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Gli occhi indifferenti di Han si incastrarono perfettamente in quelli profondi del giovane arrivato, dai capelli ribellli e le labbra carnose che di così belle non ne aveva mai viste. Il pianista distolse lo sguardo arrossendo visibilmente davanti la bellezza di quel soldato.

La granduchessa sorrise e andò incontro ad Minho, abbracciandolo di slancio come se fosse un suo vecchio amico. Era rimasta chiaramente affascinata da quel ragazzo, esattamente come Han.

"Tu devi essere Anya." disse Minho, ricambiando l'abbraccio e prendendosi la libertà di chiamarla con il nomignolo dei suoi parenti. Han avrebbe dovuto infastidirsi, come si permetteva a chiamare la granduchessa di tutte le Russie in quel modo? Ma non ci riuscì, perché la voce strascicata del soldato continuava a risuonargli nelle orecchie facendolo sciogliere, impedendogli di arrabbiarsi.

"E tu devi essere il mio angelo custode!" esclamò la bambina, battendo le mani in segno di felicità. "Sono così felice che tu sia qui!" aggiunse, prima di volare via dalla stanza con un "Vado a prepararti la camera!" urlato e rimasto a mezz'aria.

Han non si era mosso di un centimetro.Stava fissando i tasti del suo pianoforte, contandoli uno per uno, pur di distrarsi da quegli occhi profondi come i campi dell'Inghilterra che non aveva mai visitato, ma che poteva solo immaginare attraverso i libri. Sentì gli stivali chiodati di Minho scricchiolare, mentre si avvicinava sempre più allo strumento, lentamente, torturando la salute mentale del povero pianista.

Lo sentiva dietro di sé, alle sue spalle, ma non aveva alcun coraggio di voltarsi. Con la coda nell'occhio lo vide allungare un braccio, proprio verso i tasti del pianoforte, alla sua sinistra. Premette qualche tasto bianco, poi qualcuno nero, a caso. E poi Han, ancora fermo e immobile come una fotografia, sentì per la prima volta la sua risata. Bella, cristallina, mozzafiato. No, Han non respirava affatto mentre quel suono celestiale lo invadeva senza permesso, entrava nei polmoni al posto dell'aria, lo uccideva quasi.

"Che grande invenzione il pianoforte!" esclamò Minho, allontanandosi dallo strumento per poi sedersi in una poltroncina accanto. "Peccato che non ne capisca nulla di musica." aggiunse, con una smorfia di disappunto, grattandosi la testa.

Han si concesse allora di guardarlo di nuovo. Ammirò le sue dita affusolate incastrate tra i ricci. Ammirò le ciglia lunghe, che incorniciavano perfettamente quegli smeraldi che aveva al posto degli occhi. Si soffermò ad ammirare anche le piccole fossette che decoravano il svolto, rendendolo quasi angelico. Ma no, non si soffermò ad ammirare le sue labbra, perché era già troppo rosso in viso e non voleva peggiorare la situazione. Minho rimase in silenzio, aspettando un qualche commento che non arrivò. Aveva un sorrisetto sfacciato in volto e la fronte corrugata in segno di curiosità.

"Ti hanno mangiato la lingua?" chiese, fissando il pianista insistentemente. Le guance di Han erano proprio in fiamme, ma cercò di non dare a vedere troppo il suo imbarazzo scuotendo la testa e rispondendo con "Sono di poche parole."

Scusa alquanto banale che fece assottigliare gli occhi di Minho e che lo fece scoppiare a ridere.

"Ah beh, io tutto il contrario." affermò compiaciuto. "Piacere, io sono Minho comunque." aggiunse, rialzandosi in piedi.

"Lo so." mormorò Han, tornando a fissare i tasti del pianoforte. Ma nuovamente, il soldato si avvicinò con passo felino al suo sgabello, facendo tendere il ragazzo come una corde di violino. Le sue dita toccarono i tasti del piano, ancora, dal primo all'ultimo, costringendo anche Han a spostarsi di lato per permettergli di completare la scala.

"Lo so che lo sai." mormorò Minho, con un sorriso beffardo in faccia. Han sussultò, sentendo la voce del ragazzo così calda e vicina, seducendo la sua mente. "Ma te l'ho detto perché speravo di sapere il tuo, di nome." sussurrò ancora più piano, avvicinandosi all'orecchio di Han.

Il pianista tremò appena, la vicinanza stava mandando in panne qualsiasi organo vitale che aveva. Forse sarebbe morto, ma per una volta dovette ringraziare Anastasija che irruppe nella stanza urlando di felicità.

"Minho! Andiamo ti porto nella tua camera!" Prese per un braccio la giovane guardia portandola via e non curandosi minimamente di ciò che stava succedendo davanti a quel pianoforte.

Ma Han se ne curò invece tutta la notte, perché il volto angelico di Minho gli impedì di fare qualsiasi altra cosa, compresa dormire.

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