22) Rifiuti di amarmi

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Tua madre mi racconta che eri un bambino diverso.
Odiavi chi riusciva ad amare e aspettavi l'inverno per non doverti sorbire commenti sul tuo colorito pallido.
Sempre collocato nel gruppo dei perdenti.
Degli incompresi.
Ti buttavi a capofitto sui libri per imparare ad esprimerti perfettamente in una lingua che non era la tua.
Scappavi dalle attività che comprendevano lo sforzo fisico perché non ti sentivi all'altezza.
Venivi coinvolto solo per la tua musica, per quel talento che a volte hai detestato, perché nessuno riusciva a percepire la tua anima.
O forse, aveva il terrore di farlo, per non essere catapultato in qualcosa di ingestibile.
Tante volte l'ho pensato anche io, sai.
Non riuscire a contenere quel mucchio di emozioni che mi esplodi addosso con estrema facilità e che un po uccidono il mio autocontrollo.
Sei un eterna incognita.
Anche se tua madre, mi confessa di non averti mai visto così sereno.
E io annuisco, e sorrido, al pensiero che in parte potrebbe essere merito della storia che stiamo vivendo.

Abbiamo soggiornato a Bari per alcuni giorni e siamo rientrati alla quotidianità di Milano.
Percepisco in te uno strano malessere, una tua costante voglia di solitudine, di fuggire ai quesiti che la routine ci pone.
Vuoi come evadere, ed io mi sento impotente di fronte a quella tua volontà mai espressa, ma di gran lunga dimostrata dai tuoi atteggiamenti.
Cerco di non dargli peso, ti lascio libero di esprimere il tuo malessere in silenzio e non ti domando se c'è qualcosa che posso fare per cambiare la situazione.
So perfettamente che non dipende da me.
Allo stesso tempo, non voglio che tu fraintenda e veda questo mio farmi da parte, come un fregarmene di te.
Di noi.
Stasera, hai voluto trascorrere la serata con Matteo, credi che sia giusto stargli vicino, ora che è stato mollato dalla sua ragazza.
Apprezzo che tu voglia rincuorarlo e non faccio una piega, sull'idea di passare delle ore a casa ad aspettarti.
A me non va di fare nulla, quindi è meglio dedicarmi a qualche serie tv stiracchiata sul divano.
Andrea prova a farmi compagnia, intrattenendomi telefonicamente, ma la mia mente però è distratta dal tentativo di ricordare quale possa essere la causa scatenante di questa tua instabilità.
E concentrandomi, non ci metto tanto a capirlo.

Eravamo a Bari, nel salone di casa tua, quando uno dei tuoi amici storici, ti domanda allegramente quanto tempo passerà prima che possa vederti diventare padre.
Tua sorella si intromette, rispondendo al posto tuo, "Probabilmente mai, visto l'andazzo." Ironizza.
Eppure tu, in quelle parole, non riesci a cogliere nemmeno un briciolo di ironia.
Ti fai scuro in volto ed eviti di guardarmi.
Stava scherzando, dovresti saperlo meglio di me, ma quella volta, sembra che lei abbia toccato un tasto dolente.

Odo lo scatto della fermatura, ti ho atteso sveglia nonostante sia passata l'una di notte.
Non sei meravigliato nel vedermi accartocciata ad una coperta con la tv ancora accesa, mi sorridi fugacemente e sfili il cappotto.

«Com'è andato il concerto?»

«Beh loro sono sempre bravi...» Rispondi, riferendoti ai Subsonica.

«Matteo è riuscito a svagarsi un po?»

«Quando c'è di mezzo la musica, dimentica sempre quello che lo affligge, almeno in quel momento.»

«Un po come te.»

Rincaro la dose, visto il tuo riservare solo silenzio a quella affermazione.

«Cosa ti passa per la testa?»

«Mia sorella... E il suo pensare che sia un uomo senza futuro. »

«È stata una battuta Ermal!
Infelice, ma pur sempre una battuta.
Voi vi amate così tanto...»

«Ed è per questo che fa più male! »

«Sono certa che vi chiarirete!»

«Ho solo paura di non poterle dare torto!
Di non essere in grado di poter diventare padre! »

L'ossigeno non è respirare {Ermal & Frida}Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora