13) Seconda parte

244 21 1
                                    

Ti lascio libero di dare un passaggio a qualche tuo amico invitato al matrimonio, mentre io mi decido di rientrare a casa, insieme a tua madre.

Il tragitto in macchina, che guido io, vista la mia abitudine a farlo durante le ore notturne, è scandito da un silenzio pesante e gelido.
Mira, si è accorta dai miei musi lunghi, e dalla totale assenza di sorrisi, che qualcosa non va, ma la sua discrezione la porta a far finta di nulla.

E continua a farlo, anche quando ho fretta di raggiungere la tua camera, che negli ultimi giorni è diventata la nostra.
Conoscendo la tua indole permalosa, nello reagire agli scontri, deciderai di dormire sul divano e non ho voglia che accada.
Decido quindi di mettermi io sul divano e di aspettarti lì.

Trovo tua madre sul salone, intenta a riordinare il casino di roba che era stata lasciata lì, dalla fretta di andare via per la cerimonia.
Questa volta, è quasi impossibile per lei, non chiedermi cosa mi affligga.
Sono vaga, do la colpa alla stanchezza, ma lei non se la beve e continua ad indagare con gli occhi.
Cedo.
Tua madre ha il tuo stesso potere di indebolire le mie difese, con un solo sguardo.

«Non sono ancora pronta a vivere con lui, qui a Bari.»

Mi sfogo e lei, sembra capirmi, si avvicina a me e mi prende per mano.

«Tu sapevi di questa sua volontà?»

«Sì.»
Mi risponde con un filo di voce.
Sono sul punto di piangere, quando le espongo le mie motivazioni.
Inizio a parlare della mia famiglia, ed è inevitabile che senta un groppo alla gola, ripensando a mia nipote, che non accetta la nostra separazione.
Sento anche a distanza che soffre e io, soffro insieme a lei.

Tua madre mi stringe la mano un po di più.
È mia complice, sembra non avere nulla da ridire sul mio timore.

«Ha reagito con irruenza al tuo rifiuto?»

Non so cosa intenda per irruente, ma no, non lo sei mai stato. Sei sempre posato, adeguato, cerchi di restare lucido anche se potresti sbattere dei pugni al muro per la rabbia. Non lo fai mai.
Non lasci mai che prenda il sopravvento su di te.

Nego, ammetto che forse sei deluso, più che arrabbiato.
È stato benefico, mettere da parte l orgoglio, per farmi aiutare dalla persona che ti conosce di più al mondo.
Mi ha consigliato di lasciarti capire i tuoi errori, mentre io avrei fatto mea culpa con i miei.

In un battito di ciglia, quella moltitudine di pensieri diventarono come pecorelle da contare.
Caddi in un sonno profondo, senza accorgermene.

Chissà quanto tempo dopo, sul mio viso, sentivo il tocco delicato di una mano che lo accarezzava e quando anche l'olfatto, iniziò a focalizzare il tuo profumo, capì che eri tu.

«Ehi...» La tua voce soave, sembra riportarmi dolcemente sulla terra.

«Mi sono addormentata...»

«Direi proprio di sì. »

«Ero con tua madre, stavamo chiacchierando, penserà che sono una maleducata che si annoia durante le nostre conversazioni.»
Rivelo, spaesata.

«Non penserà niente di tutto ciò.
Adesso vieni.»

Ermal cosa stai facendo?
Rimembro dentro di me.

«Ti porto a letto.»

Noi non abbiamo ancora chiarito, come pensi anche minimamente che possiamo dormire insieme? La mia espressione mi tradisce e ti fa intuire il mio disappunto.

«Io dormirò sul divano.» Ti discolpi.
«Lascia che ti prenda in braccio.»

In tutto questo, non ho avuto la forza di spiccicare una sola parola.
È come se quelle braccia che volevano solo portarmi in un semplice e comodo letto, mi
stavano facendo in realtà riconoscere il tuo lato tenero.
Scorgevo il tuo desiderio di darci una tregua.
E il mio, di sentirmi libera, pur stando accanto a te.

