È passato un anno.
Me ne rendo conto dai miei capelli che sono sempre più corti, a furia di spuntatine.
Lo deduco guardando mia nipote che è sempre più grande, ma non per questo meno sola.
Così come me.
Il dolore per la perdita di mio fratello, è come anestetizzato.
Come se stessi sempre posticipando il momento per scoppiare.
A Sanremo, la scia di saccenza e spigolosità che mi trascinavo con me, ha lasciato spazio alla consapevolezza e all'empatia. Respiro aria ligure ancora una volta, con un progetto totalmente diverso, ma che come un segno del destino mi riporta qui.
Ed è inevitabile farsi trasportare dai ricordi che si impossessano di buona parte dei miei pensieri.
La maggior parte di essi sono legati a te, che da svariati mesi e altrettanti giorni, riempi quegli spazi vuoti che la vita mi ha regalato e tenti di portare un po di luce, agli angoli bui di quelle strade, che ho paura di intraprendere se non ci sei tu che mi guardi le spalle.
Stiamo bene, anche se è uno di quei periodi in cui ognuno manda avanti il proprio lavoro in autonomia, avendo l'impressione di poter reggere il ritmo di quel distacco quasi forzato.
Poi, la sera, ci ritroviamo tra i margini di un letto, confinati in città diverse, avvolti da lenzuola mai calde, e ci confessiamo di non sentirci adeguati, di mal sopportare questa esigenza di isolamento, di maledire questa nostra predilezione al senso del dovere.
Abbiamo sempre messo al primo posto il nostro lavoro, questa regola imprescindibile è il pilastro della nostra storia.
Eppure, il peso che comporta questa scelta, talvolta è insostenibile, non sarebbe meglio dividerlo per due?
Ci domandiamo.
Probabilmente sì, ma proviamo ad addossarci le sofferenze degli altri senza dimezzare nulla.
Grammo per grammo sulle spalle, come invincibili giganti.
Anche in questo siamo simili.
Tiriamo un sospiro di sollievo solo quando abbiamo la possibilità di ammettere che senza il respiro dell'altro sul collo ci sentiamo persi.
E capita raramente che ciò succeda.
Sarebbe una ammissione di sconfitta e noi vogliamo essere tutto, fuorché due perdenti.
Almeno ai nostri stessi occhi.Odio che tu mi veda sempre quando sono debole.
Penso, quando con la coda tra le gambe, mi avvio verso la porta dell'Hotel in cui attendo il tuo arrivo.
Per una serie di coincidenze anche tu sarai nuovamente a Sanremo in questi giorni, anche se apparentemente il tuo fitto calendario di impegni sembrava impedirtelo.Tu non sei debole.
Sembri urlarmi, puntandomi quei pozzi neri che delimitano il tuo sguardo.
Sono una sopravvissuta e questo fa di me una delle persone più forti che tu conosca.
Vuoi come al solito darmi una sana dose di autostima.
A col tempo, notando la serenità nei tuoi occhi.
Inizio a pensare che io sia una specie di calamita per il pericolo.
Io non volevo portare tutto questo nella tua vita.
Mi dispiace di esserci entrata io stessa.Ma a te no.
Non ti arrenderai con me solo perché sono un po incasinata.
Sarebbe da ipocriti.Sono dieci mesi che viviamo questa folle relazione fatta di distanze e riavvicinamenti, di passione e di razionalità, di istinti e riflessioni.
Dici che sei cauto, che colpisci alla cieca, ma ami alla rinfusa.
Devo contraddirti: tu spari dritto al cuore e fai sempre centro.
E più spari e più ti amo.
Non ti dirò che tutto torna, non ti dirò che il bene porta bene perché non è vero.
Ma in questo caso sei tu a contraddirmi, a mostrarmi una luna diversa ogni notte, che non sia solo una luce irraggiungibile come avevo sempre creduto, ma un amica a cui affidare i miei tormenti.
Sai che non dico cose che non penso, lo hai pagato diverse volte sulla tua pelle, sembri andarne fiero.
Mi guardi socchiudendo gli occhi, mentre con la lingua inumidisci con delicatezza le tue labbra.
Potrei finire dritta all'inferno se dovessi obbedire a tutto ciò che il mio istinto mi impone di fare con te.« Hai mai la sensazione di dovermi dividere con qualcuno» Il conoscere come la penso a riguardo, sembra l'unico appiglio che attendi per buttare un sospiro di sollievo.
«A volte sì.» Ti rispondo schietta.
«Ti fa soffrire questa condizione?» Sei preoccupato, continui ad accarezzare le mie braccia che nel frattempo sono impegnate a cingere i tuoi fianchi.
«Vuoi che ti risponda con la verità o con ciò che vorresti sentirti dire?»
«Spero che la risposta le contenga entrambe!» Sei ammiccante stavolta, con un solo sforzo mi spingi su di te, e adesso sono le mie gambe ad incastrarsi ai tuoi fianchi, mentre con le dita metto in disordine i tuoi capelli e provo ad estrapolare un po di lucidità dai tuoi occhi.
Questa è la parte che preferisco, il momento in cui i ruoli si invertono, in cui tu ti aggrappi a me, approdando col tuo bagaglio di esperienza, in cerca di rassicurazioni.
Un altalena.
Prima io, poi tu.
Una bilancia perfettamente equilibrata al centro esatto dei nostri giorni.
È questo che ci tiene in piedi.
Ancorati l'uno all'altro.«Sarebbe sciocco se a trent'anni suonati avessi anche il minimo dubbio che tu voglia rimorchiare una delle tue fan!»
«Se questa è la risposta definitiva...»
«Cosa vinco?»
«Il mio ego mi suggerisce di dirti che il premio è qui vicino a te, ma sai benissimo che sono quanto di più vicino ad una punizione forse...»
«Sono d'accordo, meriterei un riconoscimento solo perché continuo a sopportarti...»
Scoppi a ridere.«Ma anche per te, non è stato facile prenderti cura di me!»
«È stato gratificante...» Sospiri, i tuoi polpastrelli giocano con la pelle del mio viso.
«Ne è valsa la pena...» Confessi con un filo di voce.
In fondo cosa puoi offrirmi?
Incontri furtivi, pubbliche strette di mano sfuggenti, foto stupende da custodire per noi.
Un giorno tutto questo tuo desiderio di tutelare ciò che reputi solo nostro, potrebbe stancarmi.
Potrei aver voglia di evadere, di oppormi alle regole, di disobbedire.
Ma fino a quando saprò che si basa tutto sulla tua buona fede nel proteggermi, non potrò mai ribellarmi.
Lascerò che tu ti prenda cura di me.
Di noi.
In silenzio, in luoghi che comunemente nessuno sceglie, ma che tu muti in splendide cornici in cui sognare, ancora.
Ti aspetterò ogni sera, alla fine di ogni concerto che dovrai portare a termine, perché ne varrà sempre la pena.
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L'ossigeno non è respirare {Ermal & Frida}
Fanfiction[CONCLUSA] Avevano smesso di contare i giorni, ma non le stelle. Inalato ossigeno, senza respirare davvero. Rendendo il cielo un contorno indefinito a cui appigliarsi. In cui ritrovare loro stessi, ingoiati dalle loro stesse mancanze. Divorati da d...