Capitolo 37

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"Ti piace proprio tanto" esordì Madison, camminando tranquilla dietro Evan, diretta verso il soggiorno.
"Cosa?" chiese Evan, voltandosi sorpreso verso di lei, il sopracciglio inarcato e il sorriso sghembo sulle labbra.
In realtà, Evan sapeva bene a cosa si stesse riferendo la ragazzina alle sue spalle. Non l'aveva sentita dire una parola per tutta la cena, era stata semplicemente in silenzio davanti al suo piatto di lasagne, lanciando occhiatacce furibonde* al padre, e sguardi più increduli che infastiditi alla sorella, mentre tra un boccone e l'altro, suo padre, Hazel e Ian avevano discusso animatamente per tutto il tempo.
L'aveva notata a fissarlo con curiosità qualche volta, ma non le aveva più rivolto la parola dal momento in cui si erano salutati al suo arrivo. Ma adesso Madison aveva di nuovo ricominciato a parlare, forse spinta dalla curiosità verso quel ragazzo, o forse semplicemente più rilassata dall'assenza di suo padre e le sue battutacce.
Gli sorrise divertita, poi gli rispose "Non cosa, ma chi. Mia sorella, ti piace proprio" gli rispose.
Evan rise, passandosi una mano fra i capelli imbarazzato, le gote rosse e i piedi d'improvviso inchiodati sul pavimento. Si fermò "Be' sì, mi piace. È un po' matta, ma comincio a farci l'abitudine" scherzò, mentre ruotava l'indice accanto alla tempia, per sottolineare quanto fosse svitata Hazel.
Anche Madison rise "Finalmente qualcuno che la pensa come me!" quasi strillò soddisfatta.
Evan la guardava sorridendo: era incredibile quanto Madison e sua madre somigliassero ad Hazel.
Maddie era la versione punk, più bassa e silenziosa di Hazel, mentre sua madre, Evan era sicuro che Hazel sarebbe diventata esattamente come lei raggiunta l'età adulta.
"Anche a Noah piaceva, era davvero innamorato di lei, almeno, i primi anni credo fosse così, poi non so cosa sia successo a quel ragazzo" disse Madison facendo spallucce d'improvviso più seria.
"Ma in quattro anni, non ho mai scambiato una sola parola con lui" aggiunse, come se stesse realizzando solo adesso quanto poco conoscesse quel ragazzo.
"Credo mi trovasse solo una stupida ragazzina un po' troppo fissata col punk band e i piercing al naso. In effetti non so se il motivo per cui non mi abbia mai rivolto la parola fosse perché si sentisse intimorito da me, o semplicemente per disinteresse" disse, come se Evan fosse il suo migliore amico, e quello uno scambio di confessioni intime.
Evan sorrise intenerito: Madison non lo terrorizzava affatto, nè lo imbarazzava parlare con lei. Quell'aspetto da emo, la lunga frangetta a coprirle gli occhi, le unghie nere e il piercing al naso, sembravano più una copertura che Madidon probabilmente sceglieva di indossare per nascondere il suo cuore fragile, e quell'insicurezza che adesso pareva proprio essere la ragione per cui parlava così poco, ma ascoltava così tanto.
Un po' come la divisa da soldato donava a lui quell'aspetto da ragazzo duro e riservato, immagine davvero poco credibile, se solo la gente si fosse soffermata ad osservare meglio i suoi occhi, il modo in cui sorrideva, o in cui si grattava il capo nervoso quando delle crepe cominciavano a far vacillare il muro dietro il quale aveva nascosto centinaia di insicurezze. Insicurezze che adesso cominciava a scorgere anche nelle parole di Maddie.
Sorrise alla moretta accanto a lui, poi finalmente parlò "Adoro la musica punk-rock! Il mio gruppo preferito sono i Green Day: li ascolto da quando avevo più o meno la tua età, probabilmente è soprattutto a causa loro se anche io al liceo indossavo solo abiti neri, per non parlare del piercing alla lingua fatto ad insaputa dei miei genitori a soli 16 anni" raccontò, mentre divertito raccontava quel suo passato oscuro da adolescente incompreso a Madison.
Lo guardava incredula, gli occhi sgranati e il sorriso emozionato sulle labbra "Questo" disse la ragazzina puntando un dito sul suo naso "L'ho fatto in gita scolastica quest'anno, è opera di una ragazza della mia scuola. Al mio ritorno, i miei genitori mi hanno segregata in casa per un mese, ma ormai sembrano essersene fatti una ragione. Pare abbiano cose di gran lunga più importanti di cui preoccuparsi..." spiegò la moretta, cambiando improvvisamente tono.
Evan rise colpito "Sai, sei più divertente quando non stai in silenzio ad osservare gli altri parlare. E credevo che quello fosse finto: devo ammetterlo, mi hai sorpreso!" le disse, piegandosi in avanti per guardare meglio il piercing di Madison.
"Ed io credevo che fossi un'idiota con troppi muscoli e poco cervello. Ma sembra che tu il cervello ce l'abbia eccome!" esclamò entusiasta la ragazzina.
"E ascolto i Green Day!" le ricordò Evan.
"Ascolti i Green Day!" ripeté entusiasta Maddie, ancora incredula.
"Forse Hazel non ha poi un così pessimo gusto in fatto di ragazzi" aggiunse, anche se non del tutto convinta.
"Forse?" chiese, fingendosi offeso.
Maddie rise "Sei sicuramente più simpatico e gentile di Noah, ma resti comunque il ragazzo di Hazel: non sono sicura che tu sia poi così stabile mentalmente, considerato che stai proprio con mia sorella" lo prese in giro la mora, accennando un sorriso divertito.
"Ehi non sai ancora chi fra me e Hazel sia il più matto" le rispose, giunto ormai davanti alla porta.
"Sei divertente Evan: sono felice di averti conosciuto" disse Maddie, aprendogli la porta d'ingresso.
"Anche io, Madison. Buona notte, e ricorda: niente più piercing!" la salutò, attraversando la porta d'ingresso, poi voltandosi verso Maddie di nuovo le fece una linguaccia.
"L'ho tolto appena finito il liceo! Ho capito che lo odiavo, e che lo avevo fatto solo per provocare i miei" le disse, mostrandole bene la sua lingua, ormai libera da qualunque aggeggio in metallo.
"Non lo toglierò mai!" strillò fiera Madison, ridendo e salutando Evan con una mano.
Chiuse la porta non appena il ragazzo le diede le spalle, poi però qualcuno parlò.
"Stai andando via?" sentì, quando spaventato a morte stava quasi per inciampare sulle scale in legno.
Col fiato mozzato si voltò confuso, e quando vide il signor Donovan seduto su una sedia a dondolo intento a sorseggiare il vino da lui regalatogli, Evan rimase paralizzato lì davanti le scale.
"S-signor Donovan!" balbettò ancora spaventato "Credevo fosse già andato a dormire" gli disse aggrottando le sopracciglia.
Michael lo squadrò perplesso, poi aprì bocca "Pensi che io sia uno stronzo, non è vero Evan?" gli chiese, ignorando qualunque cosa gli avesse appena detto il ragazzo, gli occhi stanchi e il bicchiere di vino in mano.
Evan lo guardò sorpreso, poi a disagio cominciò a strofinarsi una mano sui jeans per asciugarsi il sudore "No, signore. Non penso affatto che lei sia uno stronzo" gli rispose sincero poco dopo, sentendosi in soggezione sotto lo sguardo così enigmatico dell'uomo davanti a lui.
Evan non era affatto quel tipo di ragazzo che avrebbe giudicato qualcuno pur avendolo appena conosciuto.
Michael rise, bevve un sorso del suo vino, poi rispose "Puoi dirmi la verità Evan, non me la prenderò. Saprai tutto sul mio pessimo carattere e il mio passato da padre severo e marito poco presente: Hazel non ti avrà risparmiato alcun dettaglio. Saresti uno stupido a non pensare che io sia un completo stronzo, ma tu non sembri affatto stupido" disse, indicandolo con il collo di vetro della bottiglia di vino ancora piena stretta nella sua mano.
Evan inarcò un sopracciglio. Era vero: Hazel gli aveva parlato a lungo di suo padre, e ormai, Evan poteva dire di avere un quadro abbastanza chiaro su chi fosse, o meglio, che genere di padre fosse Michael Donovan. Eppure Evan non sembrava poi così convinto che stronzo, fosse l'aggettivo più indicato per quell'uomo.
Non sapeva ancora come definirlo: era probabilmente un uomo molto solo, possibilmente anche pentito, e per questo anche spesso acido e rude, ma non stronzo.
"Sarei uno stupido a definirla stronzo dopo aver scambiato con lei poco più di qualche parola, signor Donovan" rispose, l'espressione seria e sicura di sè "Ma ha ragione: io non sono stupido" aggiunse voltandosi di nuovo, pronto a scendere i gradini e andare via.
Michael rise, poi parlò di nuovo "Tu non sei neanche un po' stupido. Sei solo un ragazzo: intelligente, sicuro di sè, e direi anche innamorato" Evan si bloccò, sorridendo incredulo.
"Non sei innamorato, Evan?" gli chiese.
"Lo sono, signore" rispose il ragazzo ritornando a guardare il padre di Hazel.
Adesso cominciava a sentirsi in imbarazzo.
"Sai, anche io alla tua età ero così: un giovane specializzando di chirurgia perdutamente innamorato di sua moglie. L'amore mi ha fatto fare cose davvero folli, ma adesso sembra che io quasi non comprenda più quel genere di follia" gli disse, guardando la bottiglia di vino che agitava in una mano, mentre Evan lo fissava confuso.
"Scendere a compromessi per amore" disse Michael sbuffando "Non so se sarei più disposto a farlo" aggiunse, posando la bottiglia di vetro ai piedi della sua sedia a a dondolo.
Adesso guardava Evan, le labbra serrate e gli occhi schiusi "E tu? Scenderesti mai a compromessi per mia figlia?" gli chiese dopo qualche istante.
Evan si paralizzò ad un tratto, ancora lì in piedi davanti quell'uomo, confuso, e ormai certo che più vino avesse mandato giù il signor Donovan, più sarebbe diventata ingestibile per lui quella conversazione.
Scendere a compromessi per amore.
Evan non si era mai preoccupato di chiedersi se sarebbe mai stato disposto a farlo. Adesso avrebbe risposto di sì senza alcuna esitazione, ma qualcosa in lui lo tratteneva.
Di che genere di compromesso si trattava? Stare con Hazel e perdere la sua amicizia con John?
Essere il ragazzo di Hazel e continuare a doversi preoccupare di Noah?
Rinunciare a partire, e quindi al suo lavoro, per stare insieme a lei?
Evan non avrebbe mai esitato un attimo per lei, ma adesso, non era poi così sicuro che sarebbe stato in grado di accettare davvero ogni tipo di compromesso per lei.
"Ovvio che sì, signore" mentì il ragazzo, cominciando a sudare nervoso.
Michael sorrise divertito, poi batté una mano sul dondolo dove era seduto, invitando Evan a sedersi accanto a lui.
"Tu sei nell'esercito Evan" esordì Michael, mentre il moro cominciava a muoversi verso di lui.
"Sei un soldato dell'esercito americano" continuò "Come pensi sarà la tua vita fra dieci, venti anni?" gli chiese serio.
Evan sospirò sedendosi - Non sapeva come sarebbe stata la sua vita fra soli pochi mesi, figuriamoci se avesse anche solo potuto immaginarsela fra vent'anni.
"I-io non lo so signore. Spero lavorerò ancora nell'esercito, magari avrò comprato una casa tutta mia, un'auto nuova. E ovviamente vorrei crearmi una famiglia" provò a rispondere.
"Pretenzioso" disse il signor Donovan non guardandolo nemmeno, lo sguardo confuso sul viso di Evan.
"Come?" chiese il moro inarcando un sopracciglio.
Michael sospirò, poi finalmente si voltò verso Evan "Dimmi ragazzo: come riuscirai a lavorare ancora per l'esercito americano, e contemporaneamente, costruire una famiglia tutta tua?" gli chiese, nascondendo metà volto nel suo bicchiere di cristallo.
Evan strinse le labbra, poi infastidito ricominciò a parlare "Cosa intende dire, signore?".
"Be' Evan, credo solo sia piuttosto complicato mandare avanti un matrimonio dall'Iraq" fu più diretto il signor Donovan "Io vivo nella stessa casa con mia moglie da ben 25 anni, e non è stato affatto facile tenere in piedi il nostro matrimonio per tutto questo tempo" continuò.
Sentendo quelle parole, Evan non poté non pensare a quello che gli aveva confessato poco prima Hazel: il tradimento di suo padre e il devastante effetto che aveva avuto su sua madre e la loro famiglia. Era così che il signor Donovan aveva mandato avanti il suo matrimonio per 25 anni?
Adesso era Evan che cominciava a sentirsi giudicato.
"Per non parlare dei figli: come pensi di poterli crescere se a mala pena sapranno com'è fatto il loro padre? Salterai il loro sedicesimo compleanno, poi non sarai a casa per il Ringraziamento, Natale, e quando non potrai esserci nemmeno per il giorno del loro diploma, nessuno di loro si accontenterà più di qualche semplice lettera dall'Afghanistan per gli auguri di compleanno" riaprì di nuovo bocca il signor Donovan.
Evan rimase senza parole: si sentiva giudicato, messo sotto pressione, e scoraggiato. E per di più non credeva affatto che dovesse essere proprio il signor Donovan a metterlo in guardia su quanto sarebbe stato difficile avere una famiglia per un soldato come lui. Non l'uomo che aveva perso la fiducia dei suoi figli, non l'uomo che aveva tradito per anni sua moglie.
Michael Donovan non lo conosceva neanche, non sapeva chi fosse realmente, né cosa significasse davvero essere un soldato.
"Signor Donovan, mio padre ha lavorato per gran parte della mia infanzia a Phoenix, ore e ore di auto lontano da casa, da me e da mia madre. Non c'era alle mie partite di basket, lavorava e lavora tutt'ora per le feste, e non è nemmeno potuto venire a salutarmi il giorno in cui sono partito in missione per l'Iraq" cominciò a parlare Evan sicuro di sè.
"Ma io l'ho sempre guardato con grande ammirazione, orgoglio e comprensione. Lavorava fuori città un mese sì, e l'altro pure, ed io lo vedevo davvero pochissimo. Ma nonostante ciò mio padre è stato ed è ancora una figura sempre presente nella mia vita. Sa tutto di me, ed era al settimo cielo quando ha saputo del mio trasferimento all'aeroporto di Santa Ana: avrei lavorato a fianco a lui e avremmo trascorso molto più tempo insieme" parlava senza sosta, guardando l'uomo davanti a lui dritto negli occhi, concentrato e sicuro di sè "Signor Donovan, credo sia molto meglio essere un padre che lavora molto e sta poco in casa, ma che tuttavia è sempre presente nella vita del proprio figlio, piuttosto che vivere sotto lo stesso tetto 365 giorni all'anno, e non fare altro che ignorarsi a vicenda per tutto il tempo" concluse, non poi così consapevole delle parole che stava usando.
Si bagnò le labbra, ora tremendamente secche e asciutte, deglutì, poi attese che Michael dicesse finalmente qualcosa.
Il signor Donovan lo guardava con gli occhi sgranati, le labbra serrate e il viso pallido, come se non si aspettasse affatto che Evan controbattesse in quel modo.
Probabilmente credeva di poterlo mettere in difficoltà, mostrandogli come ogni suo piano per il futuro, fosse destinato a fallire già in partenza, ma adesso che Evan aveva finito di parlare, Michael Donovan sembrava non sapere più come infastidirlo.
Poi Evan lo vide cambiare improvvisamente espressione: distolse lo sguardo, si bagnò le labbra, lasciando che  la linea rigida della sua bocca si rilassasse in una risata rumorosa e inaspettata.
"Tu non sei neanche lontanamente uno stupido, ragazzo" rispose il signor Donovan, celando l'agitazione dietro le sue parole. Evan inarcò un sopracciglio, non poi così divertito come lui.
"Va bene, si è fatto tardi, ed io ho smesso di prendermi gioco di te" disse Michael, continuando a ridere e mettendosi in piedi.
Evan lo seguì accennando un finto sorrisetto, l'espressione confusa e preoccupata "Buonanotte figliolo" lo salutò Michael, battendogli una mano sulla spalla.
"Buonanotte signor Donovan" rispose Evan perplesso.

Spazio autrice

Buona sera a tutte voi mie dolci e appassionate lettrici!!!

C'è ancora qualcuno qui che aspettava impaziente e in preda all'isteria che io mi facessi viva con un nuovo capitolo?Cavolo, spero proprio che l'angosciante attesa e il caldo del far West non vi abbia ucciso!Non so davvero come giustificarmi, cred...

Oops! Questa immagine non segue le nostre linee guida sui contenuti. Per continuare la pubblicazione, provare a rimuoverlo o caricare un altro.

C'è ancora qualcuno qui che aspettava impaziente e in preda all'isteria che io mi facessi viva con un nuovo capitolo?
Cavolo, spero proprio che l'angosciante attesa e il caldo del far West non vi abbia ucciso!
Non so davvero come giustificarmi, credo di aver consumato ogni ridicolo tentativo di scuse, per questo mi limiterò a dirvi che per nulla al mondo abbandonerei voi o questa storia, quindi ricordatevi che non riuscirete mai a liberarvi di me!
MUAHAHAH!

C'è ancora qualcuno qui che aspettava impaziente e in preda all'isteria che io mi facessi viva con un nuovo capitolo?Cavolo, spero proprio che l'angosciante attesa e il caldo del far West non vi abbia ucciso!Non so davvero come giustificarmi, cred...

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C'ho preso gusto con queste gif!
Ma comunque.
Spero che l'attesa sia valsa la pena, ma nel caso in cui non fosse così, siete libere di sfogarvi e riempirmi di lamentele, me le merito...
Non siate troppo spietate però, ricordate, abbiamo già Micheal Donovan a recitare la parte dello stronzo patentato.
Scusate ancora per l'enooorme ritardo, spero sappiate che vi voglio bene ♥️
A presto!

Hazel Evans

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