«Buona notte...» Dici, portandomi a destinazione.

Qualche istante di imbarazzo, suggella la volontà di non porre limiti a quella vicinanza che ci stava per possedere.

«Dormi con me.»
Ti chiedo, istintivamente.

Non riesco a darmi pace sul perché hai ancora, questa strana presa su di me.
Ti impadronisci della mia facoltà decisionale, quando mi sei vicino esplodo come una bomba, mi sento inarrestabile.
Quando le cose si complicano e ciò, ci porta ad avere delle incomprensioni, mi sento debole, stanca, vuota.

Mi chiedo cosa ti spinge a non mollare, mentre ti sdrai accanto a me, facendomi poggiare la testa su un tuo braccio, spalancato per abbracciarmi.
«Non ho mai pensato di lasciarti.»
Affondi una mano tra i miei capelli.

«Neanche io.»
Non ho paura di ammetterlo, di espormi senza remore.
Te lo meriti, perché nonostante i rifiuti ingiustificati, sei ancora al mio fianco, in questa notte che si prospettava triste e solitaria.

E allora perché, continuamo a farci del male, tentando in tutti i modi di spezzare un legame che invece è pronto a superare qualsiasi forza di gravità?

«È solo difficile, accettare che la donna che ami, non voglia vivere con te.
Solo dopo ho capito...»

«Cosa hai capito?»

«Quello che ti frena. Tu pensi che Rebecca non possa crearsi una vita qui perché intendi crescerla tu, non è così?
Pensi che io non sia in grado di appoggiare una scelta del genere, di capirla, di aspettarti? »

Sei un fiume in piena, ma le tue affermazioni sono giustificate.
D'altra parte, non conosco la tua posizione nella faccenda, so solo che vuoi lasciare Milano.
Credo sia questo il nostro problema, non parliamo mai chiaramente.
Alludiamo, traiamo conclusioni affrettate.

Vorrei non mi avessi mai incontrato così ora non ti troveresti in questa situazione.

Mi abbatto facilmente a volte.
E quando non ho il controllo della mia vita, mi sgretolo con facilità.

«Non pretendo che tu sia disposto a farlo.
Non voglio essere un peso che ti trascini dietro.»

«La tua famiglia ha bisogno di te. E io nel frattempo continuo ad amarti.»

Tua madre deve aver ingoiato chili di miele, quando ti portava in grembo, altrimenti non si spiega. Va al di là della scienza.

Chino la testa sulla tua spalla, temo di lasciare tracce di trucco sulla tua giacca ma a te non importa. Lasci che io resta in quella posizione, con le tue braccia che mi sorreggono come hanno sempre fatto.

«Anche io...» Ti rispondo improvvisamente, quando ormai non ci speri più.
Fai finta di non ricordare a cosa asserisco e mi scruti, con uno sguardo interrogativo.

«Continuo ad amarti.»

L'unica cosa che non possiedi, è una bacchetta magica per riportare un po di normalità alla mia vita.
Anche se, ci provi con tutto te stesso e in fondo, un po co riesci.

Quando provo a rilassarmi, a resettare, vengo sopraffatta dai sensi di colpa.
Fisso il soffitto per celare le lacrime che scendono giù, quando il fulcro dei miei pensieri si sposta su mia nipote.
Te ne accorgi, le sfiori con le dita, le sfidi.

«Non puoi privarti della possibilità di essere felice.»

Mi rendo conto del fatto che hai conosciuto solo la parte problematica di me e ti va bene lo stesso.
Sei ancora qui.
Dove mai nessuno è rimasto.
E ci stai bene.

«Come faccio ad essere felice, sapendo che lei non lo è?»

«Torniamo a Milano.
Insieme.
Ricominciamo da lì.»

Non ti sei arreso, neanche stavolta.
Innalzo muri, tu li scavalchi sempre.
Quante volte ancora dovrai lottare da solo per questo amore, prima di stancarti?
In questa guerra a chi si ama di più, non mi importa vincere.
Mi basta non perderti.






L'ossigeno non è respirare {Ermal & Frida}Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora