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Alle dodici spaccate del giorno dopo, un ragazzo con un colbacco in testa e avvolto in un cappotto pesante, uno di quelli tipici con il colletto di pelliccia folta, fece il suo ingresso al Palazzo d'Inverno, guardandosi intorno e poggiando per terra la valigia contenente tutto ciò che aveva.
Una serva lo salutò allegra, andandogli incontro e prendendo il suo bagaglio, prima di accompagnarlo a fare un giro per l'edificio. Il ragazzo si strinse nel suo cappotto, mentre i suoi occhi vagavano in ogni minimo dettaglio di quel palazzo stupendo. Era vero che Nikolaij aveva abituato le figlie ad essere umili, eppure quell'edificio sembrava tutto il contrario. Decorazioni in oro, pavimenti con mosaici, elementi sia del Barocco che del Neoclassicismo, cose che il ragazzo non aveva mai avuto l'onore di vedere. Ma il destino aveva deciso di scommettere su di lui, così si ritrovò a camminare al palazzo dello zar senza neanche rendersene conto.

La serva si fermò davanti ad una porta bianca in marmo , bussando piano.

"Avanti." pronunciò una voce femminile e ovattata, dando la possibilità alla serva di aprire la porta e mostrare a Minho la camera più bella che avesse mai visto. Al centro si situavano due divanetti in tessuto rosso e con decorazioni in oro. La stanza era illuminata da due grandi vetrate che mostravano i grandi giardini del palazzo. Ai muri, vi erano appesi diversi quadri di autori occidentali, o almeno così parvero al ragazzo che se ne intendeva molto poco di arte europea.

Il giovane non aveva mai visto la zarina in persona. Era l'imperatrice di tutte le Russie eppure non aveva mai avuto l'occasione di vederla, perché a differenza del marito Nikolaij, non usciva molto in pubblico. La prima cosa che constatò fu che le leggende sulla sua bellezza erano veritiere: Aleksandra Fëdorovna Romanova aveva la pelle chiara ed era bionda come il grano. I suoi lineamenti erano delicati e in qualche modo anche eleganti, le dita delle sue mani affusolate e bianchissime. Indossava un vestito azzurro molto largo, con merli bianchi e blu, che facevano risaltare i suoi occhi azzurrissimi, come il mare.

"Questo è il nuovo insegnante di pianoforte." pronunciò la serva, prima di dileguarsi in un batter d'occhio con un inchino.

Il ragazzo non si chiese perché la serva sapesse già chi fosse lui, probabilmente perché lo aspettavano tutti a corte. Si ritrovò solo in quella stanza, di fronte alla donna più potente del mondo. Si tolse il colbacco e si chinò pronunciando un

"Zdràstvujt'i, vostra Maestà." farfugliato e imbarazzato.
La zarina non disse nulla dopo aver udito quel "Salve.", ma continuò a sorseggiare qualche cosa dalla sua tazza, in completa tranquillità.

Il giovane poté ancora notare che aveva delle labbra molto sottili, tipicamente tedesche. E proprio come qualsiasi altro tedesco che avesse mai incontrato, la zarina trasmetteva solamente una grande freddezza e un grande distacco che di certo non lo turbò, perché in fondo anche lui era fatto così.

"Tu devi essere Minho." disse Aleksandra, spostando una ciocca di capelli che cadeva dall'acconciatura semplice che portava, bloccata da una corona di diamanti simbolo della sua sovranità.

Il ragazzo annuì con forza, chinandosi di nuovo al suo cospetto. "Al suo servizio."

"Parlano ovunque della tua musica. Spero solo che non deluderai la mia piccola Anastasija."

Minho deglutì e scosse la testa, sperando di convincere sé stesso che poteva farcela, poteva essere il migliore dei pianisti in tutta la Russia. E quella era un'occasione d'oro, in tutti i sensi, e non poteva di certo rifiutarla.

"Lo spero anche io." aggiunse il ragazzo, prima di essere trascinato via da un servo che non aveva neanche sentito entrare. Lanciò un ultimo sguardo verso quella camera e forse si sbagliava, ma vide le nocche della mano della zarina farsi bianche, talmente la forza che stava imprimendo nel manico della tazzina. Minho scosse la testa, niente e nessuno poteva turbare l'anima forte di Aleksandra, o almeno così affermava tutto il popolo russo. Eppure, in quella mano bianca come la neve, qualche cosa la vide.

Gli fu data una piccola stanza modesta, con un letto a baldacchino dalle lenzuola bianche e con una piccola scrivania su cui Minho già si immaginava a scrivere tante lettere alla sua famiglia. Veniva dalla Corea, ma per il suo lavoro era stato costretto a viaggiare in giro per la Russia, cavandosela con concerti privati e lezioni date a figli dei nobili.

Mise il suo vestito più bello, per conoscere la granduchessa sua futura allieva.

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