Capitolo 14

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Sto fissando il soffitto da chissà quanto tempo, stesa sul letto di camera mia.

A Jenny e alla mia famiglia ho detto che a scuola mi sono sentita male: in fondo è proprio vero, anche se non è stato un dolore fisico.

Non ho mangiato nulla da quando ieri Daniel mi ha riportata a casa.

Ricordo vividamente ogni particolare di quei momenti.

Mi raggiunge sul pontile; sento i suoi passi veloci risuonare sulle assi di legno.

Mi mette la mano su una spalla e mi fa voltare, poi vede la corda attorno al mio collo e sgrana gli occhi.

Con gesti veloci me la toglie lasciandola cadere con un tonfo.

Mi guarda negli occhi e poi mi stringe in un abbraccio mentre continuo a singhiozzare.

Non doveva andare così. Doveva succedere senza che lui, Jenny o Michael sapessero nulla.

Mi riconduce verso casa mia, tenendomi un braccio intorno alle spalle, come se temesse che io possa ancora sfuggirgli.

Ma è proprio questa la mia debolezza: sono incapace di togliermi la vita davanti a qualcuno.

Sento bussare; rispondo: 《Christine, ti ho già detto che non ho fame》ma poi la porta si apre lo stesso facendo comparire Daniel.

《Christine e tuo padre sono usciti poco fa, mi ha aperto tuo fratello》spiega.

Speravo che lasciasse perdere, che dimenticasse ciò che aveva visto.

Invece entra in camera mia e viene a sedersi sul mio letto, mentre io rimango immobile.

Sento il suo sguardo addosso.

So che non si accontenterà di una scusa banale.

《Mia madre è morta due anni fa.》mi esce dalla bocca istintivamente, ma dopo averlo detto mi rendo conto che probabilmente è stata la cosa più giusta da fare.

Prima o poi lo avrebbe scoperto lo stesso.

《È per questo che ti vuoi suicidare? Per...》esita dubbioso 《...raggiungerla?》

Rimango in silenzio, perchè la risposta precisa non la conosco nemmeno io.

Suppongo di sì, che sia anche per la morte di mia madre che la mia vita non mi sembra più degna di essere vissuta. Ma non ho mai pensato al suicidio in questi termini. Non posso sapere quello che ci sarà dopo.

Daniel capisce che non risponderò alla domanda, così continua:《Quando ti è venuta questa idea?》

《Vado sul pontile ogni domenica da due mesi》è la mia breve risposta.

Lui continua a fissarmi, cercando di capire cosa mi passi per la testa.

《C'entra forse anche il tuo ex ragazzo?》tenta.

《Forse.》

Mi giro verso di lui aspettando di vederlo compassionevole, invece sembra quasi solidale.

《Dovresti imparare ad amarti》sussurra distogliendo lo sguardo da me per un attimo, tanto piano che quasi non sento le sue parole.

《E poi? Chi o cos'altro c'entra?》dice a voce più alta.

《Tutti. C'entrano tutti.》

Ed è vero. Ogni singola persona che mi ha guardato mi ha fatto sentire a disagio.

Ormai gli racconto come sono andate le cose negli ultimi due anni e ora sa tutto quello che c'è da sapere su di me.

Ora sa che potrebbe distruggermi con uno sguardo, perchè io sono così, troppo debole per sopportare le occhiate delle gente.

Quando ho finito, malgrado tutti i miei tentativi di sopprimerle, le lacrime sono tornate.

Piangere non è segno di debolezza; però io sono fragile davvero.

E sembra che lui lo capisca, perchè quando mi abbraccia non mi stringe forte come ieri.

Semplicemente lascia che io posi la mia testa sulla sua spalla, mentre continuo a piangere in silenzio.

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