{Intermezzo: "Tutto per me"}

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Fossi tuo padre mi vergognerei di avere una figlia come te.

Leggere quel commento, critica, insulto, o come qualsivoglia chiamarlo, mi aveva provocato un dolore paragonabile ad una pugnalata in pieno petto.
Anche se quella sensazione non l'avevo mai provata, ma solo potuta immaginare.

Me ne stavo lì, seduta col mio bicchiere di tequila pronta per festeggiare il mio mezzo milione di followers su instagram, regalando una diretta a tutti quelli che in questi mesi avevano imparato ad apprezzarmi.
Cogliendo la palla al balzo per tentare di sbottonarmi un po di più, in modo che loro potessero in qualche modo sentirmi più vicina a loro.
Di tutta risposta, avevo ricevuto oltre a delle domande costruttive o banali, ma pur sempre provenienti da persone che mi apprezzavano, piccate intromissioni da parte di due individui che di me non avevano la minima stima.
Anzi, cercavano di affossarmi, come se sapessero i miei punti deboli.
E se sul primo, in cui mi davano della parassita che si attacca alla vita degli altri, avevo tentato di sorvolare, sul secondo in cui veniva menzionata la parola "padre", che era stata la causa della maggior parte delle mie sofferenze in passato, ero esplosa come una bomba ad orologeria.

Avevo interrotto il collegamento e mi ero chiusa in camera, senza dare spiegazioni agli altri ragazzi che erano con me in quel casolare fuori Firenze in cui avevamo trascorso la notte.
Nessuno sarebbe venuto a cercarmi, per paura di disturbare.

Nessuno.
Tranne te.

Mi avevi appena avvisato del tuo rientro, avevi tenuto un concerto anche stasera.
E leggendo quel messaggio a cui avevo risposto con un semplice "ok", giusto per far capire che ti avrei aspettato sveglia, il mio nervosismo sembrava placarsi.

Era stata una giornata turbolenta, in cui per un attimo, avevo creduto di non riuscire a tenere il passo alle tue mille mila attività.
Avevamo visto l'alba, passeggiato fra i boschi in sella ad un motorino, assaggiato del buon cibo e bevuto in compagnia.

Assaporavo attimi di felicità che solo la tua vicinanza sapeva donarmi.
Ma ogni qualvolta il pensiero di abituarmi a quella condizione di estasi, faceva capolino in me, qualcuno era pronto a svegliarmi da quel sogno, sbattendomi in faccia la realtà.

E la verità era che forse quello stato di grazia non faceva parte della mia persona.
Non potevo godere di quel privilegio.

Appena varcasti la soglia di quella che era la nostra camera, capisti subito che qualcosa non andava.

«Credevo di trovarti la sotto con gli altri, accoccolata a Nic e Spugna.»

«Era quella la prerogativa della serata...»

«Cosa è andato storto?»

Prima di trovare le giuste maniere per rispondere, mi concentrai su di te.
Eri ancora sudato, probabilmente eri tornato di fretta qui senza nemmeno cambiarti, e lo trovai un gesto dolcissimo.

«Cosa c'è?» Chiedesti in imbarazzo, mentre io continuavo a fissarti.

«È stata una dura serata!»
Non feci nemmeno in tempo a finire la frase, che le tue mani erano già sulle mie, ti sedesti sul letto, facendomi sedere su di te.
Accarezzandomi i capelli per farmi sentire protetta, come solo tu riuscivi a fare.
Alla fine del racconto, la tua espressione tirata, mi fece intuire che se avessi avuto davanti a te quel tizio, non avrebbe fatto una bella fine.

«A volte mi chiedo, fino a quando sarai disposta a sopportare tutto questo...»

«Non è colpa tua!» Dissi, stringendomi un po di più a te.

«Ma è tutto quello che ruota attorno al mio mondo a farti male! Il mio mondo distrugge, tutto quello che amo!»

«L'unica cosa che mi ha distrutto è stata la paura di cercarti e non trovarti più!»

Non c’era bisogno di mosse teatrali per dispensare serenità.
Il calore del tuo corpo sul mio, in quell'abbraccio che dalle ossa si faceva largo sino all'anima era stato capace di calmarmi.
E in quella ritrovata calma tu c'eri, senza importi.
Ogni volta che cedevo, tu ti preoccupavi di non farmi soccombere sotto al peso delle mie insicurezze.
Quel nuovo modo di amare, cercando un sostegno, non un appiglio.
Guardare in avanti, senza idealizzare dei lati caratteriali che non ci appartenevano.
Voler bene all’altro, non dimenticandosi mai di se stessi.
Questo era quello che avevo imparato durante quella notte.
Avevo imparato a vedere svanire il resto  sepolto sotto metri di passione, confessioni e brividi.
Per lasciare spazio solo a noi.
E vedermi sorridere, riflessa nei tuoi occhi, faceva bene ad una come me.

L'ossigeno non è respirare {Ermal & Frida}Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora