33

165 36 2
                                    

La mano di Minho scivolò dentro i boxer di Han, che era già completamente eccitato. Quest'ultimo si lasciò anche sfuggire un gemito, che il riccio prese come una risposta positiva ai suoi tocchi. Così iniziò a massaggiare lentamente l'erezione dell'altro, ancora coperta dai boxer divenuti fin troppo fastidiosi. Le dita calde di Minho si prendevano cura di Han con una calma e una bravura disarmante, tanto che il pianista pensò di morire sotto quei tocchi. Gemette quando le dita dell'altro si strinsero in una leggera morsa, iniziando a muoversi su e giù in un movimento costante che stava facendo impazzire Han. Mosse il bacino verso l'alto, troppo estasiato dal piacere immane che stava provando da non accorgersi che Minho aveva avvicinato il volto alla sua erezione, con le labbra schiuse. Quando Han capì le intenzioni dell'altro era già troppo tardi: Minho gli aveva abbassato i boxer e lo aveva preso tutto in bocca, assaggiandolo in tutta la sua lunghezza.

"Minho!" urlò, mettendosi a sedere e scostando il moro.

"Non dirmi che non ti piaceva!"

"No, cioè sì che mi piaceva!" balbettò il pianista col fiato corto per tutte le emozioni che stava provando. "Ma non sei obbligato." aggiunse, accarezzando i capelli dell'altro che scoppiò in una sonora risata.

"Ma stai zitto e rilassati." gli ordinò quest'ultimo, tornando a occuparsi dell'erezione di Han. La leccò lentamente, facendo esasperare il povero pianista che stava per esplodere. Gli massaggiò i testicoli e poi la punta arrossata, per poi leccarla e baciarla con quelle labbra che sembravano plasmate proprio per quel lavoro. Han stringeva le coperte con una mano, mentre l'altra si incastrava tra i ricci di Minho, accompagnando le spinte in basso della testa mentre il soldato riprendeva a pompare il suo membro.

"Minho.." chiamò ancora Han, questa volta in un gemito di piacere, mentre reclinava la testa all'indietro e chiudeva gli occhi per il troppo godimento.

Il moro gli afferrò le natiche, per posizionarlo meglio mentre continuava a giocare con la lingua, portandolo dritto dritto al culmine. "Minho sto.." ma non fece nemmeno in tempo a finire la frase che in un urlo strozzato venne dentro la bocca del soldato che, piuttosto compiaciuto del lavoro ben fatto, si asciugò la bocca col dorso di una mano mentre con l'altra continuava a stringere una natica.

I cuori di Han e Minho battevano in 'presto'.

"Chi è che non è obbligato?" domandò a Han, guardandolo con un sorriso di strafottenza prima di impossessarsi della sua bocca e baciarlo fino allo sfinimento.

O meglio, fino a quando non sentirono la voce di Anastasija dal corridoio.

I gemiti che avevano riempito quella stanza vennero sostituite velocemente dalle imprecazioni poco carine di Minho che di certo non sarebbero piaciute alla Chiesa Ortodossa. Si rivestirono in fretta, anche se Han era ancora leggermente scosso a causa dell'orgasmo appena avuto.

"Han, Minho è lì con te?" chiese Anya bussando alla porta.

"Emh, no, qui non c'è!" esclamò abbastanza forte da farsi sentire dal Palazzo intero probabilmente, mentre passava la camicia al moro.

"Ma stai bene? Sembri strano?" insistette ancora la piccola Anya, che di certo non peccava di intelligenza.

"Sì, tranquilla." la rassicurò Han, guardandosi all'unico specchio presente in camera per dare una forma decente ai suoi capelli. Anche se per quel rossore delle guance proprio non poteva farci nulla.

"Posso entrare?" chiese ancora la granduchessa, facendo alzare gli occhi al cielo ad Minho che stava facendo scendere giù chissà quale santo. Fu costretto persino a nascondersi sotto al letto, un'apertura tanto stretta quanto impolverata.

Anastasija non vide Minho in quella stanza, ma le lenzuola sfatte, le guance bollenti di Han e gli stivaletti neri del soldato erano buoni elementi per supporre che il moro fosse lì. Non fece domande, ma con la tristezza nel cuore chiuse la porta dietro sé e andò a piangere nel suo letto.

Quella fu l'unica volta in cui si spinsero più avanti dei baci, anche perché poi iniziò Settembre e i guai arrivarono proprio con l'autunno.

Nonostante il Governo Provvisorio avesse già poco potere, i pilastri dell'impero assoluto zarista stavano iniziando a crollare. Tra il popolo l'idea del comunismo iniziava ad apparire come la cosa giusta, l'esempio da seguire, mentre i bolscevichi capitanati da Lenin acquistavano sempre più consensi e quindi di conseguenza potere.

"E' tutto sotto controllo." diceva ogni giorno la zarina Aleksandra, parole a cui non credeva neanche lei stessa. Marija non mangiava neanche quasi più, Ol'ga e Tat'jana praticamente non dormivano mai, in ansia per la salute della loro famiglia.

Le condizioni di salute di Aleksej peggioravano di giorno in giorno, e Anastasija non sorrideva più, anche se questo era ormai appurato da diverse settimane.

La consapevolezza che tutto stava per finire e che probabilmente sarebbe anche finita molto male li stava divorando vivi. Affrontavano la situazione ognuno in modo diverso certo, ma tutti con un'unica sola preoccupazione: la morte.

la tua melodiaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora