7) Brindiamo insieme alla vita

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La vita da tour.

Mia madre da giovane aveva vissuto qualcosa di simile, anche se la situazione nel suo caso era estremizzata.
Convivere con uomini di tutte le età in un ristretto pullman adibito a dormitorio, per inseguire la sua passione di ballerina e poi, successivamente, coltivare la sua storia d'amore di cui io ne ero diventata il frutto.
La relazione di mia madre, trent'anni fa, era durata il tempo di un tour, ma aveva pagato il prezzo di certe scelte sbagliate, per una vita intera.
Adesso, dall'alto dei suoi cinquant'anni, si stava godendo la gioia della sua rivalsa, arrivata inaspettata, nove primavere più tardi, come uno scherzo del destino.

Numeri che si incrociano, emozioni già vissute, addii spietati, verità celate.
Speravo solo di non avere il destino già segnato da un passato che sembrava decidere per me.
Volevo scrivere qualcosa di diverso.
E stavo mettendo tutto l'impegno possibile per riuscirci, stavo mettendo in discussione la mia personalità restia agli slanci d'affetto e mi stavo lasciando andare alle sensazioni belle, che solo il contatto ristretto con la gente, può donarti.
Anche se quella gente non è lì per te, ma ha viaggiato tanto per incatenare per qualche istante il suo inconscio con quello dell'uomo che ami.
E mi rendevo sempre più conto, di quanto fortunata fossi, del privilegio che avevo, nell'avere al mio fianco una persona carica di magia, come Ermal.
Colui che aveva passato la vita a guardare negli occhi la gente, scorgendo in essi l' unico luogo
del corpo dove forse esisteva ancora un' anima.
Si c'era aggrappato con tutte le forze, per non affogare sotto il peso del suo dolore.

Il pubblico in visibilio per un accennato sospiro di contentezza.
Il tremito che provoca quella suggestione.
Il gesto inaspettato di un abbraccio che placa e accoglie.
Voleva vivere di questo.

Io che invoco una figura maschile che mi salvi da me stessa, dai tormenti che si facevano più pesanti dei miei quindici anni.
Mia nonna mi accarezzava la testa, mia madre mi teneva sempre per mano. Fino all'ultimo è stato così e io conoscevo quel tipo d'amore. Di protezione.
Volevo vivere di questo.

Oggi, io e te potremmo anche passare il resto della giornata così, nudi e intrecciati.
Nascondere i cellulari per fingere che il tempo non esista più, che sia scandito solo dal nostro consumarci il corpo, la mente e il cuore vicendevolmente.
Senza rimorsi.
Senza inganni.
Potremmo vivere di questo.

Di te, che stendi un braccio sul letto che dividiamo, e mi permetti di dormire su di esso, senza muoverti per un intera notte, pur di farmi sentire al sicuro.

Con la mente, avevo sempre viaggiato in luoghi in cui tutto era più bello, di quello che stessi vivendo.
E di punto in bianco, mi accorsi che non serviva più.
Nei tuoi occhi affrontavo viaggi da cui non volevo più fare ritorno.

Quante persone esistono al mondo con le quali riusciamo a non sentirci soli?
Talmente poche che il resto è tutto un caos.
Non importa quanta strada hai percorso insieme agli altri.
Diventano un contorno.
Solo rumore di sottofondo.
Da cui scappare, da evitare.
Quello che non fa respirare.

Non ricordavo di aver mai inalato un'aria così pura, che non fosse trasmessa dalla tua vicinanza.
Emanavi il giusto ossigeno, e ne riscontravo il piacevole beneficio ad ogni risveglio, su di te.

Le tue mani, delicate, infinite, si facevano largo tra i miei capelli in tempesta, e facevi tornare il sereno su di loro, con una carezza.
E facevi tornare il sereno su di me, con uno sguardo, seguito da un bacio fugace ma presente.
Impercettibile, ma vivo.

I tuoi ricci scomposti, erano meta ambita dei miei tocchi e volevo perdermi nel loro immenso splendore, respirando a pieni polmoni.

Mentre il mio corpo del tutto scoperto, cadeva preda delle tue voglie, e soccombeva nella maestosità del nostro desiderio.

L'ossigeno non è respirare {Ermal & Frida}Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora