전정국

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Apro gli occhi, pentendomi subito di quel gesto; le mie iridi incontrano la luce biancastra del lampadario, il quale dondola leggero appeso al soffitto, e ne rimango accecato.

La schiena mi duole, l'unica cosa a separare la mia pelle dal parquet scuro è un tappeto bianco, ruvido e freddo al tatto.

Mi porto il braccio davanti al viso, in modo da poter vedere l'ora sul mio orologio indossato al polso; le lancette segnano le sette e un quarto.

Scatto in piedi, ignorando le fitte di dolore lancinante alla schiena, e mi fiondo rapidamente in bagno.

È tardissimo, rischio di perdere l'autobus e di arrivare in ritardo al lavoro. Non posso permettermelo.

Mi faccio una doccia calda e veloce, l'acqua sciacqua via i residui di sonnolenza. Mi rendo presentabile, prima di correre fuori di casa.

Gli occhi bruciano ancora, non solo per la luce e per lo shampoo finitovi distrattamente dentro, ma anche per quella lettera.

Soprattutto per quest'ultima; ho passato la notte a piangere coricato sul tappeto finché, stremato dal pianto, non mi sono abbandonato al soffice tocco di Morfeo.

Quando giungo alla fermata, riesco a prendere l'autobus al volo, correndo per gli ultimi metri.

Faccio vedere il mio abbonamento al controllore, dirigendomi in fondo.

Una volta trovato un posto a sedere, indosso le cuffiette, fecendo partire la riproduzione del mio album preferito.

Non mi rendo conto che, con la mente, inizio a viaggiare veloce.

Cosa devo fare? Non lo so.

Percepisco di stare annegando nei miei stessi pensieri, ho il bisogno di aggrapparmi a qualcosa, ma non vi è nulla nel raggio di poche illusioni che posso usare come appiglio.

È tutto vuoto intorno a me, o forse, sono io ad essere vuoto?

Mi vengono in mente troppe cose, tutte insieme, tutte su di lui.

Mi si presentano davanti alcuni ricordi, nonostante siano tutti annebbiati e scollegati; il suo sorriso a cuore, le sue mani grandi incastrate nelle mie minute, un parco, la torta al cioccolato di sua mamma, del succo all'arancia dolciastro, un cuscino con degli aeroplani disegnati sopra, un'altalena di legno, un fiume, dei fiori, delle nuvole, delle lacrime... e poi, buio.

Sono tanti ricordi, considerando che all'epoca io avevo solo sette anni.

Ma, per quanto possa ricordare, mi rendo conto di non ricordare assolutamente nulla.

Come si chiamava? Quanti anni aveva? Come ci eravamo conosciuti? Aveva un cane? O un gatto? Cosa gli piaceva? Quali erano i suoi sogni? Sognava anche lui di cantare come me? O forse lui voleva fare altro? E aveva raggiunto il suo obbiettivo?

Mentre sono impegnato a darmi delle risposte, dalle mie cuffiette inizia a fuoriuscire la mia canzone preferita, Airplane.

Decido di rimandare quello che stavo facendo alla fine di quella canzone.

Ma non feci in tempo a terminarla, che l'autobus si ferma di fronte alla Hanyang University, la mia fermata.

Non sono pronto a sopportare un giorno di lavoro, non con quello che è accaduto in meno di ventiquattro ore.

Esco dal mezzo pubblico, dirigendomi alla caffetteria del campus, nella quale lavoro come barista.

Odio il mio lavoro, ma gli sono grato in quanto è l'unico mezzo che possiedo per non morire di fame e per avere un tetto sulla testa.

"Ehi, Yoongi, sei in ritardo!" mi riprende uno dei tanti motivi per cui non sopporto lavorare lì.

Motivo che, tra l'altro, possiede un nome ed un cognome.

"Scusami Jungkook, ma stamattina non ho sentito la sveglia" devio il discorso, andando dritto nel retro per potermi cambiare ed indossare la divisa beige.

Quando ritorno in sala, dopo un paio di minuti, noto Jungkook intento a parlare con un ragazzo. Siccome non vi sono clienti da servire, mi metto ad osservarli.

Prendo a studiarli con lo sguardo; parlano in modo intimo, fitto, come se la sola presenza di quel ragazzo faccia sentire Jungkook la persona più felice del mondo.

I miei occhi si spostano, in seguito, sullo sconosciuto; piuttosto alto, magro ma non troppo, capelli lisci e grigi che gli ricadono leggeri sugli occhi.

Anche senza capire le parole che si scambiano, riesco a sentire la sua voce bassa e profonda.

"Davvero un bel ragazzo" mi complimento con Jungkook, quando fa ritorno dietro al bancone, dopo aver salutato il ragazzo dai capelli grigi.

Arrossisce in volto, tutto ciò che mi dice è un "trovi? ci stiamo fequentando. Mi piace molto, si chiama Taehyung e..." scappa nel retro.

Capisco che è meglio non andarlo ad importunare.

Quando si ripresenta, comincia a mettere a posto delle brioche ripiene di cioccolato.

"E tu?" dice improvvisamente, posando lo sguardo su di me "tu non ce l'hai un ragazzo?"

Sospiro, "purtroppo no, ma credo che non rimarrò solo a lungo" ribatto, pensando alla lettera e a ciò che vi è scritto sopra con l'inchiostro nero.

Jungkook non risponde e, quando mi volto verso di lui, lo trovo concentrato a sistemare, stavolta, delle piccole ciambelle alla crema chantilly.

"Già, non rimarrò solo a lungo..." sussurro, solo me medesimo ode le mie stesse parole.

first love ; yoonseok #wattys2019Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora