Capitolo 12

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La mia mano percepì la freschezza del metallo della maniglia della porta nel momento in cui cercai di aprire quest’ultima. Sentii immediatamente il dolore che mi procuravano i miei polsi. Quella che seguiva sarebbe stata un’interessante conversazione, già lo sapevo.

“Gene?!” mi chiamò mia madre con voce preoccupata non appena udì il suono della porta d’entrata che si apriva. La sua testa sbucò dalla cucina e, quando mi vide, subito si calmò.

I suoi occhi scrutarono il mio corpo dalla testa ai piedi. Abbassando lo sguardo sulle mani, notai di avere le dita coperte dal sangue di Harry. Avevo un lieve livido sulla punta del mento, mentre quelli sui miei polsi erano tutt’altro che leggeri.

“O mio dio, che è successo?” chiese con voce isterica mentre si avvicinava a me.

Posai le mani sulle sue spalle e la guardai negli occhi con l’intenzione di calmarla, “Dei ragazzi hanno iniziato a fare gli idioti con me ma Harry è intervenuto e mi ha salvata. L’ultima volta che l’ho visto aveva qualche ferita così l’ho aiutato a pulire il sangue ancora fresco che aveva addosso”.

Mia madre in risposta iniziò a guardarsi intorno spaventata. Un’altra volta il suo lato iperprotettivo, per quanto io cercassi di evitarlo, si stava facendo vedere.

“Perché Harry era lì?” sbottò lei. “È lui la ragione per la quale sei stata picchiata? Te l’avevo detto che quel ragazzo portava solo che dei guai”.

La rabbia subito si impadronì del mio corpo. Mia madre non sapeva nulla sul conto di Harry eppure ciò non le permetteva di tirare delle conclusioni affrettate su di lui.

Iniziando a gesticolare risposi, “Mamma, non hai alcun diritto di incolpare Harry di ciò che mi è successo. Ero sola in mezzo al corridoio della scuola quando quei due ragazzi hanno iniziato a tormentarmi. Ed è stato proprio Harry a mandarli via!”.

Decisi di tralasciare tutti i dettagli poiché non volevo farla preoccupare ulteriormente. Mia madre fece una piccola pausa per poi guardarmi dritta negli occhi.

“Faresti meglio a dirmi la verità, Gene” ringhiò.

Detto questo la rabbia dentro di me crebbe ancora di più. Inarcai le sopracciglia e inclinai la

testa di lato. I suoi lineamenti si ammorbidirono e il suo corpo si avvicinò ancora un po’ verso di me cercando le mie mani. Riluttante, le alzai.

Le sue dita erano fredde e tremanti mentre sfioravano leggermente i miei polsi. Una delle sue mani tracciava il contorno dei miei lividi, mentre l’altra teneva fermo il mio polso. I suoi occhi scrutarono ogni più piccolo particolare di quei segni, evitando così un contatto diretto con il mio volto. Vidi le lacrime formarsi vicino ai suoi occhi.

Quella non era affatto la prima volta in cui venivo tormentata o presa di mira dai bulli, ma era sicuramente una delle poche volte nella quale me n’ero uscita con dei lividi.

“Tesoro, dobbiamo segnalare questo fatto alla scuola”. Disse lei con voce piena di compassione.

I suoi occhi lentamente raggiunsero il mio viso e si posarono sui miei. I miei polsi abbandonarono la presa che mia madre aveva su di loro e iniziai a mimare, “Non diremo niente a nessuno”.

Ero furiosa e dallo sguardo che avevo si poteva intuire facilmente.

Mia madre sospirò e fece un passo indietro, “Perché non mi permetti di fare ciò che una qualsiasi madre farebbe per la propria figlia?”.

Odiavo la mia natura testarda. L’avevo ereditata da mio padre ed era anche una delle ragioni che avevano portato i miei genitori a lasciarsi.

Dopo aver tolto lo zaino dalle spalle, le diedi una veloce risposta. “Perché stanno solo cercando di farmi sentire più diversa di quello che già sono”.

Speechless [H.S.] (Ita) IN REVISIONEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora