14. Dall'altro lato della porta

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L'autobus sobbalzò, frenando, e poco dopo le porte si aprirono con un sbuffo. Maikus aprì gli occhi, sbadigliando. Aveva dormito per tutto il viaggio e gli sembrava di essere arrivato a Holess Peak nel giro di un paio di minuti. Scese dall'autobus e si guardò intorno. La stazione degli autobus era poco affollata: a parte un paio di studenti che si godevano l'estate perdendo tempo, non c'era anima viva. Maikus si avviò, lungo quella che gli sembrava la via principale di quel paesino di quattro anime. Lui era abituato alla grande città e ai suoi occhi Holess Peak era ancora più piccola di quanto fosse in realtà. 

Camminando, gettò un'occhiata sulle cassette delle lettere, impalate nei giardini delle tante villette che si susseguivano una dietro l'altra, tutte uguali tra loro. Del cognome Finner non c'era traccia su nessuna di esse. E non c'era traccia di anima viva, nessuno a cui potesse chiedere informazioni. Dopo una decina di minuti passati a gironzolare in lungo e in largo, svoltando a caso agli incroci, Maikus incontrò infine qualcuno. Un vecchio. Di solito con i vecchi non funzionava, ma ci avrebbe provato lo stesso.

«Buongiorno, signore» disse Maikus per attirare la sua attenzione, sfoderando il suo miglior sorriso. «Cerco la casa dei Finner, mi sa dire dove abitano?»

Il vecchio, con la schiena incurvata dagli anni, lo guardò di sbieco e proseguì per la sua strada, senza degnarlo di una risposta, borbottando fra sé, pieno di disprezzo: «Forestieri!» 

Maikus riprese quindi la sua ricerca e alla fine trovò qualcosa di utile. Una ragazzina, di tredici o quattordici anni, non di più, se ne stava seduta su un muretto, con la testa calata sullo smartphone. Con loro era bravo, funzionava sempre.

«Ehi, ciao!» sorrise di nuovo, come aveva fatto con il vecchio. 

La ragazzina alzò la testa e senza volerlo si limitò a dire «oh!» stupita dalla bellezza del ragazzo che aveva di fronte.

«Ciao, senti, forse puoi aiutarmi. Cerco la casa dei Finner, sai dirmi dov'è?»

La ragazzina alzò il braccio e indicò le case oltre l'angolo. «A-Abita lì» era rossa in volta.

«Grazie!» disse Maikus dandole le spalle e incamminandosi nella direzione indicata, mentre sentiva piantarsi sulla schiena gli occhi invidiosi della ragazzina, che non poteva credere che un ragazzo tanto bello stesse andando a casa di quella smorfiosa di Emma Finner.

Alla fine, Maikus trovò la casa che cercava e, un attimo dopo, il suo dito era incollato sul campanello di fianco alla porta. Una donna gli aprì la porta. Aveva una quarantina d'anni, l'aria sfatta e un grugno che non suggeriva buon umore. Era però incuriosita di vedere quel ragazzo lì sulla porta.

«Salve signora, potrei parlare con... Emma?»

La signora Finner lo squadrò da capo a piedi e infine, dopo un breve ma intenso silenzio, rispose: «Vado a chiamartela»

Maikus aspettò sull'uscio, studiando nel frattempo quel che riusciva a vedere dell'interno della casa. Poi sentì dei passi veloci scendere i gradini di una scala e dopo poco si ritrovò Emma di fronte agli occhi, arrivata lì di corsa e col fiatone. Maikus la osservò e sorrise. Questa volta non era uno dei suoi trucchi, ma un vero sorriso: guardò Emma in pigiama e pensò che era buffa; la guardò sorprendersi della sua presenza e pensò che era anche carina; e quando Emma si fece rossa in viso pensò che era molto carina!

«Ciao, Emma. Sono io: Maikus!»

Di tutta risposta, Emma gli chiuse la porta in faccia

Di tante reazioni, Maikus non si sarebbe aspettata quella. Trascorse un istante in silenzio, lì davanti alla porta, in cui alzò il pugno per bussare alla porta e lo riabbassò, indeciso sul da farsi. Alla fine, si limitò a parlarle, mezzo divertito e mezzo sorpreso: «Emma, ci sei? Ho letto la tua mail. Sono qui per parlarne. Se era uno scherzo e ora te ne vergogni dimmelo pure, non c'è alcun problema, me ne torno indietro. Ma se quello che mi hai scritto è vero, ti prego apri la porta.»

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