi crimini non sono mai stati schedati e condannati, non significa che non siano mai esistiti o che non fossero addirittura peggiori dei miei" chiarì Julian, riuscendo finalmente a calmarsi.
"Della gente è morta, Peter, e non mi stupirebbe affatto scoprire che là fuori c'è ancora qualcuno che ucciderebbe per proteggere il nome di quel bastardo. Potrebbero uccidere perfino me, adesso che sono di nuovo fuori, o i fratelli Burrows, magari anche lo sceriffo, anzi soprattutto noi!" si sfogò Julian puntando un pollice contro il suo petto, la paura e la rabbia nei suoi occhi.
Peter aggrottò le sopracciglia, poi si avvicinò un po' piegandosi in avanti, mentre Casey incredula fissava Julian davanti a lei tesa e agitata come mai lo era stata prima d'ora.
"Lo sceriffo? Perché dovrebbero prendersela anche con lui?" chiese Peter, lo sguardo terrorizzato.
"Credi che io, te, e la piccola Johnson qui, siamo gli unici a sapere la verità su quell'uomo e tutta la gente che lavorava con lui?" rispose Julian guardando Peter con tenerezza, cominciando a pensare che fosse davvero solo un ingenuo idiota.
Lo sguardo di Casey si accese in un istante, mentre anche le sue mani iniziavano a tremare. Julian sapeva chi era, e adesso non poteva che sentirsi anche lei in parte responsabile per quello che gli era successo.
"Cosa intendi dire?" gli chiese poi la ragazza preoccupata.
Julian li fissava sorpreso, il sopracciglio inarcato e le labbra dischiuse. Sorrise, poi addirittura rise, mentre Casey e Peter stavano lì a guardarlo sempre più confusi.
"Volete farmi credere che davvero voi due non sapete quale fosse la specialità del caro vecchio Johnson?" chiese incredulo il moro.
Peter guardò Casey seduta al suo fianco, che tesa e arrabbiata attendeva che Julian rivelasse finalmente tutta la verità su suo padre, pronta a farsi carico di quell'altra ennesima delusione.
"Parla, Julian" lo invitò Peter irritato.
Il moro sospirò "Robert Johnson era un prevaricatore, il peggiore che io abbia mai conosciuto. Non era solo un giudice corrotto, ma era anche a capo di una società criminale che si nasconde dietro una falsa azienda costruttrice di barche" disse Julian chino sulle sue ginocchia.
"La Johnson Limited Company, tutti sanno della vecchia azienda di mio padre e i suoi fratelli. Vendeva barche, non è un crimine" finalmente parlò Casey, l'aria confusa.
"Credi sul serio vendesse solo barche? Hai mai conosciuto uno dei suoi soci, o forse pensi davvero fossero tutti solo dei semplici imprenditori con la passione per il mare?" le chiese Julian.
Rimase a fissare Casey per qualche istante, poi capendo quanto poco effettivamente conoscesse quella ragazza su suo padre, non potè che provare addirittura pietà e dispiacere per lei.
Julian sospirò ancora, poi si sforzò di provare ad essere un po' più delicato "Le barche, la vecchia azienda di famiglia, era tutto una copertura. Tuo padre era in affari con narcotrafficanti ben peggiori di lui, ed era a loro che vendeva le sue barche. Permetteva a quegli uomini di nascondere la droga all'interno delle sue barche, la faceva installare nei posti più improbabili durante la loro produzione, poi gliele vendeva, e da bravo uomo di legge quale era, lasciava che andassero via col bottino, mascherando il tutto con l'onesta e trasparente compravendita di semplici ma costose barche" spiegò loro nel dettaglio Julian, mentre Casey ascoltava sconvolta, paralizzata su quel divano.
"Ve l'ho detto, Johnson era un criminale studiato, di gran lunga più pericoloso di due semplici spacciatori come me e Liam Burrows" aggiunse, accendendosi un'altra sigaretta mentre indifferente si stiracchiava sulla sua poltrona.
