제이홉

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La giornata passa lenta, il tempo sembra non voler scorrere mai.

Quando l'orologio segna l'orario di chiusura, mi precipito nel magazzino freddo e sporco nel retro, dove indosso i miei vestiti. Appendo il grembiule nel mio armadietto di ferro.

Uscendo, saluto il mio collega, Jungkook, il quale, seduto ad un tavolino nella sala, sta aspettando Taehyung.

Una volta fuori, l'aria fredda di inizio dicembre mi colpisce il viso, accarezzandomi gentilmente la pelle.

Mi appoggio al muretto dell'istituto, in attesa che il mio autobus passi. Voglio andare a casa, non ce la faccio più.

Non aspetto molto, arriva circa tre minuti dopo. Una volta a bordo, vedo il mio adorato posto in ultima fila vuoto, che non vede l'ora di essere occupato da me. E così faccio, accomodandomici sopra.

Indosso le cuffiette, con l'intento di continuare la canzone che stamattina ho lasciato a metà ma, come sblocco il cellulare, trovo la notifica di un tweet da parte di J-Hope.

La apro immediatamente; ciò che leggo mi fa perdere qualche battito.

Esco in fretta dall'applicazione, andando a comporre velocemente il numero del mio migliore amico. Dopo il secondo squillo, risponde.

"Jimin! J-Hope farà un meet and greet! dobbiamo andarci! ... vero che ci andiamo? dimmi di sì, lo so che per te va bene! allora è deciso, ci andiamo!" sputo tutto fuori, appaio ai miei occhi come una ragazzina.

"Ciao anche a te Yoongi" ride Jimin dall'altra parte del telefono, "sì, tranquillo, ci andremo. Ora, però, calmati, che rischi un infarto" sospira.

"L'infarto l'ho rischiato prima quando ho letto quel tweet!" ribatto pronto, "comunque, vedi di trovare i biglietti"

"Consideralo già fatto!" mi tranquillizza lui, "adesso vado, ci sentiamo domani" e riattacca la chiamata.

Piego la testa all'indietro, buttando fuori l'aria, cercando un modo per rilassarmi, invano.

Non mi sembra vero; avrei incontrato il mio idolo e, sì, sembravo proprio una ragazzina alle prese con la sua prima cotta.

Cerco di pensare di nuovo a lui, ma non riesco a concentrarmi. Mille pensieri girovagano in disordine nella mia testa.

Quella giornata era iniziata con il piede sbagliato, mai avrei pensato che avrebbe potuto prendere quella piega.

Faccio partire Airplane da capo, guardando fuori dal finestrino la gente che passeggia sui marciapiedi della città; alcuni si tengono per mano, altri ridono spensierati, altri ancora mangiano un gelato nonostante il termometro segni pochi gradi sopra lo zero.

In men che non si dica, mi ritrovo in piedi davanti alla porta di casa mia, giro la chiave nella toppa ed entro.

Vado dritto in camera, dove imposto la sveglia per il mattino seguente e, con ancora indosso i jeans e il giubbotto, mi accascio sul letto morbido ed accogliente.

Mi addormento non appena sfioro il materasso, ma nonostante ciò, la mattina sembra arrivare subito.

Il suono insopportabile della sveglia interruppe il clima di silenzio e di tranquillità che avvolge la mia camera.

Allungo il braccio controvoglia e la spengo, con gli occhi ancora semichiusi.

Inizio a stirarmi, la mia parte preferita dopo il risveglio; mi prendo cinque minuti buoni per allungarmi e rigirarmi nel letto, dopodiché mi alzo, dirigendomi in cucina.

Metto su il caffè e, nell'attesa che esso salga, decido di ottimizzare i tempi andando in bagno.

Quando rientro in cucina, l'aroma di caffè mi invade il corpo, segno che la mia bevanda preferita è pronta.

Prendo una tazza grigia e vi verso il liquido scuro all'interno. Esco sul terrazzo.

Do il via al mio rito mattutino al quale avevo dovuto rinunciare il giorno prima per mancanza di tempo; mi accendo una sigaretta e, fra una tirata e un sorso di caffè, mi lascio sfiorare dal freddo delle prime ore del giorno.

Cullato da quel clima rigido ma sopportabile, mi lascio andare, immergendomi nei miei pensieri.

Ora che ci faccio caso, devo ancora cercare di darmi delle risposte, e quel momento mi appare perfetto.

Ci siamo solo io e i miei pensieri.

Mi sforzo, cercando di fare un salto all'indietro nel tempo, e forse ci riesco.

Comincio a pormi le stesse domande del giorno precedente, intenzionato a darmi risposte valide ai miei interrogativi.

Quando penso al suo nome, ho il vuoto totale; l'unico ricordo che possiedo sono le sue iniziali "J.H.", perché aveva una targhetta sulla porta della sua camera con incise quelle due lettere in corsivo.

Mi ricordo anche che era il più piccolo fra i due, ma non di tanto, un anno o un paio, ma nonostante l'età era molto più alto di me. Mi superava almeno di una decina di centimetri.

Ci eravamo conosciuti probabilmente al parco che frequentavamo insieme, quello dove spingeva il piccolo me seduto sul seggiolino dell'altalena per farmi toccare le nuvole, le quali fluttuavano leggere sulle nostre teste.

Non ho ricordi di lui con qualche animale domestico, ma ricordo avesse una passione verso i cani, soprattutto quelli di grossa taglia... o forse erano quelli di taglia piccola?

Il suo più grande sogno era quello di diventare famoso. Ricordo che egli riusciva molto bene in una cosa, e che avrebbe voluto utilizzare quella sua bravura per raggiungere il suo obbiettivo.

Ma in cosa era bravo?
Ed era riuscito a realizzare il suo sogno?

Spengo la sigaretta e finisco di bere il caffè.

Posso dirmi più o meno soddisfatto da quelle risposte, dopotutto, sono comunque riuscito a tappare qualche falla.

Lascio il terrazzo, che ormai odora di fumo, di caffè e di pensieri.

first love ; yoonseok #wattys2019Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora