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Le note riempivano quella piccola stanza in cui a malapena ci si poteva muovere, piena zeppa di scaffali e scatoloni sparsi in modo disordinato. Il giovane Yang, che di scuola ne voleva davvero poco, aveva deciso quel giorno di andare nel suo negozio di musica preferita a cercare l'ultimo cd di quella band australiana che si ostinava ad ascoltare in modo ossessivo. Vecchi vinili, cassette e cd: in quel piccolo negozio si poteva trovare di tutto e sicuramente il ragazzo biondo ne era consapevole, dato che passava la maggior parte del suo tempo fra quei cimeli di musica. Era entrato dalla porta decorata con un bellissimo poster di Janis Joplin e subito l'odore di chiuso l'aveva invaso, ma fortunatamente ci era abbastanza abituato, così corse immediatamente alla ricerca del proprietario di quel piccolo negozio.

Non appena si avvicinò alla porta che conduceva al retrobottega, poté sentire ancora più forte delle note di pianoforte che si incastravano fra di loro in perfetta sintonia. Un po' titubante, il ragazzino di nome Jeongin aprì la porta, cercando di non interrompere quella meravigliosa melodia che lo stava attirando e travolgendo come il mare in tempesta.

I.N. non si era mai sentito così. Non aveva mai provato quella stretta al cuore che aveva in quel momento per nessuna canzone a questo mondo, neanche una di quella band australiana. Era come se dentro lui stesse crescendo una sorta di malessere che in qualche modo era comunque piacevole. Una sofferenza che aumentava sempre più ad ogni singola nota prodotta dal piano.

Seduto su uno sgabello, con gli occhi chiusi e i ciuffi biondi a coprigli il volto, il pianista sembrava soffrire esattamente quanto Jeongin stesso, che per la troppa emozione, si era anche dovuto sedere in una sedia qualsiasi là vicino, in mezzo agli scatoli che contenevano la merce nuova.

Le lunghe dita del proprietario della bottega, notò il giovane, si muovevano abili ma delicate sul bianco e sul nero di quel piano come una farfalla si posa sul più bello dei fiori, danzando e vagando prima di trovare quello giusto, per poi andarsene di nuovo verso un altro. Ed era così quella musica: composta da tanti fiori meravigliosi che componevano un campo primaverile che non lasciava indifferente proprio nessuno, neanche Jeongin, che nell'ipod a casa aveva solo musica spacca timpani.

E mentre il cuore di quest'ultimo si stringeva in una morsa dolorosa di cui non poteva più fare a meno, la melodia iniziò a scemare, diventando sempre più lenta e leggera.

"Jeongin, hai saltato di nuovo la scuola?" chiese il pianista, concludendo con le ultime battute e finendo la sua esecuzione. Il ragazzino, ancora un po' scosso, ci mise un bel po' di secondi prima di ritornare sulla terra. Si strinse le mani, come per cercare conforto e con la voce un po' tremante disse "Era bellissima quella cosa che hai suonato Chan."

L'uomo, di circa ventidue anni, che si chiamava Chan Bang e aveva i capelli biondi come il grano, gli sorrise amorevolmente, prima di alzarsi le maniche mostrando i suoi innumerevoli tatuaggi,e prendere in mano uno degli scatoloni. "Tua madre mi ammazza se sa che sei di nuovo nella mia bottega a quest'ora."

Jeongin non si curò affatto delle sue parole, avvicinandosi al pianoforte che lo aveva incantato. Sfiorò i tasti, premendone anche qualcuno di essi a caso. "Come si chiamava quella melodia?" chiese, immaginando di poterla suonare lui stesso.

Il proprietario della bottega lo guardò curioso, affascinato dall'interesse mostrato dal ragazzino. Sapeva bene che Jeongin non aveva per niente quei gusti musicali e vederlo così preso dalla musica classica non poté che intenerirlo.

"Non ha nome quella composizione." rispose, sistemando gli scatoloni in ordine di arrivo. Jeongin non si girò neanche, ma si sedette sullo sgabello del piano, continuando a premere tasti a caso. "Chi l'ha scritta?" chiese ancora.

"Un certo Han di cui non conosco il cognome."

"E' un tuo amico?"

Chan rise, lasciando perdere il suo lavoro e avvicinandosi al ragazzo. Bloccò le sue mani, anche perché oltre a fare un rumore assurdo, non riusciva a sentirlo bene.

"E' vissuto in Russia circa un secolo fa."

Jeongin lo guardò stranito, prima di liberarsi dalla sua presa. "Oh." esclamò, cercando di ricordare quella lezione di storia sulla Russia, forse una delle poche a cui era stato attento.

"Ma non c'era la rivoluzione in quel periodo?" chiese titubante, cercando di ricordarsi le date precise che la sua prof gli aveva detto tante volte di studiare.

"Esatto. Vedi che la scuola ti fa bene Yang?" rise ancora Chan, che era persino più basso di lui ma aveva un cuore grande quanto tutta l'Inghilterra.

Il piccolo Jeongin però non rideva, era troppo impegnato a far funzionare le rotelline del suo cervello e a sistemare in ordine cronologico tutti gli eventi della prima guerra mondiale. "Come hai fatto ad avere lo spartito allora?"

"Quella musica è una storia d'amore troppo bella per non essere tramandata." rispose il biondo, facendosi leggermente pensieroso. Si grattò la testa e incerto guardò il giovane che era ormai diventato come un fratello per lui. "Beh, visto che ormai la scuola l'hai saltata, ti va di ascoltare questa storia?"

Jeongin non se lo fece ripetere due volte e annuì con forza mentre il più anziano si sedeva accanto a lui.

"Vedi Jeonjin, questa storia parte da molto lontano. Però devi sapere una cosa. La melodia che hai sentito non è stata scritta a caso, né per scopi economici. Han scrisse quello spartito per una e una sola persona a questo mondo: il suo amato Minho."

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