Prologo

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La pioggia cadeva, senza interruzioni, dal mattino presto, quella mattina di ottobre.

Il cielo era grigio e la città sembrava quasi surreale, così bagnata dalla pioggia.
Sehun scese dall'auto scura, non prima di aver ringraziato il suo autista e, subito, si maledisse: aveva dimenticato l'ombrello.
Mise la valigetta sopra la testa, giusto per ripararsi almeno un po', e corse verso l'entrata dell'azienda. La Oh Technologies era situata in uno degli alti grattacieli di Seoul e, da essa, nascevano alcune delle più avanzate tecnologie moderne, create per migliorare e facilitare la vita delle persone.
Sehun ci lavorava ormai da 5 anni: aveva frequentato l'università e lavorato nell'azienda, così da mettere in pratica quello che imparava a scuola. Inoltre, il padre, voleva che Sehun entrasse il prima possibile nell'azienda di cui lui era a capo.
Appena finita l'università, il ragazzo si era trovato incastrato in una vita già scritta e decisa per lui.
Quel giorno piovoso, Sehun entrò nell'atrio, facendo attenzione a non scivolare e si diresse agli ascensori: sarebbe stata una lunga giornata, fatta di riunioni, problemi da risolvere e tecnologie da perfezionare.
Salì al suo piano e subito la sua segretaria, Wendy, gli corse incontro.
- Signor Oh, è in ritardo.
Sehun si tolse il cappotto e lo passò alla ragazza, senza fermarsi, mentre andava verso il suo ufficio.
- Piove.
- La aspettano al reparto 5. Doveva essere lì mezz'ora fa. - Wendy faticava a stargli dietro, camminando sui tacchi - Inoltre, suo padre è partito stamattina per il Giappone, perciò deve essere presente lei alla riunione degli azionisti.
Sehun si fermò all'improvviso, rischiando di far finire la segretaria addosso alla sua schiena.
- Mio padre è partito? - chiese in tono duro.
- S-sì - rispose Wendy. Era sempre intimorita quando il suo capo parlava così - Non gliel'ha detto?
Sehun sospirò ed entrò, finalmente, nel suo ufficio.
- No, non me l'ha detto.
- Beh - la ragazza si schiarì la voce, in imbarazzo - Le vado a preparare un caffè.
Il suo capo era chiaramente di cattivo umore, quindi era meglio per lei svignarsela. Stava per uscire, quando le venne in mente un'ultima cosa.
- Stavo per dimenticarmene - si voltò di nuovo verso Sehun, che la guardava in attesa - Ha chiamato la babysitter di Jinho.
Visto che il suo capo non diceva nulla; continuò: - Si è licenziata.
- Come? - sbottò Sehun - Perché?
- Non l'ha detto. Ha chiamato qui solo per dire che non sarebbe andata a prenderlo all'uscita da scuola oggi. Perciò...
- Perciò?
- Deve andare lei, signor Oh - disse la segretaria, come se fosse una cosa così ovvia che non andava specificata.
- Non puoi andarci tu?
Stavano parlando di una cosa importante, ma Sehun aveva già diretto la sua attenzione ai documenti che, proprio lei, gli aveva messo sulla scrivania quella mattina.
- Non posso. Deve andare un familiare, perché io non ho la delega.
- Adesso ce l'hai - disse Sehun, senza nemmeno guardarla.
- Non funziona così, signor Oh.
Finalmente il suo capo si decise a guardarla, ma la ragazza capì che era meglio concludere velocemente il discorso.
- La delega deve essere firmata di persona. Perciò, in ogni caso, oggi deve andare lei a prendere Jinho a scuola.
Sehun annuì e tornò a guardare i documenti.
- Allora, dov'è il mio caffè?
La ragazza uscì velocemente dall'ufficio per prenderlo. Non sapeva se Sehun avesse capito o no quello che lei aveva detto, ma credeva di sì e, soprattutto, sperava che non se ne sarebbe dimenticato.


