3) Se tu non torni...

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La frenesia del mio lavoro e del tuo, permisero ai giorni trascorsi a Roma, di passare in fretta.
C'eravamo divisi per una sola notte, in cui avevi dormito in auto pur di raggiungermi nelle prime luci dell'alba.
Non ci rendevamo nemmeno conto di tutti i sacrifici che stavamo facendo, pur di viverci questa storia in maniera più normale possibile.

Se prima, eri sempre e solo tu a non fermarti mai, saltellando tra un palco e l'altro, nell'ultimo periodo io ti seguivo a ruota, perché il mio lavoro si stava inevitabilmente avvicinando al tuo, senza che potessi evitarlo.

Una conduzione dietro l'altra, un nuovo Festival.
Mentre tu ritiravi un premio, facevi uscire un nuovo singolo.
Come se stessimo riempiendo le nostre giornate di cose da fare, ma ci sentissimo ugualmente vuoti e senza presupposti.

La curiosità iniziale, stava lasciando spazio ad una lenta e approfondita conoscenza dei nostri caratteri non sempre affini, delle nostre abitudini che non sempre combaciavano e dei nostri vincoli, che a volte sembravano trattenerci in sponde opposte dello stesso fiume.
Con una privacy da tutelare più possibile e tanta pressione addosso.

Il tuo blocco artistico era fermo al punto di partenza, ma tu cercavi di non pensarci perché sapevi che sarebbe stato peggio.
Come stuzzicare un cane che dorme e venir morso dai suoi stessi tormenti.

Se cadevi tu, cadevo anche io, come un effetto domino, che mi faceva sentire impotente e per nulla brava ad aiutarti.

A tal proposito, decisi di confrontarmi con una delle persone più imparziali che conoscessi, il tuo chitarrista Matteo.
Dopo la nostra gita forzata a Bari avevamo raggiunto uno strano equilibrio, che ci aveva portato ad una pacifica convivenza e ad un saltuario scambio di opinioni.

La complicità che avevo creato con Andrea era un utopia a confronto, ma considerando la nostra partenza turbolenta era un gran traguardo.

Ci trovavamo seduti ad un bar davanti ad un caffè, comunemente ancorati a Roma e dopo aver chiacchierato del più e del meno, come se non ci fossimo visti solo alcune ore prima, arrivai dritta al sodo.
Ovvero, come poter entrare in azione.

Matteo, scosse la testa, in tensione e si lasciò sfuggire un pensiero poco fattibile, che parve essere l'unica soluzione che aveva da suggerirmi.
Non volli metterla in considerazione e feci finta che quella parentesi non fosse mai stata aperta quella mattina.
Il patto era che tu non lo avresti mai saputo.

Mi resi ben presto conto, che non riuscivo ad affrontare quell'argomento con te, senza mettere in ballo l'opzione di prenderci una pausa.
Come se bastasse spingere l'interruttore di un vecchio stereo per farcela.
Con i sentimenti era ben diverso e la sola ipotesi, mi faceva sprofondare in una crisi emotiva che ricordava quella che mi sembrava di aver superato, dopo la fine disastrosa della mia ultima separazione.

Su una cosa però Matteo aveva ragione, ti serviva una smossa. Qualcosa che smuovesse il tuo cuore dalla posizione di stallo in cui si trovava da quando, ti eri dichiarato a me.

Ma dovevo rimandare quella mia intenzione a data da destinarsi, visto che quella sera ci aspettava l'inaugurazione del nuovo locale di Marta, a Roma.
Sì , anche lei nel suo piccolo, stava raggiungendo tutti gli obbiettivi che si era prefissata.
Aveva abbandonato quel precario bar a Milano, in cui le facevano servire caffè marci, per crearsi un suo piccolo angolo di paradiso a Roma, per avvicinarsi a Fabrizio, con cui viveva una splendida relazione da qualche mese.
Non c'erano intoppi nel loro amore, nonostante la situazione famigliare complicata di Fabrizio, Marta sembrava essersi integrata bene persino in quella.

Egoisticamente, mi dispiaceva non averla più a pochi passi da me, sempre pronta a donarmi la sua spalla a cui aggrapparmi quando ero in difficoltà.
Allo stesso modo, anche lei meritava di prendersi la sua rivincita ed io avrei fatto il tifo, anche a chilometri di distanza.

L'ossigeno non è respirare {Ermal & Frida}Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora