Capitolo 30: Caduta

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Il demone ritornò nel suo regno, era così esausto, triste. Mollemente si adagiò sul trono cremisi: le ali gli dolevano, guardò attorno quel castello silenzioso e oscuro, così simile a quello dei vampiri eppure incredibilmente più tetro. "Vi è la dannazione in esso...la mia" Mormorò tra se, ricordi di un tempo lontano annebbiarono la sua mente, gli ricacciò. Confuso si mosse nel tacito corridoio, maledisse i suoi servi per non essere al suo fianco, avrebbe voluto lanciarsi tra le braccia di  un angelo caduto, Sytri, piangere, piangere disperatamente quelle lacrime che pulsavano nei suoi occhi da quando aveva rivisto nelle iridi  di Michael il candore del regno dei cieli. Passò di fronte la stanza dei servitori, sentì le loro voci divertite, ma non appena si accostò alla soglia le risate tacquero. In fondo lo temevano, era il loro imperatore. Si richiuse nelle proprie stanze, Lynx saltò giù dal letto, strusciandosi al suo piede intuendo l'angoscia del padrone, cercando goffamente di consolarlo. La creatura accarezzò l'animaletto, la osservò. Poi si sedette sul talamo rossastro, pensoso. Lynx gli fu accanto, lo scrutò  con i suoi occhietti ambrati chiedendogli cosa non andasse. Il demone accarezzò la sua testa, dedicandole un sorriso mogio: "Ti sei rimpicciolita anche tu quando usai gli incanti per cambiare me stesso dalla forma mostruosa, eh Lynx?" La lince rivelando una incredibile dolcezza parve annuire, strusciandosi al suo braccio. Lucifer sorrise, le era tanto cara, le baciò il musetto, la lince starnutì, per poi strusciarsi al viso del padrone, iniziando a fare le fusa. Il diavolo le sorrise stupito, accarezzandola  divertito: "Tu sei l'unica che mi comprende, condividiamo la stessa debolezza" Mormorò poi alzandosi, cancellando quell'espressione tranquilla dal suo viso, l'animaletto cercò il padrone, lo vide guardare quello specchio, non gli era mai piaciuto quell'aggeggio a volte vedeva apparire cose strane, visi, in particolar modo quello di una creatura dalle iridi completamente nere tranne una piccolissima pupilla gialla, ne era spaventata, quell'essere il King of Salt la impressionava. Il demone sentì la lince graffiare la porta ringhiando, voleva uscire,  aprì telepaticamente la porta, permettendo all'animaletto di accedere al corridoio, il felino si fiondò nel buio maniero.

Lucifer avvicinò cautamente la mano a quella superficie riflettente, gli occhi brillarono dal pianto, lacrime  trasparenti rigarono dalle  iridi rosse, lo sguardo scivolò afflitto sulle sue ali: nello specchio vide riflettersi le proprie memorie dei giorni che furono quel dolore indelebile che marchiava il suo corpo. Il sibilio tagliente di una lama gelò la sua razionalità:  quel ricordo  riempì i suoi occhi di sangue  che rigò cruento sulla  candida pelle. Cadde in ginocchio, spaventato da se stesso, coprendosi il viso, nello specchio sfolgorò il volto di Michael: "Perchè...perchè proprio tu...mi hai fatto questo!" Gridò tra le lacrime mentre crollava in ginocchio afflitto da quelle memorie inconfessabili. Si alzò in piedi, guardò lo specchio, e con rabbia lo pugnalò pur di far svanire quel viso da lui tanto amato. Gemette, la sua pelle si era insanguinata, bollente per l'antica passione che si era risvegliata non appena aveva incrociato quelle iridi. Pianse, pianse ancora, mentre nella sua mente si affollavano vividi i ricordi della caduta all'inferno. Si sfiorò le ali, disgustato, rabbrividì percependo su di esse la cenere del fuoco divino che aveva consumato la sua forma eterea. 

Una voce imperiosa chiamò il suo nome, i cieli si aprirono, un raggio di luce dorata illuminò gentile e amorevole il principe delle armate angeliche. Una voce lo chiamò,  imponendogli  di combattere la sua controparte con indomito ardore, ricacciando quell'individuo superbo dal regno dei cieli, adempiendo alla sua carica di principe e comandante delle milizie angeliche. Le iridi del serafino brillarono dal pianto: "No! N-non la prego, v-vi può essere un altro modo! I-io...n-non voglio!" Mormorò mentre sentiva lentamente la sua razionalità svanire, soprafatta dalla volontà divina che tuttavia non riuscì ad asciugare le sue lacrime di un cuore ferito. 

Raggiunse l'altro, sua amata stella, lo vide, era intento a osservare i cieli, concentrandosi sulle nuvole più scure al delimitare dell'empireo, pareva vi si volesse tuffare o che stesse piangendo. "Lucifer..." Mormorò tra se il guerrierò guardando quel serafino dalle iridi lucenti, all'altro non sfuggirono le lacrime trannetute da una volontà superiore, gli sorrise mogio, lo sapeva, lo sapeva che non fosse lui:  "Michael...ti stavo aspettando" Gli rispose volgendosi verso di lui, stringeva tra le mani un piccolo fiore bianco,  con gli occhi annebbiati dal pianto, lasciò andare quel piccolo fiore  colto nell'eden che volò nel vuoto dei cieli, cadendo vorticosamente  inglobato dalle correnti funeste che strapparono con inaudita ferocia i piccoli e delicati petali. Michael rabbrividì, strinse la spada non per sua volontà, Lucifer lo guardò con viso tranquillo, si ergeva come un titano di fronte al suo fato di morte: "T-ti prego L-Lucifer...fuggi" M-mormorò con gli occhi brillanti l'amico mentre si avvicinava funesto a lui, brandendo la spada rossastra. Il serafino sorrise mogio, schivando il colpo. "Non vi è punizione peggiore che esser colpiti da te...Michael...proprio tu...mio amato" Gli sussurrò mentre iniziò a schivare i colpi, cercò di muovere le ali ma non rispondevano ai suoi comandi, troppo pesanti oramai. Vide che Michael tendeva a ricacciarlo verso il precipizio. "Non sei in te, adesso...sei una sua marionetta!" Proferì birbante continuando a schivare i colpi abilmente dedicandogli falsi e ammalianti sorrisi, simile a un diavolo tentatore, stregandolo con quelle iridi lucenti. 

Are you still my Family? - Owari no Seraph/ Seraph of the EndDove le storie prendono vita. Scoprilo ora