*


Era ormai tardo pomeriggio e Sehun stava riguardando i dati di cui aveva parlato durante la riunione con gli azionisti. Era così concentrato, che lo squillo del telefono lo fece sussultare. Era Wendy che, solitamente, rispondeva al telefono e poi gli passava solo le chiamate necessarie.
Quel pomeriggio, però, il telefono suonava insistentemente, senza che nessuno rispondesse. Quando smise, Sehun tornò a concentrarsi sui suoi documenti e sui numeri che riempivano i fogli. La tregua durò solo pochi minuti, perché il telefono ricominciò a suonare.
- Wendy! - sbottò Sehun, ma non ricevette risposta, né sentì il suono dei tacchi della sua segretaria che si avvicinava.
Alzò gli occhi al cielo, scocciato. Dove si era cacciata quella ragazza?
Afferrò la cornetta: - Pronto?
Dall'altro capo del telefono, ci fu un momento di silenzio: probabilmente erano rimasti sorpresi dal tono duro con cui Sehun aveva risposto.
- S-sì, salve. Cerco il signor Oh Sehun.
- Sono io.
Altro silenzio.
Ma chi diavolo era? Sehun sbuffò sonoramente.
- Chi parla?
- Chiamo dalla scuola di Jinho. Nessuno è passato a prenderlo e sono ore che aspettiamo.
- Jinho? - improvvisamente a Sehun tornarono in mente le parole di Wendy, quella mattina: la babysitter si era licenziata, perciò doveva andare lui a prendere Jinho.
- Signor Oh, è ancora in linea?
- Cazzo! Me ne sono dimenticato. Arrivo subito. - senza un'altra parola, Sehun riattaccò e prese velocemente la sua giacca, infilandola sopra la camicia.
Si avviò quasi correndo all'ascensore e, quando le porte si aprirono, ne uscì Wendy.
- Signor Oh, dove corre?
- A prendere Jinho. Dì all'autista che dobbiamo andare alla scuola.
- Se n'era dimenticato, vero? - chiese Wendy, ma le porte dell'ascensore si chiusero prima che la ragazza potesse ricevere una risposta.


*


L'auto di Sehun si fermò proprio davanti al portone della scuola elementare e lui scese, correndo poi, verso l'entrata.
La pioggia non aveva smesso di cadere un solo attimo, quel giorno. Si pulì le scarpe sullo zerbino e si incamminò nel corridoio. Sperava di ricordare dove fosse l'aula di Jinho: era stato in quella scuola solo una volta, dopo che anche lui ne era stato studente.
I corridoi erano vuoti e nemmeno in portineria c'era nessuno: ormai era tardi ed erano tutti a casa.
Vide una luce, proveniente da un'aula, illuminare il fondo del corridoio e capì che, in quella classe, c'era Jinho che lo aspettava.
Entrò senza bussare alla porta: - Eccomi, scusa il ritardo.
Nell'aula non c'era solo Jinho, che ora lo guardava sorpreso per la sua entrata, ma c'era anche un ragazzo, seduto alla cattedra.
- Signor Oh? - Sehun annuì e riconobbe la voce con cui aveva parlato al telefono.
Il ragazzo lo fissava e, con tutta calma, si alzò dal suo posto.
- È un piacere conoscerla, signor Oh. Sono l'insegnante di matematica di Jinho e...
- Sì sì, certo - Sehun liquidò, con un gesto della mano, l'altro ragazzo - Ho molta fretta, perciò ci presenteremo un'altra volta.
Guardò il bambino, intimandogli con lo sguardo di sbrigarsi e, per sua fortuna, Jinho capì e cominciò a riempire in velocità lo zaino.
- Signor Oh - quell'insegnante non si arrendeva proprio - Avrei bisogno di parlarle.
- Adesso non ho tempo.
- Quando allora?
- Chiami la mia segretaria - Sehun prese lo zaino al bambino ed uscì dall'aula, senza rivolgere più di una semplice occhiata al professore.
Camminava velocemente e Jinho doveva correre per stargli dietro.
- Forse dovevi essere più gentile, visto che il professore è rimasto fino a tardi per non lasciarmi da solo.
- Non ho tempo per queste cose - sbottò Sehun ed uscì sotto la pioggia - Meglio se corri. Non ho l'ombrello.

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