Peter nel frattempo, incredulo e arrabbiato con se stesso, adesso non poteva che sentirsi ancora peggio. Ciò nonostante, era Casey a preoccuparlo di più. Le poggiò una mano su una spalla, dispiaciuto e in pensiero per lei, ma poi lei reagì, sollevò il capo distrutta, e ritornando a guardare Julian disse "Lo sceriffo, hai detto che è in pericolo, cosa c'entra in tutta questa storia?".
Julian buttò fuori dalla sua bocca il fumo della sua sigaretta, poi con irritante calma ritornò a spiegare "Non tutti qui a Santa Ana sono così stupidi dall'aver creduto alla ridicola recita di tuo padre. Colin Blake è forse l'unico uomo onesto rimasto qui, è per questo che nonostante le continue minacce, non si è mai tirato indietro dal scoprire la verità su questi presunti traffici di droga di cui nessuno parla" rispose, aspirando poi un altro tiro dalla sua sigaretta.
"Lo sceriffo Blake e la DEA indagano su tuo padre e i suoi uomini da qualche mese ormai. È un uomo intelligente, e sembra davvero non avere paura di quella gente. Ha scoperto molto più di quello che tutti noi ci aspettavamo, è venuto perfino a farmi delle domande quando ero ancora dentro: sapeva della roba che io e Burrows avevamo dato a tuo padre, ed era a conoscenza di molti altri nomi, nomi ben più grandi del mio o di quello dei fratelli Burrows. Sto parlando di gente che farebbe davvero di tutto per proteggere i propri affari, perfino uccidere" disse il moro, non sembrando affatto a disagio a parlare di morte e cospirazioni nel tranquillo salotto di casa sua.
"C'è qualcuno che farebbe del male al signor Blake?" chiese Casey turbata.
"C'è chi non lo farebbe? È lo sceriffo, e per sua sfortuna, è anche un uomo fin troppo onesto" rispose Julian.
"Chi sono queste persone, Julian?" chiese Peter preoccupato.
Ma Julian rise ancora "Credi che io lo sappia?".
"Blake crede di sì, quindi immagino tu sappia più di quanto tenti di farci credere" rispose Peter.
Julian mostrò un irritante sorrisetto sghembo "Allora non sei davvero solo un ingenuo, Collins" disse, lasciando che il fumo della sua sigaretta si insediasse in quel sorriso inquietante.
"Ho già detto tutto quello che sapevo a Blake, non sono dalla parte di quella gente, voglio che la smettano di uccidere tanto quanto voi. Ho già perso degli amici, e adesso Liam è in carcere per colpa loro" spiegò Julian.
"Vorrai dire per colpa sua: il tuo amico era armato, avrebbe sparato a mio padre" lo corresse Casey, mentre Peter accanto a lei, si irrigidiva al suono di quelle parole.
Il moro di fronte a loro inarcò un sopracciglio, poi dischiuse le labbra "Anche tuo padre era armato, peccato però che chi ha consegnato quei filmati della sicurezza alla polizia, si sia anche preoccupato di non mostrare il momento in cui Johnson tirò fuori la pistola puntandola proprio contro di me" rivelò Julian, posando lo sguardo su Peter, che teso come una corda di violino continuava a mangiarsi le unghie nervoso mentre batteva freneticamente il piede per terra.
Casey fissava il ragazzo di fronte a lei confusa e sconvolta, poi Julian riprese a parlare "È stato tuo padre a tirare fuori la pistola per primo, Liam Burrows cercava solo di proteggermi" lo sguardo carico di rabbia verso quel bastardo che gli aveva rovinato la vita, e il dispiacere che provava per quella ragazza che tuttavia, non riusciva a ignorare.
La biondina abbassò lo sguardo nell'invano tentativo di nascondere quelle lacrime, i due ragazzi si scambiarono delle veloci occhiate confuse, poi Peter finalmente aprì bocca "Cas, io-".
"È tutto ok, Peter: adesso so che Robert Johnson era davvero il mostro che fino ad oggi ho sempre sperato non fosse" lo interruppe Casey non preoccupandosi nemmeno di guardarlo negli occhi.
Ricacciò le lacrime dentro, si passò una mano sotto il contorno occhi, poi parlò "Non voglio che qualcun altro finisca per farsi del male per colpa sua, soprattutto se si tratta del padre di Evan" l'espressione delusa ma al tempo stesso sicura e determinata.
"Non hai idea di chi potrebbe esserci dietro queste continue minacce?" gli chiese Casey gentile.
"Be', tanto per cominciare io non sottovaluterei i tuoi zii" rispose Julian "E cercherei di scoprire qualcosa di più su questa famosa azienda di barche della tua famiglia" le suggerì.
"Aspettate un momento: qui non siamo sul set di Criminal Minds, e tu non puoi indagare sulla tua famiglia" li fermò Peter spaventato.
"Sono criminali, Casey" le ricordò.
"E vanno fermati" controbatté decisa la ragazza.
"Non puoi fermarli, Cas! Sono pericolosi, e come potrebbero far del male al signor Blake, potrebbero farlo anche a te" l'espressione preoccupata e il ghigno sulla bocca di Peter.
Julian scoppiò a ridere sorpreso, poi irritato Peter tornò a fissarlo "Sul serio, Collins? La tua ragazza ha più coraggio di te, e tu vuoi impedirle di fare qualcosa?" gli chiese provando a smettere di ridergli in faccia.
Peter aggrottò le sopracciglia, poi digrignò i denti "Stanne fuori, Julian! Hai già detto abbastanza" gli intimò, poi poco dopo il moro fece spallucce e si rimise comodo sulla sua poltrona, divertito dal vedere Peter così in difficoltà davanti all'atteggiamento impulsivo di Casey.
"No, Peter. Lui può aiutarci! È l'unico che fra noi tre, a quanto pare, conosce meglio mio padre e i suoi crimini, e abbiamo bisogno di lui per proteggere Blake" gli ricordò la biondina, gli occhi di un azzurro intenso sul punto di prendere fuoco dalla rabbia.
"E a quanto pare, anche io ho un particolare interesse nel voler mantenere Colin Blake in vita" aggiunse Julian attirando l'attenzione dei due ragazzi.
Peter lo fulminò con lo sguardo "E sentiamo, quale sarebbe? Tu e i fratelli Burrows volete di nuovo provare ad aggredirlo per vendicarvi di tutte le volte che vi ha sequestrato la roba?" gli chiese il ragazzo.
Julian sorrise beffardo "Non ho mai toccato quell'uomo, è il padre di Evan, e non ho niente a che vedere con quello che hanno fatto Liam e Logan. Anzi, sono sicuro che anche loro sarebbero felici di allearsi con noi per aiutare Blake, e farla pagare a quei bastardi" chiarì.
"Quindi sei dei nostri. Hai già un piano?" chiese Casey interessata.
"No, ma ho degli alleati" rispose con un sorriso beffardo disegnato sulle labbra il moro, mentre seduto sulla sua poltrona, si scambiava sguardi d'intesa con la ragazza davanti a lui, Peter che accanto a Casey si passava le mani fra i capelli agitato.

Spazio autriceChe vi dicevo? Julian Milkovich era proprio dietro l'angolo ad aspettarvi!Allora, cosa pensate di questo personaggio?E piccola curiosità: avete immaginato qualche viso in particolare per lui leggendo?Io non riesco ancora a dargli un ...

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Spazio autrice
Che vi dicevo?
Julian Milkovich era proprio dietro l'angolo ad aspettarvi!
Allora, cosa pensate di questo personaggio?
E piccola curiosità: avete immaginato qualche viso in particolare per lui leggendo?
Io non riesco ancora a dargli un volto.
Ma veniamo al capitolo: piaciuto?
Chiaramente le cose stanno iniziando a farsi sempre più confuse e misteriose, ed io spero che questo inaspettato aspetto crime che ho voluto donare alla storia, possa piacere anche a voi.
Fatemi sapere cosa ne pensate, e se state già iniziando a collegare i pezzi fra loro.
Qualche strano presentimento riguardo il futuro dei nostri personaggi?
Io come sempre vi aspetto giù nei commenti, e prossimamente in un nuovo capitolo!

Hazel Evans

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